Promesso in campagna elettorale da Olaf Scholz, fissato nero su bianco nel patto di coalizione tra Spd, Verdi e liberali, e infine approvato venerdì al Bundestag tra gli applausi pure dell’opposizione.

Il salario minimo a 12 euro all’ora è «una conquista sociale storica» che migliorerà le condizioni economiche di almeno 6 milioni di lavoratori, come dicono i sindacati. Ma corrisponde anche alla parola mantenuta della politica, che in Germania nonostante la guerra rimane concentrata sui due cardini su cui si regge la socialdemocrazia: «Lavoro» e «coesione sociale» ripetuti come un mantra da tutti i partiti, al di là del gioco politico tra maggioranza e opposizione e delle divisioni nella sinistra.

Sul punto, per la precisione, la differenza programmatica fra Spd e Linke passava esattamente per un euro. Con i socialdemocratici decisi a elevare il Mindestlohn a 12 euro l’ora mentre la Linke ne proponeva 13. Numeri studiati, negoziati e infine limati dai leader politici senza i suggerimenti di Confindustria o le suggestioni dei think-tank liberisti zittiti in automatico dalla presenza del segretario di Fdp nel governo Scholz.

E il nuovo salario minimo è solo la base di partenza, come precisa il ministro del lavoro Hubertus Heil preannunciando il via alla «legge tariffaria» anch’essa prevista nel patto di coalizione firmato lo scorso dicembre.

L’obiettivo è «fare in modo che sempre più salari siano concordati a livello collettivo. In futuro il governo assegnerà i contratti pubblici solo alle aziende che pagano i lavoratori con le cifre previste negli accordi collettivi» riassume il ministro Spd, pronto a ricordare agli imprenditori che a scanso di equivoci «dodici euro rappresenta il limite inferiore del Mindestlohn, non superiore».

Misura vigente in Germania fin dal 2015, fino a ieri corrispondente a 9,82 euro all’ora dopo il ritocco verso l’alto scattato lo scorso 1 gennaio. Ma nel Paese da anni esistono salari minimi nazionali nei principali settori dell’occupazione.

Nel campo dell’Istruzione e Formazione la paga varia fra 17,18 e 17,70 euro all’ora a seconda della qualifica, mentre chi lavora nei cantieri edili non può ricevere meno di 12,85 euro oppure 15,70 se operaio specializzato.

Ai riparatori di tetti, per esempio, si devono per legge fra 13,30 e 14,80 euro orari; per gli elettricisti la forbice varia tra 12,90 e 13,95; e il settore della pesca si è regolato a quota 12,30, esattamente come quello delle pulizie, anche se chi si arrampica sulle facciate degli edifici ne deve ricevere dal datore di lavoro almeno 15,20.

Gli apprendisti-pittori in qualunque impresa devono essere pagati almeno 11,40 euro (13,80 dopo il tirocinio), gli infermieri dai 15 ai 18,25 euro orari appena conquistati che entreranno in vigore nel 2023. Fino agli imprescindibili schornsteinfeger, gli spazzacamini cui lo Stato ha affidato il controllo-caldaie, che guadagnano 13,80 euro l’ora.

Elenco categorico e dettagliato in puro stile Deutsch, ma anche lista che ogni ministro del Lavoro europeo dovrebbe tenere ben in vista sulla scrivania.

In Germania i numeri restano l’essenza della politica, non solo in Parlamento, non solo durante le elezioni. Oggi la cifra del Paese oscilla tra l’inflazione galoppante verso l’8% e l’indice dell’occupazione che ha appena segnato il record dalla Riunificazione: secondo l’Istituto di ricerca sul Lavoro di Norimberga in Germania l’offerta di posti di lavoro è di ben 1,74 milioni.

Naturalmente, come sempre, otto su dieci si trovano nei Land dell’Ovest, mentre l’Est deve fare i conti con la chiusura delle miniere e lo smantellamento di infrastrutture spacciate per future, come il Nordstream-2.