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Il vaccino negato, un caso di salute svenduta

Il vaccino negato, un caso di salute svenduta – LaPresse

Sanità Il farmaco per la bronchiolite gratuito per alcune regioni, ma non per quelle in piano di rientro, è un intervento da stato centralista che discrimina non in base alle esigenze di salute ma alla situazione economico-finanziaria negando il principio di universalità. Dopo le polemiche il ministero ha innestato una spericolata pronta retromarcia

Pubblicato 6 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Siamo alle prove generali dell’autonomia differenziata e alla messa in scena di un’originale interpretazione del governo sul rapporto tra potere centrale e poteri regionali. Come molti genitori purtroppo sanno, esiste una patologia polmonare della prima infanzia costituita da una forma insidiosa di infiammazione dei bronchi più periferici, i bronchioli.

Per prevenire questa infezione che è provocata da un agente virale – il Virus respiratorio sinciziale (Vrs) – è disponibile un farmaco innovativo – il Nirsevimab – un anticorpo monoclonale specifico autorizzato in Italia dal gennaio 2023. Questo farmaco si è rivelato in grado di ridurre di oltre il 75% le ospedalizzazioni e di contenere la proporzione di casi gravi o molto gravi. C’è però un problema: è costoso e le modalità di una somministrazione profilattica, che non riguarda cioè il trattamento dei casi osservati ma tutti i neonati nella stagione di maggiore diffusione del virus, da ottobre ad aprile, comporta la potenziale utilizzazione ogni anno di circa 200mila dosi, con un prezzo al pubblico di € 1.150 per singola dose.

Con circa 80mila bambini che nel primo anno di vita si stima vengano visitati in ambulatorio per cause legate a questa infezione (solo circa 15mila di questi necessitano di ospedalizzazione, tremila dei quali in terapia intensiva e i decessi oscillerebbero ogni anno intorno ai 20 casi), l’Aifa nell’autorizzare il farmaco ha limitato ad alcuni specialisti la possibilità di prescriverlo e, soprattutto, ne ha negato la rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale in attesa di prove aggiuntive di efficacia e di costo/efficacia.

In questo scenario, con la stagione invernale incombente e una presumibile ondata di nuove infezioni, una prima nota del ministero della Salute avverte, in apparente contrasto con le valutazioni tecniche dell’Aifa, che il Nirsevimab potrà essere invece erogato a carico del Ssn, esclusivamente però dalle Regioni con i conti in regola escludendo dunque quelle in piano di rientro e cioè Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.

Una posizione paradossale nel metodo oltre che nel merito perché da un lato sconfessa l’autonomia regionale, appena sancita dalla nuova legge, con un intervento da stato centralista e dall’altro discrimina non in base alle esigenze di salute ma alla situazione economico-finanziaria delle regioni, penalizzando cittadini incolpevoli e negando il principio di universalità.

Una posizione insostenibile sul piano logico e su quello sanitario che ha indotto una pronta retromarcia innestata in modo spericolato dal Ministero, il quale sollecita a questo punto un organismo tecnico e teoricamente terzo come l’Aifa a rivedere il suo giudizio e ad ammettere che il farmaco sia integralmente a carico del Ssn.

Nell’attesa che la vicenda si concluda e che le decisioni finali vengano assunte e, magari, spiegate, non può non colpire l’occasionalità delle scelte e degli annunci in materie così delicate e l’assenza di una strategia e di un metodo. Le scelte avvengono adesso, incalzate dall’andamento stagionale dell’infezione da Vrs, ma nulla si dice sulla possibilità di vaccinare le madri contro il Vrs per consentire la protezione neonatale che deriva dagli anticorpi materni, non si parla dei rischi del Vrs nell’età avanzata e neppure di come comportarsi con quei bambini che superato l’anno di età si presentino a maggior rischio per le conseguenze di un’infezione tardiva.

Sembra che l’impatto del Vrs, grande o piccolo che sia, si limiti alla prescrivibilità di un farmaco e alla sostenibilità del suo costo, che non ci si trovi insomma di fronte un problema di salute, ma solo a un problema economico o, forse, al problema non insolito del rapporto con l’industria farmaceutica. In questo episodio, un centralismo senza progetto ha mostrato la sua faccia più arcigna e burocratica. Abbiamo visto all’opera uno stato debole e autoritario, non autorevole e in grado di interloquire sul piano tecnico e su quello politico con le regioni, dimostrando la necessità della sua funzione di indirizzo e di coordinamento e di saper definire obiettivi comuni che promuovano equità e universalismo. Insomma un confuso disastro, speriamo almeno in parte recuperabile.

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