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Il premier europeista a Conte non basta: «Serve un chiarimento sugli obiettivi

Il premier europeista a Conte non basta: «Serve un chiarimento sugli obiettiviGiuseppe Conte ed Enrico Letta – LaPressa

Effetto Ucraina Le reazioni alla missione di Draghi a Washington. Intanto, il terzo decreto sulle armi in arrivo. Poi, il 19 maggio, l’informativa in aula del presidente

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 12 maggio 2022

Mario Draghi ha mostrato la sua versione «atlantista adulto», in missione per conto dell’Europa a Washington e alla ricerca di margini di manovra e maggiore autonomia dalle indicazioni degli Stati uniti. Tuttavia, questo non basta ai 5 Stelle e non placa i toni di Giuseppe Conte. Dopo aver ascoltato la conferenza stampa del presidente del consiglio, il leader del Movimento 5 Stelle si presenta alle telecamere di Porta a Porta e rilancia sulla necessità del dibattito parlamentare.

«Questo conflitto bellico ci sfida, ci sono varie questioni che vanno chiarite e risolte. Sicuramente un confronto parlamentare può aiutarci a farlo», dice Conte. Secondo il quale il confronto in aula «in questo momento è più necessario che mai». A cominciare da alcuni punti cardine. Innanzitutto, la questione delle armi da inviare in Ucraina, il rischio escalation militare e gli interessi in campo di Usa e Gran Bretagna. Per evitare rischi e chiarire la linea, è il ragionamento di Conte, bisogna definire la strategia che si vuole proseguire in funzione degli obiettivi praticabili nei confronti di Putin. «Dopo due mesi e mezzo, un governo di unità nazionale che affronta una emergenza bellica ha il dovere di continuare a interloquire con il parlamento – spiega – Un indirizzo politico ci serve, dobbiamo chiarircelo».

Nonostante ciò, da Palazzo Chigi trapela che il governo ha pronto il terzo decreto interministeriale sull’invio di armi sul fronte ucraino. Come quelli precedenti, non richiede passaggi in aula: basterà l’audizione al Copasir e l’elenco segretato degli armamenti che ricade sotto l’ombrello della conversione in legge del Decreto Ucraina del 25 febbraio scorso.

Per Draghi dunque l’appuntamento in parlamento resta quello del 19 maggio, tra una settimana, quando era fissato il question time al quale è prevista da tempo la sua presenza. Adesso si è trasformato in «informativa urgente»: resta che ci sarà nessun voto delle camere. «Il parlamento è stato molto chiaro: l’invio di armi è finalizzato a consentire all’Ucraina di difendersi e di difendere la sua popolazione dall’aggressione russa», tiene la posizione il ministro della difesa Lorenzo Guerini. A chiedere che Draghi venga in aula ieri c’erano anche le deputate di ManifestA, che hanno convocato un presidio contro la guerra a piazza Santi Apostoli.

Dopo l’incontro di martedì con Enrico Letta, che è servito anche a prendere atto della differenza di vedute sul conflitto ucraino, l’avvocato sintetizza in questo modo la relazione con il Partito democratico e l’ipotetico asse con Matteo Salvini sulle armi: «Mi sembra che sulla guerra nel Pd ci sia un inizio di riflessione – sostiene – Io non mi sento isolato, la maggioranza degli italiani è con me. Se la Lega di Salvini o altre forze si uniranno a noi io lo auspico fortemente».

In casa Pd il sostegno a Draghi non vacilla. Anzi, se possibile cresce di intensità in nome dell’europeismo. «L’incontro con Biden va visto come un ulteriore rafforzamento del concetto di un’Europa più forte, che può essere in grado di far finire la guerra presto e su basi solide. Spero lo stiano capendo anche gli Stati Uniti», dice Francesco Boccia. «Macron sulla Russia ha detto una cosa di buon senso. Bisogna dialogare con tutti senza utilizzare toni ultimativi e offensivi.

Anche dalla parti di Leu la visita del premier a Washington viene vista in termini positivi. «Il premier ha indicato quella che deve essere la priorità assoluta per tutti: perseguire una trattativa che, in un quadro molto diverso da quello di due mesi fa, può e deve essere ora intavolata», spiega la capogruppo al senato Loredana de Petris. «Ma un tavolo negoziale non si crea da solo: bisogna che l’Europa assuma una iniziativa forte per portare tutti a trattare. E non può esserci nessuna soluzione negoziale se si pensa alla vittoria di qualcuno. Si ha trattativa quando tutti sono disposti a cedere su alcuni dei loro obiettivi».

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