«Il segreto di Stato per impedire a Latorre di dire cos’è accaduto»
India Parla l’avvocato dei due marò Fabio Anselmo: «Se ci sono le prove, verranno dichiarati colpevoli; se fossero sparite, dovremo capire perché. La formazione della verità si fa con le indagini e un processo. La sentenza della Corte suprema indiana è lontana da questa realtà»
India Parla l’avvocato dei due marò Fabio Anselmo: «Se ci sono le prove, verranno dichiarati colpevoli; se fossero sparite, dovremo capire perché. La formazione della verità si fa con le indagini e un processo. La sentenza della Corte suprema indiana è lontana da questa realtà»
Nella giornata di ieri la Corte suprema indiana ha stralciato tutte le accuse rivolte ai due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il governo italiano, secondo gli accordi stipulati tra Italia e India presso il Tribunale Arbitrale dell’Aja, ha pagato al proprietario del peschereccio e alle famiglie di Ajesh Binki e Valentine Jelastine – i due pescatori rimasti uccisi al largo delle coste del Kerala il 15 febbraio 2012 – un indennizzo pari a 1,1 milioni di euro.
Abbiamo raggiunto telefonicamente l’avvocato Fabio Anselmo, che rappresenterà il fuciliere Massimiliano Latorre al processo che si istruirà – secondo Anselmo, «a breve» – qui in Italia.
Avvocato Anselmo, come giudica la sentenza della Corte suprema indiana e il versamento di 1,1 milioni di euro da parte del governo italiano?
La sentenza della Corte suprema indiana non ci sorprende. Però quello che diventa davvero surreale è che, di fatto, si fa una comunicazione il cui oggetto è un’affermazione di responsabilità a carico di persone che non hanno avuto nessun ruolo in quei procedimenti. Sono rimasti completamente estranei. Non se ne fa una responsabilità alla stampa, però di fatto a livello mediatico il messaggio è comunque che i due marò sono colpevoli e l’Italia ha pagato per questo. Quando, viceversa, si impedisce ai due marò, soprattutto a Massimiliano Latorre, di poter dire invece la sua su ciò che realmente è accaduto.
Perché il fuciliere Latorre non ha potuto dire la sua finora?
Perché vi sarebbe questo segreto di Stato la cui violazione esporrebbe il militare alle reazioni dell’istituzione. Non dimentichiamo che Massimiliano Latorre ha avuto anche grossi problemi di salute e quindi questa forca caudina della perdita del posto di lavoro rende particolarmente vulnerabile e legittimo il senso di frustrazione che Paola (Mossetti Latorre, moglie di Massimiliano Latorre, ndr) ha voluto esprimere con tutta la sua amarezza, parlando di «carne da macello». Noi attendiamo con ansia il giorno in cui verremo chiamati dal procuratore della Repubblica, perché così Massimiliano potrà dire la sua. È un po’ surreale quello che sta succedendo. Cioè, si paga qualcosa che non ci riguarda.
Quando dice «non ci riguarda» intende che non riguarda Latorre e Girone o non ci riguarda come Paese?
Non ci riguarda nel senso di Latorre e Girone. Nello specifico ci entreremo più avanti, adesso ancora non ci possiamo entrare.
Bisogna ricordare che sulla petroliera Enrica Lexie non c’erano solo Latorre e Girone: la squadra dei fucilieri di Marina era composta da sei uomini. E secondo le perizie balistiche svolte dagli inquirenti in Kerala, alla presenza di due carabinieri del Ros in qualità di osservatori, i fucili che hanno sparato non erano di Latorre e di Girone, ma di altri due fucilieri: Renato Voglino e Massimiliano Andronico.
Io questi dettagli preferisco non commentarli. Posso dire che deve partire un processo. Se ci sono le prove, verranno dichiarati colpevoli; se non ci sono le prove, verranno dichiarati innocenti; se le prove dovessero essere sparite, allora bisogna capire perché.
Le reazioni della politica e del governo, a partire dal ministro degli esteri Luigi Di Maio, sembrano voler considerare chiusa la questione.
Si parla di successo diplomatico. Io, per carità, rispetto la valutazione politica, però non ho capito che cosa abbiamo pagato. Se i due marò fossero innocenti, che cosa è stato pagato? Un riscatto? Il problema è che la formazione della verità si fa attraverso le indagini e un processo, disciplinato da regole che devono essere uguali per tutti. Questo è il concetto. Ora, la sentenza della Corte suprema indiana è molto lontana da questa realtà. Così come lo è l’arbitrato dell’Aia. È un arbitrato, non è un accertamento di verità. Mi capisce? Sono tutti eventi rispetto ai quali noi siamo stati estranei, totalmente, estranei.
Però questa era la strategia del governo italiano. Negli anni è stato chiaro che la strategia fosse quella di non arrivare a processo.
Noi rispettiamo la strategia del governo italiano, per carità, però oggi non si dica che è stato un successo e che la questione è chiusa. Perché ci sono in ballo ancora le vite di queste due persone e delle loro famiglie, la loro dignità professionale, il loro onore. Insomma non è una questione chiusa. È una questione chiusa se si manca di rispetto ai due marò. E se si manca di rispetto anche alla verità giudiziaria.
Quindi ci sarà un processo qui in Italia.
Quello che posso dire è che c’è un fascicolo aperto da tempo, presso la procura di Roma, per omicidio. Stiamo parlando di un processo penale, però, non militare. Quindi ci saranno indagini, al termine delle indagini i pm stabiliranno se ci sono sufficienti elementi e prove per portare a giudizio gli indagati o se viceversa non ci sono queste prove e quindi se archiviarli.
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