Il posto giusto di questa dinastia è in una serie di Netflix
L’unica questione seria sollevata da una titolata e molto ricca 96enne che muore nel suo palazzo è quanto a lungo possa durare ancora questa commedia.
La stampa europea mainstream che sta sprecando così tanta carta sulle vicende degli Windsor farebbe bene a ricordare che la defunta regina è stata (in privato) una devota sostenitrice della Brexit!
Le ultime decadi hanno rivelato lo stato di decadenza in cui versava la monarchia (e in un certo senso la stessa Gran Bretagna). Il modo brutale in cui è stata trattata Lady Diana è il soggetto di un film mediocre. La dissolutezza del Principe Andrew ha fatto allontanare un discreto numero di realisti. Tutta la vicenda è diventata la trama di una lunga serie Netflix. Quello, in effetti, è il posto che merita. Dovrebbe restare lì.
Che senso ha proseguire con tutto questo? Se i leader scozzesi chiedono un nuovo referendum per l’indipendenza e i nazionalisti gallesi rifiutano un nuovo Principe del Galles (titolo attribuito a ogni erede al trono da quando il Galles fu soggiogato), minacciando anche di irrompere nella cerimonia di investitura che si terrà a Caernarvon Castle?
Perché l’Inghilterra deve sopportare ancora il fardello di una perdurante monarchia? Non ha bisogno di farlo. Nel 1714, quando morì la regina Anna, una classe dirigente abietta ignorò deliberatamente il vicino ramo scozzese dell’aristocrazia aprendo la strada del trono ai reali di Hannover.
I primi due parlavano solo tedesco, il terzo (Giorgio III) perse sia le colonie americane che la sanità mentale. Il principe reggente, un altro ben noto libertino, fu oggetto di scherno e ostilità da parte dei sudditi, tanto che si arrivò vicini a una sommossa popolare contro gli Hannover. Fu la regina Vittoria a stabilizzare la monarchia. Fece lo stesso con l’Impero Britannico. Fu la dominazione imperiale che diede alla Corona il suo più prezioso gioiello, sia in senso letterale che figurato. L’india fornì infatti le risorse materiali per la creazione della working class nella mitologia borghese. Creò anche il Koh-i-noor, il diamante più grande al mondo, che è ancora oggi incastonato nella corona cerimoniale. E fu così che la popolarità dell’impero e della monarchia divennero interconnesse nella coscienza delle masse.
Oggi, l’impero è tramontato da tempo, ma la monarchia ricorda alle persone quei «tempi gloriosi» quando gli inglesi dominavano su larghe porzioni di mondo.
Tom Nairn, uno storico scozzese, sostiene che la vittoria dell’Inghilterra contro la Rivoluzione francese è stato un modo per consolidare la solidità della monarchia: «I progressi della rivoluzione industriale hanno consegnato al giogo britannico interi continenti, in un modo che nessun altro stato è mai riuscito ad emulare. La linfa vitale della ricchezza di terre lontane confluì nella testa dell’Impero, portando nuova magnificenza e nuovo significato alla sua mediocre dinastia».
La sua funzione principale oggi è di aiutare a preservare l’antica struttura dello stato inglese, ma c’è un bisogno di riforme strutturali a ogni livello.
Recentemente alcuni opinionisti hanno commentato che la regina appena morta era rimasta popolare perché legata alle memoria della seconda guerra mondiale. Ma gran parte della generazione che attraversò la guerra è deceduta. Non ho notato nessun segno di tristezza oggi tra le strade di Londra. Penso che la maggior parte dei giovani sia indifferente alla monarchia. La monarchia è sempre lì, come lo sterco di vacca in una fattoria, solo serve un po’ meno.
Thatcher e i suoi avevano promesso la modernizzazione, ma anche lei è rimasta bloccata. Si è fatta abbindolare dallo show. L’Inghilterra è in un grosso guaio. Il nuovo governo Truss non durerà a lungo. Una coalizione labour-lib-dem avrà bisogno del sostegno dell’Snp (partito nazionale scozzese) e quest’ultimo chiederà in cambio il referendum. Se la Scozia si separa, in un modo o nell’altro, sarà la fine della monarchia.
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