«Com’era il caffè?» chiede un soldato ucraino. «Una schifezza» rispondo e lui traduce ai suoi commilitoni che scoppiano a ridere. Siamo alle porte di Bakhmut, il soldato si chiama Ivàn, ha la divisa ma non è in assetto da combattimento. Così come i militari intorno a lui, sembrano tutti in trasferimento. «Partite?» provo a indagare, ma lui capisce al volo e indica la scritta press sul giubbotto. «Spiegagli che vai a fare sennò questo è capace di scrivere che ci stiamo ritirando da Bakhmut» dice un ragazzone con una barba folta e rossiccia scatenando le risate di tutti i presenti.

PROBABILMENTE anche quei militari immaginano che la stampa non si chiede più se Bakhmut cadrà, ma quando. «Ma è vero che i russi hanno ricominciato ad avanzare?» chiedo, anche se la risposta (prevedibile) è una sequela di insulti contro il nemico. Eppure i centri studi americani, l’intelligence britannica e persino i Servizi ucraini parlano di nuova offensiva russa appena iniziata. Senza mai omettere di sottolineare gli scarsi successi che tale offensiva sta ottenendo. Ma ha davvero senso parlare di «offensiva su larga scala» in questo momento?

Innanzitutto bisogna considerare che da circa metà ottobre le posizioni sul terreno di battaglia sono pressoché invariate. A eccezione di Soledar, caduta un mese fa, il fronte del Donbass è uno stillicidio di brevissime avanzate e improvvisi riposizionamenti nello spazio di poche centinaia di metri. Tuttavia, il fatto che la fanteria non conquisti nuove posizioni non vuol dire che l’artiglieria resti a guardare. Le forze del Cremlino martellano senza sosta i difensori nelle aree di Soledar, Bakhmut, Siversk, Krasna Hora e Vuhledar. A eccezione dell’ultima città, le altre sono tutte nel raggio poche decine di chilometri e la loro importanza è relativa alla conquista del vero obiettivo designato, ovvero Bakhmut.

RESISTERE in quest’area sta costando moltissimo anche all’Ucraina in termini di vite umane e di armamenti. Il risvolto evidente è che senza conquistare Bakhmut i russi in questo quadrante non riescono a progredire. Si consideri anche che gli invasori stanno tentando di fare breccia tra le difese ucraine nell’area di Kreminna, più a nord, se dovessero riuscirci avrebbero una direttrice quasi lineare verso il centro del Donetsk controllato dagli ucraini; ma Kramatorsk è molto ben difesa, non sarebbe semplice aprire un altro fronte in quell’area.

La scorsa settimana si parlava già dell’accerchiamento di Bakhmut, del fatto che agli ucraini fosse rimasta essenzialmente solo una via d’uscita. Il che è tecnicamente vero (si entra solo da Chasiv Yar ormai), ma non vuol dire che le forze di Mosca stanno assediando Bakhmut. Più probabile che l’intenzione sia di chiudere in una morsa il centro urbano per evitare che gli ucraini possano ricevere rinforzi e siano costretti a capitolare. Anche perché, come sostiene il capo della brigata di mercenari Wagner, Evgeny Prigozhin, «non ci sono ancora le condizioni per assediare Bakhmut, la fanteria non ha la via libera per entrare al momento».

MA FORSE neanche fuori dalla città la strategia russa sta funzionando. Qualche giorno fa il Cremlino aveva annunciato l’occupazione di Vuhledar (più a sud, utile a un possibile accerchiamento alle spalle di Bakhmut), poco dopo le forze armate ucraine sono riuscite a riconquistare terreno prezioso con una sortita vittoriosa. Stesso copione a Krasna Hora, nelle immediate vicinanze di Bakhmut. Sembra sempre di più reale la tesi del capo di stato maggiore congiunto americano, Mark Milley, che ieri ha ribadito al Times che né l’Ucraina né la Russia potranno vincere la guerra e «il conflitto potrà finire solo al tavolo negoziale».

Tornando al campo di battaglia, però, non sarebbe esatto dire che i russi al momento stanno fallendo e non è escluso che a breve riescano a sfondare o che gli ucraini decidano di ritirarsi. E poi cosa accadrebbe, si chiedono in molti: Bakhmut è davvero così fondamentale per le sorti della guerra? No, ma non è affatto ininfluente. Il valore strategico del luogo, sia per la sua posizione rialzata, sia per la possibilità di controllare il crocevia che dal Donetsk separatista porta a Kramatorsk e verso l’interno, rimane intatto. D’altronde, tale battaglia è ormai connotata da un così forte valore simbolico che non si vede l’ora di trasformare in trofeo. Una vittoria per gli invasori, un’eroica resistenza per Kiev.

INOLTRE, c’è la questione più ampia della cosiddetta «offensiva primaverile» che Mosca starebbe preparando. Dal punto di vista puramente tattico ha senso che le forze armate russe tentino di sfondare le difese prima che i Leopard 2 e i nuovi pacchetti di armi arrivino in Ucraina. Il che dovrebbe accadere più o meno a inizio aprile, secondo i vari ministri della Nato dell’Ue. Perché non approfittare di questo vantaggio logistico? Inoltre, si sa che al confine russo (o nelle aree controllate dai separatisti) ci sono tra le 60 e le 200 mila reclute russe in attesa di essere schierate. Potrebbero essere inviate in parte sul fronte del Donbass e in parte al sud per consolidare il controllo della linea costiera (o addirittura per tentare un improbabile assalto a Zaporizhzhia) oppure tutte in Donbass.

Ma per muovere colonne chilometriche di uomini e mezzi servono settimane e con le attuali condizioni climatiche il terreno non permette questo tipo di manovre. Il rischio che i mezzi sbandino e si impantanino e che la lentezza della manovra sia sfruttata dall’artiglieria ucraina per attacchi devastanti è troppo alto. In ultima analisi c’è l’eventualità che l’aviazione russa inizi a bombardare a tappeto con i caccia (secondo il Financial Times ammassati poco oltre il confine, in territorio russo), ma ad oggi non abbiamo elementi sufficienti per valutare l’effettività di questa ipotesi.

AL MOMENTO, dunque, è più plausibile credere la vera offensiva non sia ancora iniziata e che Mosca stia aspettando che le temperature si alzino quanto basta per avanzare in forze prima che Kiev riceva i nuovi armamenti promessi. L’alternativa è che uno degli eserciti più potenti del mondo in un anno si sia trasformato in poco più di una milizia allo sbando. Poco probabile, nonostante tutto.