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Il precario equilibrio di Saied tra austerità e sopravvivenza

Il precario equilibrio di Saied tra austerità e sopravvivenza

Mediterraneo Dietro il rifiuto del presidente tunisino ad avviare le riforme chieste dal Fmi il timore di accendere la rivolta di una popolazione allo stremo

Pubblicato più di un anno faEdizione del 13 giugno 2023

Due incontri istituzionali di alto profilo in una settimana non passano inosservati. Soprattutto se al centro dei discorsi ci sono elementi vitali per un paese come il suo futuro economico, energetico e migratorio e, aspetto ancora più rilevante, se a compiere la doppia visita è lo stesso capo di Stato.
Domenica 11 giugno il presidente della Repubblica della Tunisia Kais Saied ha ricevuto al palazzo di Cartagine la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il primo ministro olandese Mark Rutte e, per la seconda volta in sette giorni, la premier italiana Giorgia Meloni.

IL PICCOLO STATO nordafricano è diventato il campanello d’allarme più evidente dell’agenda europea per una serie di ragioni che variano dalla stabilità finanziaria tunisina, agli interessi energetici che uniscono le due sponde del Mediterraneo e al dossier migratorio.
Se sul tavolo delle trattative dopo l’incontro di domenica sono finiti piani di finanziamento da quasi un miliardo di euro, promesse di chiudere memorandum d’intesa in tempi brevi e ulteriori forniture per il controllo delle frontiere, il vero punto di domanda è rappresentato dagli interessi di Tunisi e dai discorsi di Kais Saied, il protagonista assoluto della nuova fase istituzionale tunisina cominciata il 25 luglio 2021, giorno in cui il responsabile di Cartagine ha messo un punto definitivo al processo democratico iniziato dopo la Rivoluzione del 2011.

LE PREOCCUPAZIONI di Saied riguardano soprattutto il prestito da 1,9 miliardi di dollari promesso dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per dare nuova liquidità a un paese sull’orlo della bancarotta, il cui rating è stato abbassato dall’agenzia Fitch a CCC- pochi giorni fa. Fmi in Tunisia è sinonimo di tagli alla spesa pubblica, cancellazione delle sovvenzioni sui beni di prima necessità e riduzione della massa salariale nelle imprese e negli uffici statali.

«ABBIAMO grandi mezzi ed enormi risorse, sia naturali che umane. La Tunisia è uno Stato che sgorga ricchezza», sono state le parole di Saied durante la visita di sabato 10 giugno a Sfax, la città che più di tutte ha assistito al netto aumento delle partenze verso Lampedusa negli ultimi mesi.
Non è un caso che Saied abbia deciso di compiere una trasferta lampo proprio lì. Il presidente della Repubblica non è solito parlare in pubblico ed è conosciuto per pesare parole e spostamenti. La frase pronunciata si inserisce all’interno di un discorso di propaganda interna pensato per garantire la difesa della sovranità popolare tunisina al netto di possibili ingerenze esterne, in primis il possibile finanziamento dell’Fmi che di fatto traccerebbe la via dell’austerità per il paese. Il responsabile di Cartagine e il governo sanno che 1,9 miliardi di dollari di prestiti non garantirebbe quel grado di stabilità per i prossimi anni.

BISOGNA anche considerare il lato migratorio. Sempre a Sfax il presidente ha incontrato la comunità subsahariana che è solita trovarsi di fronte alla medina della città in condizioni di precarietà assoluta. Sono le stesse persone finite all’interno della sua invettiva lo scorso 21 febbraio, quando con un discorso durissimo ha dichiarato che non erano più le benvenute nel paese. «I nostri valori ci dicono di trattare in maniera umana i migranti irregolari, soprattutto in quanto siamo diventati un paese di destinazione», è stata la parziale marcia indietro del presidente, il quale ha anche ammonito l’Europa affermando che «ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumano e inaccettabile». Al netto di una cooperazione sempre più stretta con l’Europa sui temi energetici, finanziari, migratori e di rimpatri, Saied in questo momento sta cercando di garantire la sua presa nel paese, scosso da crisi su tutti i livelli. Schiacciato da pressioni interne e internazionali in un quadro generale di incertezza assoluta, il presidente della Repubblica si è garantito il totale appoggio europeo almeno sull’azzeramento del processo democratico tunisino, nonostante la recente ondata di arresti che ha riguardato attivisti, oppositori e giornalisti: «Il percorso democratico della Tunisia è stata una strada lunga, talvolta difficile, ma queste difficoltà si possono superare», ha dichiarato Ursula von der Leyen.

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