La scenografia total red (con solo una punta di verde), il dear comrades, cari compagni, all’inizio di ogni discorso, l’insistenza quasi ossessiva sulla necessità di «un lavoro sicuro e ben pagato», il giuramento ripetuto «mai più austerità».

IL CONGRESSO DEL PARTITO socialista europeo, ieri alla Nuvola dell’Eur, archivia (definitivamente?) tutta la paccottiglia «riformista», la flessibilità del lavoro e la terza via. Terrorizzati dall’estrema destra che pesca voti tra operai, disoccupati e contadini, i socialisti riscoprono parole antiche e affidano all’attuale commissario al Lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmit, il ruolo di candidato alla guida della commissione Ue.

Un candidato di bandiera, visto che i giochi per palazzo Berlaymont si apriranno dopo il voto di giugno, ma pur sempre un’indicazione di rotta. Lui, padre della direttiva sul salario minimo, ricorda il padre metalmeccanico, «lotteremo per un lavoro di qualità, vogliamo dare vita a una nuova Europa che protegge e include i più deboli, è la lotta alle diseguaglianze che definisce l’identità socialista». E si rivolge a Schlein, di rosso vestita in prima fila: «Cara Elly, il vento sta cambiando». Lei gli fa il cuoricino con le mani.

SULLA STESSA LINEA il premier spagnolo Pedro Sanchez: «Non molto tempo fa, le persone dicevano che la socialdemocrazia non aveva futuro. Poi con pandemia, guerra e crisi economica ancora una volta sono state le idee socialdemocratiche che ci hanno salvato». Il suo riferimento è al programma Sure «che ha salvato 30 milioni di posti di lavoro» durante il Covid, e poi al Next Generation Eu, per i socialisti la bandiera di come l’Ue dovrebbe muoversi sempre, non solo durante il lockdown.

Anche il moderato Paolo Gentiloni chiede «salari più alti», debito comune «per finanziare i beni comuni» europei e aggiunge: «É importante ribilanciare l’onere delle imposte tra capitale e lavoro. L’Europa ha bisogno di ridurre le diseguaglianze»

IL CLIMA È QUESTO: TONY BLAIR dimenticato, Schmit viene dipinto dai compagni come un Che Guevara del Lussemburgo. In questa gara a chi dice cose più “di sinistra”, compresa la necessità di investimenti pubblici per alloggi a prezzi calmierati che viene citata da Sanchez e quella di costruire regole diverse e canali legali di ingresso per gli immigrati, Schlein appare perfettamente a suo agio: le sue posizioni, che in Italia spesso vengono descritte da editorialisti e partitini di centro come estremiste, appaiono per quello che sono: normali tesi della socialdemocrazia europea, per nulla radicali. O meglio: in linea con questa nouvelle vague che vuole coniugare giustizia sociale e climatica e diritti civili.

 CONVENUTI SI PRODIGANO in complimenti per la «grande vittoria di Elly in Sardegna», dimentichi che ha vinto una candidata del M5S: «Hai dimostrato che la destra estrema non è imbattibile». E lei, che ha l’onore dell’ultimo intervento: «Non siamo soli nella lotta, ci battiamo per le stesse idee, siamo una era famiglia, change is possible e lo dimostreremo anche il 9 giugno». Il messaggio a von der Leyen è chiaro: «Il risultato delle europee non è ancora scritto». Tradotto: il sostegno dei socialisti al bis di Ursula «non va dato per scontato». «I popolari non tradiscano la loro storia con accordi con la destra estrema che non deve essere normalizzata». Altrimenti, ricorda Schlein, «finisce come in Italia dove le forze popolari sono schiacciate da Meloni».

Se Ursula vira a destra, rimarca il presidente del Pse, lo svedese Stefan Lofven, «non ci sarà mai la nostra collaborazione». Una linea un po’ oltranzista, visto che nessuno prevede la rottura delle larghe intese Pe-socialisti alla guida dell’Ue. Ma siamo già in campagna elettorale. «Dobbiamo completare il progetto nato a Ventotene e ora incagliato negli egoismi nazionali», insiste Schlein, «l’Europa che vogliamo si muove e per difendere i più deboli, per sconfiggere la paura del futuro». Vale anche per gli agricoltori che «non si aiutano negando il cambiamento climatico». Semmai, ricorda l’olandese Franz Timmermans (candidato socialista nel 2019 e commissario uscente per il clima) modificando il meccanismo che «assegna l’80% dei fondi agricoli al 20% delle aziende più forti».

SCHLEIN RICORDA CHE MARIO Draghi ha previsto 500 miliardi l’anno di investimenti comuni per poter accompagnare le transizioni ecologica e digitale. Servono soldi e «un piano industriale europeo». Oltre a una stretta sul dumping fiscale. «Le grandi aziende, i grandi inquinatori e i super ricchi devono pagare la loro giusta quota», recita il manifesto del Pse approvato per acclamazione. I big del Pse non lesinano una mano a Elly sul piano interno. Lofven di scaglia contro Meloni che «non ha condannato l’adunata fascista» di Acca Larentia, Schmit esce dal ruolo di commissario e grida: «Io sto con Mattarella, usare i manganelli contro i ragazzi che manifestano è un fallimento». Ovazione.