Il riscaldamento gobale rischia di far sparire le api dal pianeta
Dopo i pesticidi, il clima che cambia è il secondo fattore di minaccia per api e impollinatori. Un primo segnale arriva dalla produzione di miele: secondo i dati forniti da […]
Dopo i pesticidi, il clima che cambia è il secondo fattore di minaccia per api e impollinatori. Un primo segnale arriva dalla produzione di miele: secondo i dati forniti da […]
Dopo i pesticidi, il clima che cambia è il secondo fattore di minaccia per api e impollinatori.
Un primo segnale arriva dalla produzione di miele: secondo i dati forniti da dagli apicoltori italiani dell’Unaapi, la produzione di miele, a causa della siccità del 2017, è calata del 80%. Se l’acqua è scarsa, infatti, i fiori non secernono più nettare e polline e le api, in sofferenza per il clima anomalo, non producono più miele e rischiano di non riuscire a fornire il loro determinante servizio di impollinazione alle colture agricole.
Più in profondità è andato uno studio del Centro Ricerche di Bioclimatologia dell’Università di Milano, che analizzando le osservazioni meteorologiche dal 1880 e le osservazioni satellitari dal 1978, ha confermato l’impatto negativo dei cambiamenti climatici sulle popolazioni di api domestiche e selvatiche: l’aumento delle temperature del pianeta incide negativamente sulla loro salute.
Secondo i ricercatori la minore durata della stagione invernale, con temperature medie sempre più alte e con picchi decisamente anomali, ha innescato un probabile allungarsi della finestra di attività delle api, ipotizzabile in 20-30 giorni di lavoro in più l’anno: quindi l’inverno più corto e più caldo determinerebbe uno stress aggiuntivo per le api (troppo lavoro non stressa solo gli umani). Lo stesso sincronismo tra la fase della fioritura e la ripresa delle attività di volo delle api dopo l’inverno potrebbe aver subito importanti sfasature.
Una seconda conclusione dell’indagine riguarda l’evidenza che il ciclo vitale delle api, durante il periodo invernale, tende a bloccare le covate. I ricercatori dell’università di Milano stimano che la produzione di miele potrebbe esaurirsi nel giro di 100 anni.
In realtà potremmo ben vivere anche senza miele, ma in assenza delle api il mondo cambierebbe drasticamente e sarebbe per noi invivibile nel volgere di pochi anni. Infatti, le api cosiddette domestiche (Apis mellifica) e quella ricca serie di specie di apoidei selvatici (Osmie, Bombi, ecc.) sono un anello fondamentale nella riproduzione delle specie vegetali coltivate e spontanee, tanto che il loro ruolo nell’impollinazione è tale da stimare che oltre l’80% delle piante a fiore dipenda nella loro riproduzione dalla presenza di questi insetti.
L’allarme è tale che sono allo studio meccanismi di impollinazione artificiale. Sono già a disposizione diverse opzioni, ad altissimo livello tecnologico e basso impatto: da mini droni rivestiti di un gel ionico che attira e rilascia il polline senza danneggiare il fiore, alla creazione di veri e propri insetti robot.
Certo, viene da pensare che sarebbe molto più semplice e vantaggioso per tutti difendere gli impollinatori e ridurne il rischio di estinzione piuttosto che cercarne dei sostituti tecnologicamente avanzati. Anche perché le sostanze che uccidono le api non è che siano un toccasana per il genere umano.
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