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«Il Medhanie in cella non è un boss della tratta»

«Il Medhanie in cella non è un boss della tratta»Medhanie Tesfamariam Bere al momento dell'arresto nel 2016 – LaPresse

Italia A Palermo la Corte d'Assise riconosce lo scambio di persona, tre anni dopo: il falegname eritreo catturato era stato in Sudan dalle forze italiane che cercavano «il generale»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 13 luglio 2019

In carcere non c’era l’eritreo Mered Medhanie Yedhego, conosciuto come «il generale», a capo di un traffico internazionale di migranti fra l’Africa e l’Europa, ma Medhanie Tesfamariam Bere, un falegname finito comunque nei traffici lungo la rotta che porta in Occidente e per questo condannato ieri dalla Corte d’Assise di Palermo a cinque anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, 100mila euro di multa e il pagamento delle spese processuali. Bere ha però ottenuto l’annullamento della condanna più pesante, associazione a delinquere finalizzata al traffico dei migranti, che gli sarebbe costata 14 anni di carcere.

Ci sarebbe stato, quindi, uno scambio di persone iniziato nel 2016 quando, grazie a notizie avute dall’intelligence britannica, il governo aveva organizzato un blitz a Khartoum in Sudan per arrestare il generale. I pm di Palermo cercano da anni quello che reputano uno dei boss della tratta di essere umani, Mered Yehdego Medhanie potrebbe essere uno dei tanti alias usato dal generale.

Gli inquirenti sudanesi e inglesi ne avevano intercettato i cellulari così i magistrati palermitani risalirono alla rete che arrivava fino in Libia.

Medhanie Tesfamariam Bere ha sempre sostenuto di essere un falegname eritreo che si trovava in Sudan con l’intenzione di raggiungere le coste nordafricane per imbarcarsi per l’Europa. Il suo legale Michele Calantropo ieri ha commentato: «Non sono stupito, diciamo da anni che Medhanie non è il trafficante di esseri umani che indica la procura. Mi spiace solo che un latitante continui i suoi traffici loschi».

Il Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, incassa comunque la conferma della condanna a cinque anni: «Sia pure con riferimento a una parte dei reati che erano stati contestati all’imputato, la Corte d’Assise ha ritenuto Medhanie un trafficante di esseri umani e, quindi, tutte le affermazioni circa il fatto che fosse un povero falegname perseguitato ingiustamente evidentemente si sono scontrate con le prove che la procura ha portato contro di lui».

E ancora: «La sua partecipazione ad attività di traffico di esseri umani è emersa dall’esame delle sue telefonate e da quanto trovato nel telefono in suo possesso. Per il resto aspetteremo la lettura della sentenza e valuteremo cosa fare».

Sul caso è intervenuto il parlamentare di Sinistra italiana, Erasmo Palazzotto: «Che ci siano voluti più di tre anni per accorgersi che il cittadino eritreo arrestato nel 2016 non fosse il capo dei trafficanti Mered è un fatto gravissimo. Non solo per la lesione dei diritti di un cittadino straniero che per tre anni si è trovato in carcere, ma soprattutto per la preoccupazione sulla nostra capacità di contrastare realmente il traffico di esseri umani. Già nel 2017 presentai un’interrogazione per denunciare lo scambio di persona».

Per poi sottolineare: «Due anni fa chiesi anche in base a quali informazioni le nostre forze dell’ordine si fossero fidate delle autorità sudanesi, che hanno sempre coperto i veri trafficanti di esseri umani. La sentenza è anche una lezione al nostro governo: invece di criminalizzare le ong, dovrebbe preoccuparsi di contrastare i veri trafficanti che sono coperti da governi conniventi come quello sudanese e quello libico, con cui invece continua a stringere accordi fornendo mezzi navali e addestramento».

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