«Il Venezuela non sarà più dipendente dalla speculazione»
Venezuela Intervista all’agroecologo Miguel Angel Núñez sul pacchetto di riforme appena varato da Caracas: «Siamo sulla via giusta. La sfida è produrre, partecipare, promuovere. Siamo impegnati a superare le distorsioni dell’agribusiness, per riscattare la nostra economia contadina»
Venezuela Intervista all’agroecologo Miguel Angel Núñez sul pacchetto di riforme appena varato da Caracas: «Siamo sulla via giusta. La sfida è produrre, partecipare, promuovere. Siamo impegnati a superare le distorsioni dell’agribusiness, per riscattare la nostra economia contadina»
Se il programma di ripresa economica lanciato dal governo Maduro ha generato incertezze tra la popolazione, non mancano neppure le speranze che sia l’inizio di una pagina nuova. «Per la prima volta esiste un approccio integrale» alla crisi, ha dichiarato l’economista Jesús Faría, evidenziando – in risposta alle critiche di chi ha definito neoliberiste le nuove misure – la netta finalità sociale del programma governativo.
Tanto più che, come afferma un altro economista, Luis Enrique Gavazut, l’annunciato aggiustamento fiscale non si tradurrebbe in una riduzione degli investimenti sociali, bensì nell’incremento delle entrate governative, per esempio attraverso l’aumento dell’Iva di 4 punti sui beni di lusso e la tassa – considerata da alcuni fin troppo timida – sulle grandi transazioni finanziarie. Resta forte invece in diversi settori la preoccupazione rispetto al peso eccessivo dei monopoli e dei capitali privati nel programma economico del governo.
Di tutto questo abbiamo parlato con Miguel Angel Núñez, direttore dell’Istituto universitario latinoamericano di agroecologia Paulo Freire a Barinas, e autore di articoli e saggi sui modelli di sviluppo e sulla giustizia ecologica.
Come valuti le nuove misure economiche?
Si tratta di misure opportune e necessarie, indispensabili per avviare una transizione economica che si lasci alle spalle il modello mono-esportatore e la dipendenza dalle grandi imprese responsabili della produzione, dell’importazione e della distribuzione di beni essenziali. Tali misure, vincolando il bolívar sovrano al petro, a sua volta garantito dalle riserve petrolifere del Paese, mirano a rafforzare il potere d’acquisto della nuova valuta sulla base delle nostre ricchezze anziché di una dinamica speculativa.
Allo stesso tempo, si corregge la distorsione nei meccanismi di formazione del cambio che è stata la principale causa della nostra iperinflazione, mentre l’aumento del prezzo della benzina dovrebbe fermare il contrabbando di idrocarburi lungo le nostre frontiere, garantendo il superamento del deficit fiscale interno. Il nuovo schema monetario, tributario e fiscale può generare le condizioni per stimolare un’economia produttiva, diversificata ed eco-socialista. L’unica incognita è legata alla minaccia di un intervento militare, considerando che la Colombia, dopo aver tratto enorme vantaggio dall’illegale commercio di benzina, di alimenti e di denaro, potrebbe ora scatenare un conflitto bellico.
Esistono molti dubbi sulla politica dei prezzi concordati con gli imprenditori, già fallita in passato. Perché dovrebbe ora funzionare?
Essendo la nuova valuta ancorata al petro e questo al prezzo del barile di petrolio, non ci sono più margini di speculazione. Questo meccanismo dovrebbe proteggere il bolívar sovrano da attacchi speculativi e assicurare la stabilità dei salari, dei prezzi e dei costi di produzione. Si tratta di un nuovo metabolismo economico a cui devono adeguarsi tutti i settori produttivi imprenditoriali, a partire dal rispetto dei nuovi prezzi dei primi 25 prodotti del paniere pubblicati dalla Gazzetta Ufficiale.
Più che gli accordi con il settore privato, che in Venezuela non produce e non esporta, e più che eliminare le imposte sulle importazioni, non sarebbe necessario rafforzare la struttura produttiva del Paese?
È questa la sfida: produrre-partecipare-promuovere. Siamo impegnati a superare le distorsioni agroalimentari provocate dall’agribusiness, per riscattare la nostra genuina e sostenibile economia contadina. La quale, in questi tempi di crisi, contribuisce per oltre il 54% al paniere dei venezuelani. Abbiamo la fortuna di avere un Paese ricco di biodiversità, con 462 specie agroalimentari nel nostro territorio. E questo ci obbliga a rilanciare anche la nostra gastronomia. Dobbiamo superare la nostra dipendenza nel modo di mangiare e di vestire e altri analoghi guasti ideologici. E stiamo lavorando affinché la nuova Costituzione presenti spiccati tratti eco-socialisti, sulla base del concetto di sovranità ambientale.
Se il petrolio serve come garanzia per la nuova moneta, non si corre il rischio di ipotecare beni che, secondo la Costituzione, sono inalienabili e imprescrittibili?
Il petrolio costituisce solo la base iniziale del petro, in quanto, a medio termine, esso sarà sostenuto da altre commodities, come minerali, prodotti agricoli e altri beni e servizi esportabili. Non stiamo ipotecando nulla, si tratta solo di proteggerci progressivamente da questa perversa economia speculativa. Basti pensare che la nostra Banca Centrale amministrerà non solo le nostre riserve in oro, ma anche un blocco completo della fascia petrolifera dell’Orinoco (29.298 milioni di barili di petrolio certificati).
Che significato ha assunto la Marcia dei contadini per un altro modello d agricoltura?
Le richieste dei contadini rispondono all’esigenza di riscattare il vero significato dell’economia contadina con tutte le sue implicazioni sul sistema agroalimentare venezuelano. Ciò comporta una ridefinizione delle politiche agroecologiche nel rispetto dei limiti fisici naturali violati dal modello estrattivista. La marcia ha già prodotto il recupero di terre, l’apertura di processi contro i paramilitari e l’inizio del processo di preparazione di un Congresso contadino finalizzato a discutere le nuove politiche agricole in direzione della costruzione della nostra nuova economia eco-socialista.
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