Internazionale

Il Senato Usa contro il Venezuela

Il Senato Usa contro il VenezuelaCaracas, manifestazione contro le sanzioni Usa

Caracas Voto unanime per chiedere un cambio di governo e l'intervento Osa

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 2 marzo 2017

Si stringe il cappio intorno al Venezuela. Nei desiderata delle destre, che sganciano bordate dagli Usa all’Europa, la prospettiva è quella di imporre un blocco economico assai simile a quello in vigore contro Cuba. La testa d’ariete è il Segretario generale dell’Osa, e la prima tagliola quella della cosiddetta Carta democratica interamericana, che definisce il quadro delle sanzioni.

MARTEDÌ, con una risoluzione di tre pagine, approvata all’unanimità, il Senato Usa ha aperto la strada. Ha intimato al governo Maduro di «liberare immediatamente» quelli che definisce «prigionieri politici». Ha chiesto a Trump di «orientare le agenzie federali affinché ritengano responsabili i funzionari venezuelani di violazioni alle leggi statunitensi e di abusi ai diritti umani riconosciuti a livello internazionale». E ha espresso pieno appoggio alla decisione di Almagro di applicare la Carta interamericana, sostenendone «tutti gli sforzi per risolvere la crisi politica, economica, sociale e umanitaria» che – in base alla litania dell’opposizione – sarebbe in corso nel paese bolivariano.

PER RACCOGLIERE consensi a tutto campo, viene evocato un «dialogo» che nessuno vuole: men che meno Almagro, che considera l’attitudine del papa un intralcio alle sanzioni. In verità, quel che cova – e che emerge nelle varie risoluzioni parlamentari, votate in Italia e in Europa – è il «modello libico», o quello del «golpe suave». Ma bisogna accelerare. Il prezzo delbarile sta risalendo, grazie a un’efficace azione diplomatica compiuta da Maduro con i paesi Opec e non Opec. Le destre venezuelane sono in crisi conclamata, la guerra economica e la propaganda mediatica non hanno provocato saccheggi, né fratture golpiste nelle Forze armate bolivariane.

MA NON SI PUÒ mai dire. Trump, da quel gran democratico che è, ha detto che in Venezuela non si rispettano i diritti umani e che ci vogliono nuove elezioni. Ha incontrato il banchiere che governa il Perù, Pedro Pablo Cuczynski (dove gli oppositori vengono lasciati morire nelle carceri militari e non hanno facebook e cellulare come Leopoldo Lopez) e l’imprenditore Mauricio Macri, che sta strozzando i settori popolari argentini: per dire che il «socialismo del XXI secolo» è ormai un’anomalia. E stanno arrivando fiumi di denaro alle «ong che difendono la democrazia in Venezuela». Un gruppo di queste – note succursali di Washington – ha sollecitato a Almagro l’applicazione della Carta democratica e lui ha risposto dicendo: «In Venezuela ci vogliono elezioni subito per passare da un regime autoritario a uno democratico».

LA CARTA interamericana – che implica la sospensione del paese dall’Osa – applica sanzioni e imposizioni politiche a un paese in cui esista una «rottura dell’ordine costituzionale o del legittimo esercizio del potere da parte di un governo democraticamente eletto».

LO SCORSO 13 febbraio, il ministero del Tesoro Usa ha risposto all’appello bipartisan di parlamentari democratici e repubblicani e ha imposto sanzioni economiche contro il vicepresidente venezuelano Tareck El Aissami, accusandolo di traffico di droga. Il passo successivo sarebbe quello di considerare «terrorista» il governo Maduro, in base a una presunta inchiesta giornalistica su passaporti falsi concessi a estremisti islamici: in realtà per il sostegno alla Palestina e alla Siria, portato avanti dal Venezuela all’Onu e tramite la presidenza pro-tempore dei Paesi non allineati.

A GINEVRA, la ministra degli Esteri venezuelana Delcy Rodriguez ha denunciato al Consiglio per i diritti umani dell’Onu gli attacchi di Almagro «e il processo di aggressione continua della destra internazionale». Un attacco «imperiale contro una visione dei diritti umani inclusiva, universale» in un paese che, nonostante le molteplici aggressioni economiche «mostra cifre che pochi paesi sviluppati possono vantare». Pochi giorni fa, Maduro «ha consegnato la casa popolare n. 1.500.000. Il governo bolivariano investe il 74% degli introiti nelle misure sociali e, in base all’indice di Gini, che misura le disuguaglianze sociali nella distribuzione delle ricchezze, il Venezuela ha quello più basso della regione: 0,38%»

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