All’indomani del fulmineo match di boxe tra l’italiana Angela Carini e l’algerina Imane Khelif c’è ancora bisogno di specificarlo: Khelif è una donna e, per il Cio (Comitato olimpico internazionale), la sua partecipazione alle Olimpiadi di Parigi non è una questione su cui dibattere. Lo ha reiterato il presidente del Cio Thomas Bach in occasione del colloquio con Giorgia Meloni svoltosi ieri nell’hotel dove la premier alloggia a Parigi. «La pugile algerina è una donna e ha fatto competizioni per sei anni a livello internazionale» riferisce Bach all’Ansa a incontro concluso.

Il faccia a faccia si era reso necessario dopo la tempesta di fake news alimentata da diversi membri del governo italiano (e non solo) che hanno erroneamente definito la pugile algerina «un uomo». Durante l’incontro il Cio ha promesso più trasparenza sulle regole, che rimangono però inflessibili: «Siamo rimasti d’accordo di restare in contatto per ‘dare il benvenuto’ allo stesso background scientifico e rendere la situazione più comprensibile».

AL COLLOQUIO era presente anche il presidente del Coni Giovanni Malagò che ha raccomandato di «non sostituirci al mestiere degli altri»: dieci rappresentanti di una commissione scientifica, spiega, hanno recentemente testano i valori ormonali di Khelif. Malagò, che ribadisce comunque il suo supporto a Carini, aggiunge di provare «un po’ di imbarazzo istituzionale» di fronte a questa situazione.

Dal canto suo, la pugile algerina non ha propriamente commentato la vicenda: dopo i quarantasei secondi di match si è limitata a dire ai giornalisti che «è sempre soddisfacente vincere in una competizione così importante, ma rimango focalizzata sul mio obiettivo della medaglia».

Khelif, 25 anni, originaria di Tiaret, villaggio dell’Algeria occidentale, racconta a Unicef Algeria – di cui è ambasciatrice nazionale – il suo percorso in salita. A 16 anni era una promessa del calcio e veniva bullizzata dai ragazzi del suo villaggio che si sentivano minacciati da lei. La hanno abituata a schivare i loro pugni, tanto che ha deciso di darsi alla boxe. Gli ostacoli erano molti: i pregiudizi di suo padre che «non approvava la boxe per le ragazze» e il costo dell’autobus, essenziale per recarsi ad allenamento. Per pagare il biglietto, Khelif e sua mamma hanno venduto rottami metallici da riciclare e cous-cous. Altro che strada spianata da una presunta superiorità fisiologica, come insinuato dai commenti di diversi esponenti della destra mondiale.

LA RISPOSTA delle istituzioni algerine non si è fatta attendere: il Comitato olimpico dell’Algeria ha fermamente condannato gli «attacchi maliziosi e non etici alla nostra illustre atleta, Imane Khelif, da parte di alcuni media stranieri. Il trattamento riservato a Khelif è ingiusto». Anche il ministro dello sport Abderrahmane Hammad dà il suo pieno sostegno all’atleta, che definisce una «figlia, sorella e campionessa».