A marzo ha compiuto settant’anni e 26 ne ha trascorsi in carcere al 41 bis. La speranza e l’esigenza di rivedere la sua famiglia potrebbero essere le ragioni che hanno convinto Francesco Schiavone, alias Sandokan (l’appellativo gli fu attribuito quando era giovane per una qualche somiglianza con il protagonista, interpretato da Kabir Bedi, del celebre sceneggiato televisivo), per molti anni capo indiscusso del clan camorristico dei Casalesi, a scegliere la strada della collaborazione con gli inquirenti. Quella che avevano già intrapreso due dei suoi figli – Nicola e Walter – nel 2018 e nel 2021. Restano in carcere gli altri figli: Emanuele Libero, che uscirà però ad agosto prossimo, e Carmine.

SANDOKAN era stato arrestato l’undici luglio del 1998 in una casa nel centro di Casal di Principe, in provincia di Caserta. Era nascosto in un rifugio ricavato al di sotto dell’appartamento. Si accedeva attraverso un congegno presente nella cucina. Fu difficile scovarlo perché, nonostante la direzione investigativa antimafia avesse la certezza della sua presenza in casa, non si riusciva a capire in quale punto preciso fosse. I sopralluoghi e le ispezioni durarono fino a che si individuò una sorta di tubazione che si proiettava verso la parte alta della costruzione e passava dal sottosuolo stradale. Un tubo che di per sé non aveva una giustificazione. Gli inquirenti intuirono che potesse essere una presa d’aria. Fu lanciato un lacrimogeno, Schiavone fu costretto ad uscire e ad aprire il rifugio. Chiese di non sparare e disse alle forze dell’ordine che aveva con sé le figlie.

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ALL’EPOCA ha 44 anni ed è al culmine di una carriera criminale cominciata da giovanissimo. Il primo arresto a 18 anni per porto abusivo dii armi, poi il salto di qualità come guardaspalle ed autista del boss Umberto Ammaturo. Sono gli anni degli scontri ferocissimi tra la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia, il cartello che si è formato per contrastare i cutoliani e del quale fanno parte, tra gli altri, i Nuvoletta di Marano; i Gionta di Torre Annunziata; i Giuliano che hanno la propria roccaforte nel quartiere Forcella, a Napoli; Michele Zaza, il re del contrabbando; lo stesso Ammaturo. Traffico di droga, controllo della prostituzione, sigarette, ma soprattutto gli appalti nell’edilizia ed in genere della pubblica amministrazione rappresentano la posta in palio di una battaglia che provoca 264 vittime nel 1982 e 204 nel 1983. La ricostruzione post sisma dell’Irpinia – i governi Forlani e Spadolini stanziano oltre 50.000 miliardi di lire – fa gola a tutte le organizzazioni malavitose. La scalata al clan dei Casalesi di Francesco Schiavone risale però agli anni Novanta, quando Sandokan ne diviene il capo insieme a Francesco Bidognetti.

NEL 1988 scompare in Brasile in circostanze misteriose – con ogni probabilità assassinato – Antonio Bardellino, che è al vertice della organizzazione malavitosa. Si innesca una lunga spirale di omicidi e di vendette. Sandokan coglie l’opportunità di farsi spazio in quel momento di transizione. E’ una camorra imprenditrice, la sua, che reinveste i proventi nel narcotraffico, nell’edilizia e nel ciclo del cemento, nel traffico illecito di rifiuti. E’ quello il momento in cui i Casalesi scelgono di non dipendere più dalle decisioni e dal favore dei politici di riferimento, ma si fanno essi stessi politici, infiltrando con propri uomini e fidati alleati giunte e consigli di diversi Comuni, non solo del Casertano. Sono, ancora, gli anni della espansione delle imprese legate al clan in Emilia Romagna ed in altre regioni del centro e del nord d’Italia, dove Sandokan ed i suoi puntano agli appalti ed ai lavori pubblici.

QUELLO DEL CLAN dei Casalesi appare un dominio incontrastato. Chi si oppone muore. E’ il caso di don Peppe Diana, il sacerdote assassinato nel 1994 a Casal di Principe perché ha criticato più volte e pubblicamente la camorra. Per quell’omicidio sarà poi condannato nel 2003 in via definitiva come mandante Nunzio De Falco, anch’egli esponente del clan. Schiavone dopo l’arresto del 1998 sarà a sua volta condannato all’ergastolo a conclusione del Processo Spartacus. Ora che con il pentimento si aggiunge un nuovo capitolo alla lunga vicenda criminale e giudiziaria di Sandokan, ci si chiede se l’ex capoclan, detenuto da tanti anni, avrà segreti da rivelare e quali siano. «Potrebbe dare notizie importanti – dice Federico Cafiero de Raho, il magistrato che sostenne l’accusa durante Spartacus e che ora è senatore – su come siano stati impiegati i proventi delle attività criminali e con l’appoggio di quali imprenditori». Secondo Legambiente, poi, «Schiavone è a conoscenza delle verità sul patto tra politica, imprenditoria e criminalità grazie al quale – sin dai primi anni ’90 – le ecomafie hanno prosperato».