È arrivato su una chiatta partita dal porto di Augusta in Sicilia, con la sua pancia squarciata, la stessa che ha provocato almeno settecento morti e dispersi, salvandone solo ventotto dal naufragio. Non poteva navigare quel peschereccio libico che si è trasformato in un inaudito cimitero nelle nostre acque e poi il suo scheletro è stato conservato per anni in un hangar refrigerato. È ormai un relitto drammatico e oggi diventa un gigantesco reperto della memoria che va a «spiaggiarsi» all’Arsenale, luogo di antica sapienza marinara, vicino alla gru del XIX secolo e alle mani che «fanno ponte» di Lorenzo...