Il rinvio del Piano sul clima è un’opportunità per cambiarlo
La scelta del governo di non inviare a Bruxelles la versione aggiornata del Piano Integrato Energia e Clima, facendo slittare la consegna alla fine di luglio non è un buon […]
La scelta del governo di non inviare a Bruxelles la versione aggiornata del Piano Integrato Energia e Clima, facendo slittare la consegna alla fine di luglio non è un buon […]
La scelta del governo di non inviare a Bruxelles la versione aggiornata del Piano Integrato Energia e Clima, facendo slittare la consegna alla fine di luglio non è un buon segnale per il nostro Paese, anche se ciò potrebbe rappresentare un’opportunità per cambiare quanto riportato in quella bozza. Nell’articolo «L’antistorica caparbietà di un governo a tutto gas» su ET del 6 luglio scorso criticavamo la bozza del PNIEC, apparso fin troppo timido negli obiettivi e sfasato con quanto richiesto dall’Europa su alcuni temi fondamentali per il processo di decarbonizzazione, che vede al 2030 un importante step programmatico. Le preoccupazioni non sono solo relative alla struttura del PNIEC, ma a una strategia energetica del Paese che di fatto frenerebbe la decarbonizzazione. Innanzitutto gli obiettivi per la riduzione delle emissioni, per la quota delle rinnovabili, per l’efficienza energetica sono tutti inferiori a quanto indicato dai due documenti europei FitFor55 e RepowerEU, fatto grave perché esporrebbe l’Italia a forti critiche. I punti essenziali che dovrebbero essere rivisti riguardano quindi gli obiettivi presentati al ribasso al 2030 per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica (la diminuzione delle emissioni dei settori non obbligati fissata al 37%, invece che al valore vincolato del 43%, con giustificazioni generiche che fanno appello a misure ancora da definire, è un errore), l’elettrificazione dei consumi prevista con una quota troppo bassa e contraddittoria, un uso – leggasi: finanziamenti – ancora molto significativo del gas fossile.
La crescente elettrificazione del sistema energetico è una scelta obbligata in presenza di crescita delle fonti rinnovabili per garantire livelli di efficienza che consentano di rispettare la traiettoria di decarbonizzazione programmata dalla Ue. La principale sfida che abbiamo davanti, anche occasione di sviluppo industriale, è l’adeguamento delle reti elettriche attraverso una vera e propria rivoluzione. Inoltre la modifica delle abitudini in termini di usi finali deve essere coerente con il resto, nonostante la contrarietà che il Paese ha nei mesi scorsi annunciato sulle politiche europee per l’efficienza energetica e la classificazione energetica degli edifici e il passaggio alla mobilità elettrica. Questo Piano dovrebbe poi giustificare il quantitativo di gas di cui abbiamo bisogno per una transizione reale. Invece il rischio è quello di avere investimenti sul gas che penalizzano le rinnovabili, con il rilancio del capacity market, la ripresa delle esplorazioni, la realizzazione dell’hub del gas. Ci auguriamo un cambio di rotta. A partire da una narrazione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che predica scelte non ideologiche ma realistiche e non velleitarie. Ma cosa c’è di più ideologico di una presa di posizione antistorica che ha la funzione, lontana da ogni riscontro scientifico, di proteggere interessi particolari dietro l’apparente volontà di perseguire l’interesse generale?
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