Il no all’accordo di Pd e M5S nel Lazio è concime per l’antipolitica
Commenti La sintonia tra movimenti e governo regionale per la trasformazione della centrale di Civitavecchia, dovrebbe contare di più delle divergenze sull’inceneritore di Roma
Mai come oggi a Roma e nel Lazio è grande il fossato che separa la politica che conta, quella che si fa nei luoghi di vita e di lavoro, nella strade e nelle piazze, dalla politica dei partiti e dei talk show giornalistici e televisivi. Chi non trova più espressione nelle scelte dei partiti che pure si richiamano alla sinistra, non sono solo gli “ultimi”, ma anche i “primi”, cioè quelli che fanno della democrazia partecipata, dell’impegno costante per la giustizia sociale e ambientale e per la pace, il senso della loro vita. E sono molti, in questo momento tantissimi. Sono quelli che a Roma solo pochi giorni fa hanno riempito Piazza San Giovanni in una entusiasmante manifestazione per la pace, con le bandiere delle Cgil, delle Acli, di Sant’Egidio, dell’Arci e di tantissime associazioni ambientaliste.
Increduli che la politica di “sinistra” parlasse d’altro, non ridefinisse a partire da lì le proprie priorità e i propri programmi. E convinti che a partire da quella grande coalizione sociale e culturale ci fosse la possibilità di riconquistare alla politica, alla possibilità di immaginare un futuro diverso e un altro mondo possibile, gli ultimi, quelli che non riescono a tenere insieme il pranzo con la cena, le vittime principali del degrado ambientale e del crescere delle diseguaglianze. Il rischio, se la sinistra che si presenta alle elezioni non riuscirà a fare in extremis un salto di qualità e non metterà le ragioni dell’unità di chi si oppone allo stato presente delle cose al primo posto, è che questa volta l’astensionismo non rifletterà solo chi ha perso la speranza, ma anche chi la speranza prova a ricostruirla.
I dirigenti del Pd e di 5Stelle dovrebbero seriamente riflettere sul fatto che la loro ignavia, come giustamente la definisce Tomaso Montanari, la incapacità e la non volontà di superare le divisioni che di fatto consegna la Regione Lazio alla destra, questa volta rischia di provocare una antipolitica a ragion veduta.
Penso per restare nel Lazio a quel che è accaduto e che può accadere a Civitavecchia. A quel grande movimento sociale e culturale fatto di operai, di scienziati e di tecnici, di comitati di cittadini e di ragazze e ragazzi, che hanno costretto l’Enel a rivedere il progetto che voleva sostituire il carbone col gas nella centrale di Torrevaldaliga Nord, e scegliere il vento e il sole come energia per il futuro della centrale. E dimostrando come con questa scelta si potesse non solo rendere l’aria più respirabile e dare un grande e concreto contributo alla lotta contro il riscaldamento climatico, ma anche creare nuova e migliore occupazione.
Ambientalisti e operai, sono riusciti lì a rompere lo schema che ha visto troppe volte contrapposte le ragioni del lavoro e quelle dell’ambiente, e a ragionare e a studiare insieme, e a suscitare da lì un vero e proprio movimento di scienziati e di tecnici coi quali hanno elaborato una proposta alternativa vincente. E hanno costruito a partire dalla loro unità la capacità di orientare le stesse scelte delle Istituzioni, comunali e regionali, nonostante l’acquiescenza alla presunta imprescindibilità del gas del ministro Cingolani e del governo Draghi.
La regione Lazio, con in prima fila l’assessora all’ambiente Lombardi e il presidente Zingaretti, ha fatto proprie le proposte uscite da questo straordinario lavoro dal basso. Tutto questo è stato possibile perché Pd e 5Stelle governavano insieme, e il progetto avrà più possibilità di andare aventi se Pd e 5Steslle continueranno a governare insieme. Qualificando la loro coalizione come quella che apre spazi e dà risposte, come in questo caso, alla partecipazione popolare e alla capacità di recepire le istanze di giustizia ambientale e sociale che nascono nei territori. Sapendo che questa è la vera opposizione possibile ed efficace al governo della Destra.
Quello che sta succedendo a Civitavecchia e la sintonia tra movimenti e governo regionale che lì si è determinata, è un fatto che dovrebbe contare di più delle divergenze sull’inceneritore di Roma. La scelte sulla centrale sono un fatto che dal Lazio parla all’Italia e al mondo, una risposta concreta ed esemplare costruita dal basso al dramma del riscaldamento climatico e della disoccupazione. Potrebbe essere un punto importante da cui partire nella riunione auspicabile fra Pd e 5Stelle e tutte le altre forze di sinistra per ricostruire in extremis una proposta unitaria in vista delle elezioni.
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