La guerra in Medioriente potrebbe espandersi in modi imprevedibili. Il ruolo della Repubblica Islamica rimane un fattore centrale. Teheran non è solo il principale avversario regionale di Israele ma anche il principale fornitore di aiuti militari e addestramento ai gruppi armati di Hamas e Jihad Islami a Gaza oltre che Hezbollah in Libano, la Brigata Fatemiyoun in Siria, l’Organizzazione Badr in Iraq e gli Houthi nello Yemen.
La Repubblica Islamica ha avuto grossi disaccordi con Hamas durante la guerra civile siriana quando Hamas si è opposto al presidente siriano Assad e ha rifiutato di sostenere l’iniziativa di Teheran in Siria.
I rapporti sono ripresi nel 2017. Nell’agosto 2018, i media israeliani riferivano che Teheran trasferiva circa 70 milioni di dollari all’anno ad Hamas.

HAMAS è ideologicamente connesso ai Fratelli Musulmani sunniti, ciò rende la relazione tra i due meno stretta dai legami di Teheran con altri gruppi islamici militanti nella regione. Il sostegno ad Hamas consente alla Repubblica Islamica di essere vista come sostenitrice della causa palestinese e completa la strategia difensiva/offensiva basata sull’impegno di affiliati armati non statali nella regione. Mentre Hamas accoglie con favore il sostegno di ogni paese che lo accetta come parte dello spettro politico palestinese.

TEHERAN ha apertamente lodato l’attacco del 7 ottobre di Hamas. L’operazione è stata giustificata dai politici di Teheran come autodifesa dalle atrocità dell’occupazione e dall’apartheid perpetrati dallo stato israeliano.
Un coinvolgimento diretto di Teheran nel conflitto non sembra sia auspicato dal regime iraniano. Ciò non significa che i gruppi armati pro iraniani non possano scatenare una guerra. Ali Khamenei, leader della Repubblica Islamica, ha detto: «Se i crimini del regime sionista (israeliano) continuano, i musulmani e le forze della resistenza diventeranno impazienti e nessuno potrà fermarli». L’intelligence americana ritiene che l’Iran non stia attualmente cercando una guerra diretta, bensì di aumentare la pressione su Israele e Stati uniti attraverso i suoi delegati nella regione.

LE MINACCE e gli avvertimenti provenienti dai leader americani e israeliani continuano ad alimentare le tensioni. Il ministro dell’Economia israeliano Nir Barkat usando la retorica dei falchi iraniani ha lanciato un minaccioso avvertimento: «Li cancelleremmo dalla faccia della Terra se Hezbollah aprisse un fronte nella guerra».
Il senatore americano Lindsey Graham, noto per le sue posizioni bellicose, ha avvertito l’Iran: «Vi stiamo osservando. Se questa guerra si intensifica, arriverà alle vostre porte». Graham in visita a Tel Aviv insieme a una delegazione di dieci senatori ha aggiunto: «Non ci saranno solo due fronti, ce ne saranno ben tre». Mitch McConnell, leader di minoranza del Senato Usa, va oltre: «Gli iraniani costituiscono una minaccia per noi. Quindi è urgente affrontare questo ‘asse del male’ – Cina, Russia, Iran – perché rappresenta una minaccia immediata per gli Stati uniti».
I rappresentati della politica estera di Teheran affermano che «la nostra posizione è quella di prevenire l’escalation, ma non siamo nella posizione di controllare i gruppi islamici o nazionali. Nessuno può dire ai gruppi di resistenza islamica in Medioriente cosa fare e cosa non fare».

L’APPROCCIO di Teheran tuttavia aumenta il rischio di errori di calcolo e di un conflitto regionale non voluto. La popolazione iraniana non sembra giustificare il coinvolgimento diretto e indiretto del paese nel conflitto. La recita della giurisprudenza islamica che consente l’uso della forza in difesa di coloro che sono perseguitati perché credono nell’Islam e non sono in grado di difendersi, non sembra avere una grande presa sulla popolazione. Decine di accademici, scrittori, artisti, attivisti politici iraniani hanno chiesto la fine del conflitto tra Hamas e Israele in base alle risoluzioni dell’Onu.

Il sentimento popolare vede qualsiasi azione del regime come un atto orientato alla conservazione del suo potere e non in direzione degli interessi nazionali. Atefeh Rangriz, scrittrice e attivista per i diritti delle donne, detenuta in sciopero della fame nel carcere, in solidarietà con il popolo palestinese, ha inviato un messaggio: «Noi abbiamo imparato dal popolo palestinese che la vita significa resistenza».
Tuttavia un’eventuale azione miliare diretta contro l’Iran compatterebbe l’intera società e indebolirebbe significativamente gli sforzi del popolo iraniano per la democrazia.