Il rimpasto di Johnson per placare lo scandalo
Regno unito Rees-Mogg al ministero delle Brexit Opportunities, leader dei Comuni il fedelissimo di BoJo Chris Heaton-Harris
Regno unito Rees-Mogg al ministero delle Brexit Opportunities, leader dei Comuni il fedelissimo di BoJo Chris Heaton-Harris
Il diabolico perseverare di Boris Johnson ha prodotto ieri un temuto mini-rimpasto di governo. Abbondantemente promesso nei giorni scorsi pur di allentare la pressione – nel partito e fuori – di quelli che vogliono se ne vada per lo “scandalo” delle feste a raffica per gli happy few del suo staff in pieno lockdown, il rimpasto si conferma un rimedio peggiore del male.
Su tutto troneggia l’esiziale ingresso di Jacob Rees-Mogg – uno che passerebbe per retrogrado in Dowton Abbey – nel governo in un ministero chiamato senz’alcun ombra di ironia delle Brexit Opportunities. Lascia il ruolo di leader dei Comuni in quella che sulla carta è una retrocessione, sebbene il suo ingresso nel governo sia già abbastanza nefasto. Ma il suo trasferimento non è l’elargizione di un premio fedeltà per e dallo sciagurato premier, appeso ormai quasi comodamente a un filo da settimane in mezzo allo sdegno di circostanza dei suoi: doveva fare posto all’ex capogruppo Mark Spencer, rimosso dall’incarico per non aver saputo contenere lo stillicidio di lettere di sfiducia nei confronti di Johnson che potrebbero (ce ne vogliono 45, lo ricordiamo) innescare una nuova corsa alla leadership.
Al posto del molle Spencer subentra un altro brexittiere simil-Ukip, Chris Heaton-Harris, che si era prodigato a torso nudo per difendere “Boris”. In questa transumanza ottocentesca di maschi, a rattoppare le credenziali paritarie del governo ecco puntuale una neo-ministra, Wendy Morton, ai Trasporti.
L’aveva detto Johnson, seppure con un battuta che sta facendo rivoltare Churchill nella tomba: ci vuole una Panzer Division per tirarmi fuori da Downing Street. Aveva, anche e soprattutto, promesso che avrebbe dato una strigliata al suo staff. Ma queste misure servono innanzitutto a premiare la Wehrmacht, incrementando irresponsabilmente il peso di esagitate mezze figure nel governo. Questo a giorni dall’aver nominato capo di gabinetto il fido Steven Barclay (già ministro senza portafoglio, la doppia nomina è costituzionalmente dubbia) e Guto Harri all’ufficio stampa di Downing Street (aveva svolto la stessa funzione quando Johnson era sindaco di Londra).
IL TUTTO mentre imperversa la polemica per una battuta ai danni di Keir Starmer che forse perfino Trump avrebbe trovato odiosa: Johnson lo ha accusato di non aver fatto quanto in suo potere quando dirigeva il Crown Prosecution Service per incriminare il repellente Jimmy Savile, per mezzo secolo l’ex-cocco televisivo di grandi e piccini rivelatosi poi un agghiacciante violentatore seriale. Provocando indirettamente un attacco di fascistoidi ai danni del malcapitato leader laburista davanti a Westminster e senza intaccare i dieci punti di vantaggio con cui il Labour sta staccando i Tories.
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