Il grande paradosso del diritto d’autore
Maboroshi Chiunque abbia avuto a che fare almeno una volta con le leggi sul diritto in d'autore in Giappone, sa di addentrarsi in un ginepraio...
Maboroshi Chiunque abbia avuto a che fare almeno una volta con le leggi sul diritto in d'autore in Giappone, sa di addentrarsi in un ginepraio...
Chiunque abbia avuto a che fare almeno una volta con le leggi sul diritto d’autore in Giappone, specialmente quelle relative al cinema, sa che, nella maggior parte dei casi, è come addentrarsi in un vespaio senza via d’uscita. Spesso, sia il governo giapponese che le grandi case di produzione cinematografiche interpretano ed applicano la legge sul diritto d’autore in maniera alquanto rigida. Il Fair Use per l’uso delle immagini, in testi accademici e non, praticamente non esiste nell’arcipelago, così come è pressoché inesistente, per le stesse ragioni, una produzione cinematografica basata sull’uso di immagini d’archivio.
Negli ultimi mesi, queste leggi sul diritto d’autore hanno creato una sorta di spirale apparentemente senza via d’uscita, che ha dato il là ad una corsa contro il tempo per salvare un’importante fetta del patrimonio culturale visivo giapponese. Ma andiamo con ordine. Nel novembre dell’anno scorso era stato annunciato che il Tokyo Genzosho (Tokyo Laboratory), compagnia satellite della Toho e specializzata nello sviluppo e produzione di pellicole, avrebbe sospeso le sue attività.
FONDATA nel 1955 la sua chiusura è il sintomo di un più vasto movimento sismico nell’industria cinematografica contemporanea, mondiale e non solo giapponese quindi, che sempre di più si appoggia alla distribuzione, proiezione e conservazione dei lavori in formato digitale, sia per produzioni per il piccolo che per il grande schermo. A un anno di distanza, il Tokyo Laboratory ha reso noto che, dato il suo smantellamento, sarà costretto a privarsi e distruggere tutti i negativi in suo possesso, a meno ché questi non vengano reclamati da coloro che ne detengono i diritti. Si tratta di un enorme numero di pellicole, più di ventimila, che comprende lavori per la televisione come telefilm o serie animate, lungometraggi, sia live-action che animazioni, ma anche pubblicità per piccolo schermo, video industriali e documentari.
IL PERIODO coperto da questa produzione è anch’esso vasto, si va dagli anni cinquanta del secolo scorso fino ai primi di questo nuovo millennio. La situazione è tragicamente paradossale, infatti si è arrivati a questo punto anche a causa di una legge per i diritti d’autore che in Giappone offre, come si scriveva in apertura, pochissime flessibilità. In un’intervista rilasciata alla testata Fnn, uno dei responsabili delle attività del Tokyo Laboratory ha spiegato meglio questa intricata situazione. La compagnia ha cominciato a restituire i negativi solo a chi ne detiene ancora i diritti e si è fatto avanti.
Se le aziende cinematografiche o qualunque altra compagnia una volta proprietarie dei film sono cioè fallite o non sono più, per vari motivi, rintracciabili, le stesse pellicole non possono essere donate a terzi in quanto Tokyo Laboratory non ne è il proprietario. La compagnia ha infatti funzionato in tutti questi anni anche come un grande deposito che molte case di produzione o addirittura singoli individui (specialmente registi indipendenti) hanno usato come magazzino dove conservare le loro pellicole. Il Tokyo Laboratory sarebbe più che felice di salvare e preservare tutto questo materiale visivo, preferibilmente donandolo ad istituzioni all’avanguardia nel settore quali il National Film Archive of Japan a Tokyo o il Kobe Planet Film Archive. Purtroppo questo non è possibile, in quanto il passaggio deve essere approvato dai detentori dei diritti. La fine di tutte le pellicole di cui non verranno trovati i proprietari sarà il macero e la data fissata per la distruzione di questi ventimila negativi è la fine di questo mese.
matteo.boscarol@gmail.com
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