Editoriale

Il nemico è ai porti

Il nemico è ai portiGiorgia Meloni a Lampedusa – Lapresse

Codice di guerra Nel testo di legge la parola che va ad affiancare «difesa» è quella passepartout: «Sicurezza». Oggi la minacciano gli africani, per esempio quella bambina che ci hanno fatto vedere in braccio a un carabiniere di Lampedusa, domani chi può dire. Magari nemici interni

Pubblicato circa un anno faEdizione del 21 settembre 2023

I migranti sono nemici invasori, di conseguenza li affrontiamo con il codice militare. Gli atti di legge hanno una loro eloquenza e adesso che finalmente conosciamo il decreto anticipato dal video «dissuasore» di Meloni, scopriamo che interviene su una vecchia norma che regola la costruzione dei forti, delle basi, delle caserme e dei poligoni. D’ora in poi quelle regole straordinarie saranno valide anche per acquartierare i migranti e chissà se solo loro. Perché nel testo di legge la parola che va ad affiancare «difesa» è quella passepartout: «Sicurezza». Oggi la minacciano gli africani, per esempio quella bambina che ci hanno fatto vedere in braccio a un carabiniere di Lampedusa, domani chi può dire. Magari nemici interni.

Le nuove norme di edilizia migratoria sono state infilate in un decreto che si occupa del Mezzogiorno, è bastato allungarne il nome. Nessuno ha avvertito il parlamento che così lo ha affidato alla commissione bilancio. I deputati votando sulle tasse decideranno anche delle libertà personali, che volete che sia. Prova migliore della eterogeneità di questo decreto non c’è, dunque non poteva essere emanato. Il fatto poi che sia il terzo sullo stesso tema dimostra che nemmeno c’era l’urgenza. Ma il governo se non si decreta addosso non sa che fare. A parte i video.

Nei campi militari non si capisce ancora chi dovrà andare. Se costituzioni e convenzioni internazionali valessero ancora, non certo chi chiede asilo. Senza di loro, però, resterebbero semivuoti e si sa che una volta costruito un carcere si riempie. Quanto ai migranti che si vorrebbe rimpatriare, in Italia hanno già otto centri dove essere richiusi. Posti terrificanti dove si va avanti a psicofarmaci e mazzate. I nuovi, costruiti dall’esercito in tutta fretta e con venti milioni in tutto (a proposito, stiamo aumentando le spese militari) potranno solo essere peggiori, oltre che far durare più a lungo la detenzione.

Sappiamo che prolungare questa galera abusiva non servirà a rendere più facili i rimpatri che, quando ci sono le condizioni, raramente, si fanno subito. Forse il governo spera che questa edilizia di guerra serva a spaventare chi parte: adesso ha la promessa di finire nei guai. Un «porto sicuro» dove sicuramente si starà malissimo, un po’ l’effetto dissuasore che ha cercato la presidente del Consiglio con il suo video. Meloni però su questo terreno deve battere la concorrenza di fame, devastazioni climatiche e torture. Deve impegnarsi di più, ma non diamole idee.

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