Il sogno di Marielle Franco è l’incubo di Bolsonaro
Un altro Brasile Il caso dell’attivista assassinata un anno fa agita i sonni del presidente, mentre emergono i legami tra il suo clan e i paramilitari. Ma quei colpi sparati a Rio il 14 marzo 2018 hanno avuto una risonanza a livello mondiale
Un altro Brasile Il caso dell’attivista assassinata un anno fa agita i sonni del presidente, mentre emergono i legami tra il suo clan e i paramilitari. Ma quei colpi sparati a Rio il 14 marzo 2018 hanno avuto una risonanza a livello mondiale
Un anno fa apparve subito chiaro che l’assassinio di Marielle Franco e del suo assistente Anderson Gomes non era opera di generici «banditi». Le modalità dell’azione rafforzarono la convinzione che si aveva a che fare con un gruppo criminale che pensava di poter agire impunemente. Ma quei 13 colpi di armi da fuoco sparati a Rio de Janeiro hanno prodotto una risonanza a livello mondiale che ha costretto le autorità brasiliane a cercare delle risposte ai molti interrogativi.
Ed è la dimensione internazionale che il caso ha assunto ad agitare i sonni del presidente brasiliano Jair Bolsonaro e del suo «clan», soprattutto ora che le indagini stanno facendo emergere i rapporti tra Flavio Bolsonaro, senatore e figlio del presidente, con il mondo delle milizie paramilitari. Milizie direttamente coinvolte nell’assassinio di Marielle e che per Bolsonaro sono strutture che «offrono sicurezza e contribuiscono a mantenere l’ordine e la disciplina nella comunità».
MARIELLE aveva denunciato con forza il ruolo svolto da queste organizzazioni nel controllo del territorio, nel traffico di armi, le estorsioni, la speculazione immobiliare, l’acquisizione illegale di terreni.
Nessuno è in grado di prevedere quali conseguenze potrà avere questa vicenda sul piano istituzionale. Gli affari oscuri del senatore e l’ampiezza del coinvolgimento hanno spinto O Globo a scrivere che «appare evidente l’esistenza di un rapporto tra la morte di Marielle e la famiglia Bolsonaro».
In questi mesi Amnesty International e i movimenti sociali brasiliani hanno fatto pressioni affinché le indagini fossero condotte da inquirenti in grado di orientarsi nel mondo del crimine organizzato e degli abusi della polizia. Ora, di fronte ai nuovi sviluppi, si chiede l’istituzione di un comitato di esperti, avvocati e altri specialisti, totalmente indipendente dal potere statale, in grado di supervisionare le indagini e controllare che il processo si svolga regolarmente.
In questa vicenda in cui risplende la figura di Marielle Franco, tutto si mescola e si confonde, come in un romanzo di Jorge Amado, dove i vari personaggi mistificano e mascherano la realtà escogitando trucchi di ogni genere.
In Brasile si assiste a una costante violazione dei diritti umani e le laceranti diseguaglianze che si stanno accentuando nel paese sono alla base della violenza che pervade la società. L’avvento di Bolsonaro alla presidenza ha prodotto un aggravamento del quadro generale, perché le sue prese di posizione favoriscono ulteriori violenze e impunità. Si vuol mettere in discussione il concetto stesso di diritti umani. Si attacca chi li difende, con l’accusa di «voler proteggere i criminali». Uno slogan ripetuto dall’ex capitano in ogni occasione, quando ancora non era emerso il legame della sua famiglia con settori criminali. La cosa che sconvolge gli ambienti democratici brasiliani è che sia stato eletto un presidente che ha fatto della cancellazione dei diritti umani il suo cavallo di battaglia.
In questo scenario che vede un attacco sempre più marcato nei confronti delle minoranze sociali, etniche e sessuali, si registra la rinuncia al mandato parlamentare di Jean Wyllys, deputato 44enne del Partito docialismo e libertà (Psol), lo stesso di Marielle. Rieletto a Rio per la terza volta, viveva dal marzo 2018 sotto scorta della polizia per le ripetute minacce di morte ricevute. Era stata la Commissione interamericana dei diritti umani a sollecitare urgenti misure di protezione nei suoi confronti, di fronte all’inerzia delle autorità brasiliane.
LE RIVELAZIONI dei rapporti tra Flavio Bolsonaro e i miliziani hanno convinto il deputato che la sua vita era in grave pericolo e che lo stato brasiliano non era in grado di difenderlo. «Mi sconvolge sapere che il figlio del presidente aveva nel suo ufficio la moglie e la madre del sicario di Marielle, quel presidente che sempre mi ha insultato e diffamato», ha dichiarato al giornale Folha di San Paolo.
Difensore dei diritti umani, delle donne, degli omosessuali, della popolazione nera, del popolo dei lavoratori, Willys ha avuto nel Congresso ripetuti scontri con Bolsonaro. La difesa che aveva fatto di Dilma e Lula gli avevano attirato ulteriori insulti e minacce, diventando sulle reti sociali uno dei principali bersagli dei gruppi conservatori. «Si sono sommati nei miei confronti l’odio contro la sinistra e quello contro gli omosessuali», ha affermato.
In un incontro di qualche mese fa con Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, di fronte ai suoi timori per le minacce subite, si era sentito dire: «Ragazzo, abbi cura di te. I morti non sono eroi». Nello scegliere l’esilio, Wyllys ha scritto sulle reti sociali: «Preservare la vita minacciata è anche una strategia di lotta per giorni migliori».
ED È IN QUESTO CLIMA di intolleranza che era maturato a Salvador di Bahia l’assassinio del 63enne musicista, compositore e maestro di capoeira conosciuto come Moa do Katende. L’8 ottobre 2018, dopo una discussione politica, Moa è stato ucciso da un fanatico sostenitore di Bolsonaro con 12 coltellate. In questi mesi Moa è stato ricordato nel corso di numerose manifestazioni musicali. Caetano Veloso, che aveva collaborato con lui negli anni ’70, ha dichiarato che «Moa vive nella storia vera del Brasile come un punto di riferimento per la cultura afrobrasiliana». Altri artisti hanno ricordato il suo impegno come organizzatore culturale, morto lottando contro ciò che più aveva combattuto: l’intolleranza.
Di fronte a questo quadro preoccupante, Università e Istituzioni brasiliane si stanno attivando per tenere sotto osservazione i diritti umani e individuare percorsi che possano difenderli ed estenderli. L’Università federale di Bahia ha creato un movimento di studenti e insegnanti che si prefigge di individuare strategie e pratiche in grado di difendere donne, neri, comunità Lgbt, indigeni. A San Paolo un gruppo di giuristi, intellettuali e giornalisti ha creato la Commissione Arns (in onore del cardinale brasiliano Paulo Evaristo Arns, simbolo della lotta per la democrazia e i diritti umani), con lo scopo di seguire i casi di violazione dei diritti nei confronti di quella parte della popolazione più soggetta a discriminazioni per condizione economica, sociale, etnica, religiosa, orientamento sessuale.
Nel ricordo di Marielle si organizza la resistenza.
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