Il Green Deal con il freno a mano
Europa

Il Green Deal con il freno a mano

Verso le elezioni europee Nella Ue il tempo stringe sul clima. Il 20 giugno c’è il Consiglio ambiente e il 30 scadono i tempi per i 27 per aggiornare i rispettivi piani climatici e sull’energia
Pubblicato più di un anno faEdizione del 25 maggio 2023

Non solo immigrazione. Le grandi manovre di avvicinamento tra il Ppe (destre classiche) e i sovranisti (destra estrema), nella prospettiva delle prossime elezioni europee (6-9 giugno 2024), passano anche dal freno alle leggi di difesa dell’ambiente e della lotta al cambiamento climatico. L’ultimo esempio è la bocciatura, al parlamento europeo nella commissione parlamentare Agri, del testo della Commissione sul recupero degli ecosistemi degradati (20% entro il 2030, tutti entro il 2050), fermato da 30 voti contro 16, grazie all’intesa delle destre.

Dopo la concordanza di vedute sulle restrizioni all’immigrazione – ultimo episodio in Francia, dove Les Républicains hanno presentato un progetto fotocopia di quello del Rassemblemnt national, che ora chiede i “diritti d’autore” – i regolamenti sull’ambiente stanno diventando un nuovo campo di intesa.

Di recente, ci sono state avvisaglie preoccupanti in alcuni paesi membri: il 15 marzo scorso, il voto locale nelle 12 province dell’Olanda, ha portato in testa il partito Bbb (movimento agricolo-contadino) guidato da Caroline van der Plas, che difende il “buon senso” della popolazione “strangolata dallo stato” e dalle norme sempre più esigenti in materia ambientale.

In Olanda la protesta è contro il “piano azoto”, che per rispettare il programma Ue di riduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 prevede una diminuzione dell’allevamento bovino. Una protesta analoga sta crescendo in Francia, dove la Corte dei conti valuta all’11,8% il peso delle emissioni di Co2 dell’allevamento (pari a quello del parco edilizio) e propone una «strategia di riduzione coerente con gli obiettivi climatici». Da cui la levata di scudi della Fnsea, il principale sindacato agricolo francese.

Nella Ue il tempo stringe sul clima. Il 20 giugno c’è il Consiglio ambiente e il 30 scadono i tempi per i 27 per aggiornare i rispettivi piani climatici e sull’energia, in conformità con il Green Deal, varato nel 2019, che prevede la neutralità climatica per il 2050.

È in corso l’ottavo programma di azione per l’ambiente, con 6 obiettivi: diminuzione rapida del Co2, adattamento al cambiamento climatico, economie d’energia, net zero per l’industria, difesa della biodiversità. Ma adesso c’è una corsa a spingere sul freno, per timore che i populisti si avvantaggino del malumore che serpeggia tra le popolazioni. Tutti hanno in mente la rivolta dei gilet gialli, una crisi causata da decisioni fiscali mal concepite, applicate in modo universale e quindi ingiuste socialmente.

C’è inoltre un non paper (non ufficiale) per allungare i tempi di applicazione delle norme Euro 7 per tutti i veicoli (nel 2025 per le auto, nel 2027 per autobus e camion). C’è già stata maretta sull’uscita dai motori a combustione nel 2035, dove sono stati riaperti i negoziati anche se c’era stato un previo accordo a tre (Commissione, Consiglio, Parlamento), grazie alla decisiva spinta della Germania.

Sull’onda, la Francia la scorsa settimana ha bloccato la direttiva sulle energie rinnovabili (in nome del nodo irrisolto del ruolo del nucleare). Emmanuel Macron l’11 maggio ha chiesto «una pausa» dei regolamenti europei: adesso è il momento di «eseguire» ha detto, non di cambiare le regole (pensando alle elezioni europee, per chiudere prima che nasca il dibattito su un Green Deal 2).

Una «frase infelice che non traduce quello che la Francia fa», ha cercato di correggere Pascal Canfin, eurodeputato Renew alla testa della commissione Envi (ambiente). Ma lunedì, il primo ministro belga Alexander De Croo, ha fatto eco a Macron: bisogna «schiacciare il tasto pausa» sui regolamenti europei sulle norme ambientali, perché c’è «il rischio di perdere l’opinione pubblica sull’agenda green». In ballo ci sono le norme per l’applicazione del Green Deal, confortato dalla legge clima del 2021.

In Francia un rapporto di Jean Pisani-Ferry valuta a 70 miliardi di euro l’anno i finanziamenti necessari perché Parigi rispetti il Green Deal. L’economista propone una “patrimoniale verde” (oltre a un aumento del debito): «La transizione è spontaneamente ingiusta». Il governo oscilla, il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, rifiuta aumenti di tasse (e di debito) mentre per il responsabile dell’Ambiente, Christophe Béchu, l’imposta ai più ricchi «non è un tabù».

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