Giuseppe Conte passa la giornata tra una conferenza stampa alla stampa estera e la presentazione del nuovo libro di Goffredo Bettini. Tra le domande dei cronisti stranieri e il confronto con la personalità del centrosinistra che più ha scommesso sulla sua svolta «progressista» (vietato dire «sinistra» in casa Conte), il leader del Movimento 5 Stelle deve fare i conti con l’eterna questione della collocazione della sua forza politica. Quando, a palazzo Grazioli, gli chiedono se pone dei paletti alle future maggioranze europee per la nuova commissione, Conte dice chiaramente il M5S «si è evoluto» e che non vuole avere a che fare con le forze «reazionarie» dell’estrema destra, anche perché spiega ai corrispondenti europei che i «valori progressisti» ormai li ha fatti scrivere anche nel nuovo statuto pentastellato.

ALLORA, IN QUALE gruppo entreranno? L’avvocato sembra avere ben presente il rischio: negli scorsi cinque anni la storia degli eletti nelle liste 5 Stelle al parlamento europeo è stata una parabola discendente, dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Partirono dall’Italia in quattordici, sono arrivati a fine legislatura in cinque. Cominciarono giocando un ruolo determinante nella maggioranza a Ursula Von Der Leyen in nome del Green New Deal, hanno finito con la presidente della commissione «più impegnata nella transizione militare che in quella ecologica» (questo il duro giudizio di Conte). Il rischio, insomma, è restare relegati tra i senza gruppo (collocazione che significa meno finanziamenti, posti e occasioni di parola durante i lavori). I neo-eletti finirebbero all’angolo, per sparire nel mare magnum dei palazzi di Strasburgo e Bruxelles. Conte ricorda delle trattative in corso con i Verdi, che al momento non sono approdate a nulla. Ma ai dubbi di questi ultimi adesso l’ex premier risponde rinfacciando le posizioni ultra-atlantiste dei Grünen tedeschi.

SI VOCIFERA di un abboccamento con i rossobruni dell’ex Linke Sahra Wagenknecht, ma non è detto che un partito nato in nome della difesa della classe operaia bianca e dei ceti medi tedeschi possa andare a genio ai 5S, soprattutto perché è molto diffondente nei confronti delle tematiche ambientaliste. Eppure alcuni sospettano che una certa postura trasversale (enfasi su diritti sociali e al tempo stesso sciovinismo) di Wagenknecht potrebbe scaldare i ricordi delle origini del «né di destra né di sinistra» della stagione di Casaleggio. Conte se la cava in questo modo: «Decideremo dopo il voto». Poi lancia una proposta di legge per rendere incompatibile la candidatura alle europee con il seggio al parlamento o un posto di governo.

IN SERATA, DAVANTI a Bettini e a una platea in cui è rappresentata tutta la sinistra romana con qualche fuori categoria (Gianni Letta) e un drappello di parlamentari grillini capitanati dalla vicepresidente Paola Taverna, Roberto Gualtieri, che con Conte fu ministro dell’economia, ricorda il governo giallorosso che ha ottenuto il Pnrr, misura «necessaria ma che sembrava impossibile». Il sindaco di Roma dice proprio in chiave elettorale che non bisogna temere di rivendicare le gesta del Conte 2, regalando all’ex premier quella stagione che rappresentò il capovolgimento del modo in cui veniva vista l’Unione europea. Più tardi, il padrone di casa Bettini (raro caso di autore del libro presentato che fa anche da moderatore, il che fa sembrare tutto una specie di interrogazione a scena aperta) parlerà del secondo governo di Conte come del governo «più progressista della nostra Repubblica».

CONTE SI FA un po’ trascinare, dice che avrebbe voluto conoscere Pietro Ingrao («radicale, intransigente e sognatore») e assicura il massimo impegno verso il campo largo. Poco prima, Francesco Rutelli aveva detto che l’eredità vera di Silvio Berlusconi è stata quella di «tenere insieme coalizioni con differenze abissali senza mettere in discussione alleanza». Per Rutelli, i progressisti non sono autosufficienti. Poi cita Tayllerand, che dopo il rientro dei monarchici in seguito alla restaurazione disse «non hanno imparato nulla, non hanno dimenticato nulla»: «Noi invece abbiamo imparato poco ma abbiano dimenticato moltissimo». «Non mettiamo in discussione né la nostra collocazione né la prospettiva di un impegno unitario in particolare con il Pd – assicura Conte – Ma dobbiamo descrivere una traiettoria politica piena di contenuti, che deve nascere da un dialogo che non ho mai messo in discussione. Veniamo da due contesti completamente diversi la traiettoria del Pd è complicata da eredità irrisolte. Avete una grande tradizione teorica che poi ha incrociato una catastrofe culturale. Il M5S invece nasce dal basso in maniera spontanea e adesso sta cercando di dotarsi di un pensiero. Ma non dovete accusarci di opportunismo quando viene fuori la nostra radicalità».