Tra Nuova Delhi e Bruxelles è in atto un braccio di ferro, che potrebbe finire dinnanzi all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Oggetto del contendere il petrolio russo raffinato in India e poi esportato nell’Unione Europea.

In un’intervista al Financial Times il 15 maggio, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha sostenuto che «se diesel o benzina stanno entrando in Europa (…) provenienti dall’India e realizzati con petrolio russo, si tratta certamente di un’elusione delle sanzioni e gli Stati membri devono adottare misure (…) se loro vendono è perché qualcuno sta acquistando. Dobbiamo quindi guardare anche a chi sta comprando». Il giorno dopo quest’intervista, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea ha sollevato la questione in un colloquio con il ministro degli esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar.

Ma è stato in vista del vertice G7 a Hiroshima (Giappone), dove il primo ministro indiano Narendra Modi ha incontrato i leader degli altri sei Paesi più industrializzati del mondo, che è emersa la posizione del governo di Nuova Delhi.

LA RAFFINAZIONE è ritenuta a tutti gli effetti dall’India un processo industriale attraverso il quale, a partire dalla materia prima (il petrolio russo) si possono realizzare tante cose: diesel, benzina, nafta, cherosene, olio combustibile, bitume, addirittura materiale plastico. Nell’Unione Europa esporterebbero quindi un prodotto finito realizzato da loro.

A certificare il boom verso il Vecchio Continente è lo stesso ministero del Commercio indiano: export di prodotti petroliferi nell’Ue passato dai 287 milioni di euro dell’aprile 2021 a circa 1 miliardo di dollari dello stesso mese di quest’anno. Secondo un rapporto della società di analisi e consulenza francese Kpler, dopo l’invasione russa dell’Ucraina e le sanzioni internazionali, le importazioni indiane di greggio a buon mercato dalla Russia sono cresciute a 3,35 miliardi di dollari, superando quelle dall’Arabia Saudita (2,30 miliardi) e dall’Iraq (2,03 miliardi).

Le raffinerie di quella vasta nazione dell’Asia meridionale, che prima dell’escalation in Ucraina raramente acquistavano petrolio russo a causa degli elevati costi di trasporto, nel 2022/23 hanno importato 970.000-981.000 barili al giorno (bpd), rappresentando oltre un quinto degli acquisti complessivi dall’estero (pari a 4,5-4,6 milioni di bpd).

Ancora secondo i dati della Kpler, prima del conflitto ucraino l’Europa importava dalle raffinerie indiane 154.000 barili al giorno di gasolio e carburante per aerei, arrivati a 200.000 dopo che il 5 febbraio scorso l’Ue ha vietato il petrolio russo. Soltanto quelle di diesel sono aumentate del 12-16%, con l’Europa che sta rappresentando circa il 30% delle esportazioni totali di questo combustibile dall’India, rispetto al 21-24% dell’anno precedente.

CON FRANCIA, Turchia, Belgio e Paesi Bassi che, ancora secondo la Kpler, risultano i principali acquirenti. C’è poi come detto il carburante per aerei, combustibile per il quale l’Europa ha rappresentato circa il 50% delle esportazioni indiane: circa 70.000-75.000 barili al giorno (bpd) nel 2022/23, con un aumento di 40.000-42.000 bpd rispetto all’anno precedente.

Rosneft (Rosm.Mm), il più grande produttore di petrolio della Russia, ha del resto firmato un accordo col principale raffinatore indiano, l’Indian Oil Corp (Ioc.Ns), per aumentare e diversificare le consegne di oro nero. Nuova Delhi si è del resto rivelata un mercato importante per Mosca, che dopo le sanzioni occidentali ha offerto forti sconti sul prezzo del greggio.