Oltre cento violazioni del “fair play finanziario”. Sotto accusa sono finite soprattutto le cosiddette sponsorizzazioni gonfiate, in un’indagine della Premier League che parte dai bilanci del 2009. Il Manchester City è entrato ufficialmente in una bufera. E non ci sono certezze che ne uscirà indenne, anzi.

Esiste per il club inglese, campione in carica in Premier, il rischio di una penalizzazione e addirittura, in caso di pene estreme, della retrocessione in Championship, la seconda serie inglese. Le notizie che sono arrivate oggi dall’Inghilterra fanno presagire che per il club allenato da Pep Guardiola sia solo l’inizio di un incubo. Il Times ha delineato i contorni dell’inchiesta: le accuse riguardano informazioni finanziarie relative a entrate (in particolare sponsor), dettagli sugli stipendi di allenatori e giocatori, regolamenti Uefa, redditività, sostenibilità e cooperazione con le indagini della Premier League. L’indagine sarà ora affidata a una commissione indipendente.

Il City è uno dei 12 club, sicuramente quello più importante e che ha investito di più sul mercato (ben oltre un miliardo di euro speso sul mercato nell’ultimo decennio), del pacchetto di società disseminate in ogni angolo del globo che fa capo al City Football Group, ricchissimo fondo di private equity. Un brand globale che intercetta il dinamismo delle economie locali, soprattutto dei paesi in crescita economica: con questa visione il fondo che presiede il City è diventato un colosso, consentendo alla squadra di Guardiola di diventare un gigante del calcio europeo. Operazioni economicamente ardite, ingaggi stellari, ricavi infiniti dagli sponsor dagli Emirati Arabi Uniti. Quest’ultimo aspetto è stato la molla che ha spinto la Premier a un’inchiesta durata cinque anni, dopo le rivelazioni di Football Leaks.

La Premier ha fatto sapere che al club viene imputato di non aver fornito un’informazione finanziaria accurata, “in particolare per quanto riguarda le sue entrate (comprese le entrate di sponsorizzazione), le sue parti correlate e i suoi costi operativi”. Il City è anche accusato di non aver diffuso in maniera totalmente trasparente i costi relativi alle retribuzioni (tra le carte, il contratto con l’ex allenatore dei Citizens, l’attuale ct dell’Italia, Roberto Mancini), di non aver rispettato il Fair Play Finanziario dell’Uefa, di aver violato le norme relativi al profitto e alla sostenibilità e di non aver collaborato con la Premier nelle indagini.

Insomma, la Premier ci dice che il City non ha rispettato i parametri del Fair Play Finanziario, ma che qualcosa non tornasse sui conti del City se ne era accorta la stessa Uefa, senza mai incidere con il bisturi: una multa da 60 milioni di dollari nel 2014 (come il Psg) e rosa ridotta in Champions League a 21 calciatori per due stagioni. Nel 2020 era invece arrivata la punizione-stangata, l’esclusione dalla Champions League per gravi violazioni delle regole di monitoraggio delle finanze del club inglese. Ma poi il Tribunale di Losanna ha cambiato lo scenario: il City non avrebbe mascherato i suoi contratti di sponsorizzazione. Ora quei contratti sono il punto centrale delle accuse al City dalla Premier League.

Il club inglese si è detto stupito, pronto a collaborare, fiducioso che il caso si chiuda rapidamente. C’è da chiedersi come reagirà Guardiola: lo spagnolo in un’intervista a The Athletic dello scorso maggio, spiegò di aver chiesto al club se vi fossero mai state delle violazioni di carattere finanziario, aggiungendo che avrebbe lasciato la panchina se i dirigenti del City gli avessero mentito, come ricordato dalla stampa britannica in queste ore. L’addio al City è già quotato dalle agenzie di scommesse.