«Voglio insistere: Pd e 5 stelle, chiudetevi in una stanza e, alla fine, diteci se il Lazio può diventare un posto migliore per chi sta peggio. E come farlo. Da questa idea di fondo, se la si trova, poi derivano anche le soluzioni concrete su temi come il termovalorizzatore». Tomaso Montanari, storico dell’arte, è uno dei firmatari insieme a Fabrizio Barca, Luciana Castellina e Giorgio Parisi dell’appello per mettere in piedi una coalizione progressista alle regionali del Lazio, lanciato il 3 gennaio sul manifesto e che ha raggiunto le 4mila adesioni.

Dopo 4 giorni che bilancio fa della vostra iniziativa?

L’appello non è caduto nel vuoto, come pure poteva accadere: i due partiti principali si sono sentiti in dovere di rispondere e, con le loro reazioni, hanno dimostrato che non ci sono ragioni forti per regalare la regione a tavolino alla destra. Hanno dimostrato la loro grande debolezza, che va ben oltre il Lazio ed è un gigantesco problema nazionale. Ma se non riesce a smuoverli neppure il governo Meloni, cosa ci vuole per svegliarli?

C’è solo debolezza o calcolo politico in questo mancato accordo?

Leonardo da Vinci diceva che due debolezze possono fare una forza, come due mezzi archi quando si incontrano. Ma se non si incontrano restano due debolezze. Il Pd è ancora in grado di essere una forza di sinistra? E il M5S ha davvero scelto questa strada in modo definitivo o solo una delle tante vesti che ha indossato in questi anni? Se si sedessero seriamente a un tavolo ci aiuterebbero a capirlo.

D’Amato ha proposto un ticket alla candidata 5 stelle Donatella Bianchi.

Non mi pare che buttare un proposta in un talk show televisivo sia una grande mossa politica.

I grillini dicono di aspettare un segnale dai dem sul termovalorizzatore di Roma.

Che vuol dire un segnale? Tra adulti ci si siede a un tavolo e di discute. Il termovalorizzatore è un ostacolo alla trattativa? Io credo che abbia ragione Luigi Manconi: è molto più importante dire quale idea di società si ha in mente. A livello nazionale si parla moltissimo di regioni e di autonomia differenziata. Qui serve una visione, un’idea sulla sanità pubblica, delle soluzioni avanzate, delle proposte che spingano i più deboli a tornare a votare. Pd e 5S usino i giorni che mancano alla consegna delle liste per stupirci.

Il M5S accusa il Pd ha scelto il candidato con Calenda senza coinvolgerli.

Quella di Calenda è una forza di centrodestra, neppure antifascista, visto che flirta con questo governo. Come possa il Pd considerarlo un interlocutore ancora mi sfugge. L’idea di potersi alleare con lui dimostra come il centrosinistra italiano si sia mitridatizzato col veleno della destra, pensa ancora di poterla battere alleandosi con una sua versione più presentabile.

Calenda le direbbe che lui è antifascista.

Davanti a un presidente del Senato che celebra la nascita del Msi c’è poco da obiettare. Questo è un governo di matrice fascista con cui Calenda vuole trattare per cambiare la Costituzione.

Il Pd pensa di potersi giocare la partita nel Lazio anche con questo alleato.

Una sinistra, ancorché annacquata, non ragiona sperando di prendere un voto in più. Dovrebbe fare una proposta per portare al voto i milioni di persone rassegnate che non votano più. Se si punta solo a fare un po’ meno schifo della destra, allora diventa persino irrilevante chi vince. Lo dico pure a i 5 stelle che hanno perso 6 milioni di voti dal 2018. La loro forza è stata portare alle urne i sommersi, non ho mai condiviso l’idea che fossero antipolitica. Ma non credo si possano accontentare del 14-15%: sopravvivono se provocano il sistema, se sfidano il Pd da sinistra.

Le reazioni al vostro appello, firmato da migliaia di persone comuni, non dimostrano grande capacità di mettersi nei panni degli elettori.

C’è un enorme problema di scollamento tra ceto politico e società. La destra stravince non perché prende voti in più di quelli tradizionali, ma perché gli altri stanno sempre più a casa.

D’Amato spera di farcela perché ha gestito bene il Covid.

Anche Roberto Speranza ha lavorato bene, ma non mi pare che Articolo 1 sia in gran forma. L’idea di puntare sulla gestione della pandemia è tristemente rivolta al ribasso, una cucina degli avanzi. Si parla ad una cerchia sempre più ristretta di persone, e per giunta del passato e non del futuro.

Se l’accordo non ci sarà, chi avrà maggiori responsabilità?

Siamo davanti a due giocatori ripiegati in difesa, non farei una gerarchia delle colpe: c’è una ignavia imperdonabile.