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Europa

L’europarlamento solo ora apre una commissione d’inchiesta

L’europarlamento di Strasburgo – Ap

L’ammontare potrebbe essere ben al di là del 1,5 milioni di euro trovati cash nelle case degli inquisiti

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 17 dicembre 2022

Ufficialmente, il Qatargate, che è anche un Maroccogate, non era in agenda del Consiglio europeo che si è concluso nella notte tra giovedì e venerdì. Ma molti leader europei hanno espresso preoccupazione. Al vertice, dopo l’intervento della presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, e l’incontro con i 27 che è durato in modo inabituale molto a lungo, una decina di leader sono intervenuti.

IN QUELLA SEDE, l’ungherese Viktor Orbán, è rimasto invece particolarmente silenzioso, mentre si è scatenato sui media, con accuse violente e grasse risate contro gli europarlamentari che a settembre avevano votato una risoluzione che stabiliva che «l’Ungheria non è più una democrazia», mentre la Commissione blocca il versamento dei finanziamenti del Piano di rilancio e dei Fondi di coesione a Budapest anche per il dilagare della corruzione attorno al primo ministro.

Il Parlamento europeo ha istituito ieri una commissione d’inchiesta su «casi di corruzione e abusi da parte di paesi terzi» e ha messo in stand by tutti i dossier che riguardano il Qatar: quello sulla liberalizzazione dei visti, che sembrava cosa fatta, e l’accordo sul trasporto aereo, un’intesa sbilanciata tra un blocco di 450 milioni e un piccolo paese di meno di 3 milioni.

L’INCHIESTA è stata aperta dalla giustizia belga, alla manovra c’è un giudice chiamato “lo sceriffo”, Michel Claise, che non perdona sulla corruzione e non ha dubbi: Antonio Panzeri è l’anima della «vasta organizzazione fraudolenta». Fonti belghe fanno sapere che ci sono sospetti che l’ammontare in gioco vada ben al di là del 1,5 milioni di euro trovati cash nelle case degli inquisiti. Sarebbero presenti in cifre «consistenti» anche sui primi sette conti italiani esaminati dalla Guardia di Finanza in esecuzione di un ordine di investigazione europeo. Sotto la lente Francesco Guidi, ex collaboratore di Panzeri, e Luca Visentini, segretario generale della confederazione internazionale dei sindacati.

La destra è partita all’attacco dei socialisti, che sono nell’occhio del ciclone. Ma lo ha fatto con troppa fretta, visto che siamo solo all’inizio dell’inchiesta. Il ceco Tomas Zdechovsky (Ppe), alla testa del gruppo di amicizia Ue-Bahrein, ha dovuto giustificarsi su un viaggio nell’aprile scorso senza informare il parlamento: il silenzio della primavera sarebbe spiegato con la regola lassista del Parlamento, che non prevede nessuna informazione nel caso in cui il viaggio non sia pagato da terzi. Nei fatti, non c’è nessuno che verifica. Attività in sospeso per il gruppo di amicizia Parlamento europeo-Qatar, che non è menzionato nel sito del Parlamento, mentre è presente in quello dell’ambasciata del Qatar a Bruxelles.

ROBERTA METSOLA ha promesso che all’inizio del 2023 verrà presentato un piano in dieci punti per moralizzare il problema “sistemico” dei rischi di corruzione e di conflitti di interesse. Sono da rivedere le iscrizioni nel registro di trasparenza che obbliga a dichiarare gli appuntamenti con persone esterne al Parlamento, ma permette molte eccezioni (per esempio, non riguarda i contatti con paesi extra Ue), ci saranno controlli sull’accesso al Parlamento, ora libero per tutti gli “ex”, saranno riviste le regole per le autorizzazioni di entrata, che riguardano l’esercito di più di 40mila lobbisti che operano a Bruxelles.

L’inchiesta che sta colpendo il Qatar è iniziata con il Marocco, relativamente a un voto favorevole di Strasburgo su un accordo per la pesca del 2019, poi annullato dalla giustizia europea nel 2021, che ha considerato che era necessario il consenso delle popolazioni del Sahara occidentale, che Rabat considera parte del suo territorio. I principali protagonisti della settimana – l’ex eurodeputato di Articolo1 Antonio Panzieri, l’ex vice presidente greca del parlamento Ue Eva Kaili, il suo compagno e portaborse Francesco Giorgi (tutti e tre in carcere), il belga Marc Tarabella del gruppo S&D e l’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino, che non è tra gli indagati – avevano votato tutti in favore della richiesta del Marocco, contro la posizione del gruppo S&D. L’accordo prevedeva finanziamenti per Rabat, intorno ai 400 milioni, e una prospettiva di scambi commerciali sui 35 miliardi.

IL SINDACALISTA José Bové, che è stato europarlamentare e relatore per il commercio estero dal 2009 al 2014, racconta di aver subito un tentativo di corruzione da parte dell’attuale primo ministro del Marocco, Aziz Akhannouche, allora ministro dell’agricoltura: un appuntamento in un caffè “discreto”, promesse di regali, a cui Bové ha risposto dando l’indirizzo del proprio avvocato.
Giovedì è intervenuta l’Olaf, l’autorità anti-frode della Ue, ma l’inchiesta non è legata al Qatargate: ha chiesto la levata dell’immunità parlamentare di Eva Kaili (che è in carcere) e di Maria Spyraki, anche lei graca ma del Ppe, per «sospetti di frode a detrimento del budget Ue», riguardo a soldi pagati agli assistenti parlamentari.

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