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Il Pakistan attacca oltre il confine. Talebani sempre più isolati

Il Pakistan attacca oltre il confine. Talebani sempre più isolatiMilitari pachistani al confine con l’Afghanistan nel distretto di Khyber – Ap

Afghanistan Quaranta vittime, tra morti e feriti, a Shiltan e Spiri. Rapporti tesi anche con l’Iran per le violenze nei confronti dei migranti afghani

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 17 aprile 2022

Sarebbero 40 le vittime, tra morti e feriti, causate dagli attacchi militari dell’esercito pachistano in due province orientali afghane oltre la linea Durand, il confine – non riconosciuto da Kabul – che separa il Paese dei puri dall’Afghanistan. Secondo le testimonianze di molti residenti, in parte confermate dalle autorità locali, colpi di artiglieria pesante avrebbero colpito il distretto di Shiltan, nella provincia di Kunar, mentre mezzi aerei avrebbero bombardato il distretto di Spiri, nella provincia di Khost, entrambe nella parte orientale del Paese. Sui social, dalla mattina di ieri si alternano le foto dei corpi dei martiri, perlopiù bambini. Per i residenti, si tratta di civili inermi, innocenti, alcuni dei quali rifugiati, giunti da poco in quelle aree dal Waziristan.

PER ISLAMABAD, obiettivo erano invece i militanti del Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), i Talebani pachistani (“cugini” dei Talebani oggi al governo in Afghanistan) con i quali i rapporti sono molto tesi, in particolare dopo l’annuncio da parte del TTP dell’offensiva di primavera e del fallimento del negoziato con il governo pachistano di cui si era fatto mediatore un pezzo da novanta dei Talebani afghani, l’attuale ministro di fatto dell’Interno, Sirajuddin Haqqani, già a capo dell’omonima rete terroristica fondata dal padre Jalaluddin, attiva nelle aree a cavallo della linea Durand. Dure, almeno nella forma, le reazioni dei Talebani. «Non metteteci alla prova. Non ci devono essere altri incidenti, altrimenti le conseguenze saranno pesanti», ha minacciato il portavoce dell’Emirato e viceministro dell’Informazione, Zabiullah Mujahed. Mentre l’ambasciatore del Pakistan a Kabul è stato convocato ieri al ministero degli Affari esteri di Kabul, dove ha incontrato il ministro di fatto degli Esteri Amir Khan Mottaqi e il viceministro della Difesa, Mullah Shirin Akhund. Gli hanno consegnato una lettera formale di protesta, con destinazione Islamabad, dove il governo è alle prese con la transizione successiva al siluramento politico dell’ex premier Imran Khan e dove si ritiene fondamentale continuare a costruire una barriera metallica lungo il confine con l’Afghanistan.

LE FRIZIONI DI IERI non sono nuove. L’establishment militare di Islamabad sostiene da decenni i Talebani, ma i rapporti sono altalenanti, a volte burrascosi. E i Talebani al potere rivendicano piena sovranità. Non sono buoni neanche i rapporti con il vicino occidentale, l’Iran. La causa non è l’accesso alle riserve idriche, questione che prima o poi finirà per deflagrare ma, ancora una volta, i migranti afghani. Che continuano a entrare in Iran, dove vengono spesso maltrattati da poliziotti e guardie di frontiera. Pochi giorni fa, il video di un presunto pestaggio ai danni di un afghano ha fatto il giro dei social. In alcune città afghane si sono svolte manifestazioni di protesta. A Herat il consolato iraniano è stato preso a sassate, il portone dell’ambasciata di Kabul è stato dato alle fiamme. E Teheran il 12 aprile ne ha deciso la chiusura, mentre il ministro degli Esteri iraniano ha inviato una protesta formale al rappresentante dei Talebani in Iran. Alcuni comandanti talebani di medio livello hanno invece diffuso video in cui minacciano l’Iran, invitando i mujahedin a raggiungere il confine in attesa di nuove istruzioni, per essere pronti a portare gli attentati suicidi nel territorio della Repubblica islamica.

ANCORA PIÙ COMPROMESSO è il rapporto con i paesi euro-atlantici, anche a causa delle testimonianze sempre più evidenti della repressione interna. Il New York Times pochi giorni fa ha reso pubblici i risultati di un’inchiesta condotta per 7 mesi: a dispetto dell’amnistia annunciata dai Talebani nel settembre 2021, in 6 mesi sarebbero circa 500 gli ex membri del governo o delle forze di sicurezza afghana uccisi o fatti sparire. Per i Talebani, non si tratterebbe di una campagna sistematica di rappresaglia, voluta dall’alto, ma di atti individuali: mele marce. Ma risultati altrettanto inquietanti sono quelli che emergono dalla mappatura condotta da Acled (The Armed Conflict Location & Event Data Project) e da Afghan Peace Watch, secondo cui nel periodo dal 15 agosto 2021 al 15 marzo 2022 ci sarebbe stato un incremento significativo della violenza politica in particolare contro attiviste donne, specialmente quelle che si battono per impedire l’ulteriore erosione dei diritti di genere, e contro i giornalisti. Anche per questo 56 deputati francesi hanno sottoscritto un appello rivolto al presidente Macron, chiedendogli di non normalizzare le relazioni con i Talebani. Almeno fino a quando non verrà garantito il diritto all’istruzione a tutte le bambine afghane. Per quelle che hanno più di 11 anni, le scuole sono chiuse da più di 210 giorni. L’Afghanistan è l’unico Paese al mondo a negare un diritto fondamentale alle bambine.

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