Come in un ritorno a un’era precedente, gli Stati uniti hanno annunciato di aver saldato uno degli ultimi debiti in sospeso dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 e per qualche ora la prima guerra americana del XXI secolo è tornata la notizia principale.

«Giustizia è fatta», ha detto Joe Biden dal Blue Room Balcony della Casa bianca, passando rapidamente da uomo fragile rinchiuso nel seminterrato a causa del Covid a presidente che ha stanato con i droni il leader di al Qaeda.

«Quando ho messo fine alla missione militare americana in Afghanistan quasi un anno fa, ho deciso che gli Stati uniti non avevano più bisogno di avere uomini lì – ha detto – In quel momento ho promesso agli americani che avremmo continuato a condurre efficaci operazioni antiterrorismo in Afghanistan. Lo abbiamo fatto. Non consentiremo all’Afghanistan di diventare un paradiso sicuro per i terroristi».

HA POI AVVERTITO: «Non importa dove ti nascondi, se sei una minaccia per il nostro popolo, gli Stati uniti ti troveranno». Un momento di vittoria per un presidente sommerso da problemi di politica interna che risalgono al disastroso ritiro dall’Afghanistan di un anno fa ed sicuramente un asset politico a pochi mesi delle elezioni di midterm.

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È avvenuto circa sei mesi dopo l’annuncio di Biden di un’altra operazione antiterrorismo Usa nel nord-ovest della Siria, che ha portato alla morte del capo dell’Isis, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, e quasi tre anni dopo il raid dell’ottobre 2019 che ha ucciso il leader di Daesh, Abu Bakr al-Baghdadi, massimo successo dell’antiterrorismo dell’amministrazione Trump.

Le differenze tra i due presidenti americani si sono viste anche nell’annuncio delle loro massime vittorie in fatto di terrorismo. Biden è intervenuto con un discorso breve, riassumendo l’importanza della missione e del suo successo; nel 2019 Trump si era lasciato andare a commenti sconclusionati per 48 minuti, condividendo inutilmente dettagli operativi sensibili, disseminati di riferimenti raccapriccianti, si era preso il tempo di elogiare l’estrema destra mediatica e auto- incensato mentendo piuttosto sfacciatamente su altri successi mai ottenuti.

EPPURE LA DIFFERENZA maggiore è stata paradossalmente con l’annuncio di Obama del 2011, quando l’allora presidente aveva confermato davanti alle telecamere che Osama bin Laden era stato ucciso ad Abbottabad, in Pakistan. La foto dell’amministrazione Obama nella situation room, con la segreteria di Stato Hillary Clinton con la mano sulla bocca che tratteneva il fiato, aveva fatto il giro del mondo e la notizia, un anno dopo, era stata un punto centrale nel messaggio di rielezione dell’allora vicepresidente Joe Biden: «La General Motors (salvata dalla bancarotta da Obama due anni prima, ndr) è viva e Osama bin Laden è morto».

Contrariamente a molte aspettative, dopo il 2001 sul suolo statunitense non c’è stato alcun attacco terroristico paragonabile, mentre i derivati dell’11 settembre, il massiccio stato di sicurezza nazionale, le code per i controlli agli aeroporti, un Dipartimento per la sicurezza interna da 52 miliardi di dollari, l’enorme apparato di intelligence che si muove fuori dalla vista del pubblico, la disastrosa guerra in Iraq e la terribile sconfitta in Afghanistan, hanno messo al Qaeda stessa in secondo piano.

L’uccisione di Zawahiri è diventata in 24 ore una delle tante notizie del giorno, insieme alle inondazioni in Kentucky, al vaiolo delle scimmie e al voto sull’aborto in Kansas.

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