Le disposizioni previste dal decreto legge n. 20 del 2023, adesso approvato dal Senato, appaiono ben distanti dall’obiettivo conclamato nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio dei ministri a Cutro. Non si offre alcuna alternativa a coloro che sono costretti a tentare la via dell’attraversamento del Mediterraneo.

Per fare ingresso in Italia, e c’è il rischio che, con gli accordi con i paesi terzi, e con le loro guardie costiere, si peggiori significativamente la condizione dei potenziali richiedenti asilo in transito in quei paesi, che potrebbero essere soggetti a procedure indiscriminate di respingimento e di espulsione collettiva. Come si sta verificando in questi ultimi mesi proprio in Turchia, in Libia, soprattutto nella parte orientale, ed in Tunisia.

MENTRE, ALL’OMBRA dei servizi segreti, si intrecciano connessioni criminali in continua evoluzione, che raggiungono i livelli più elevati delle autorità di governo. Come è provato nel caso di diverse autorità libiche, quando non si finisce per agevolare l’involuzione autoritaria come è accaduto in questo periodo nel caso della Tunisia.

Il maggior ruolo che si vorrebbe attribuire in questi paesi all’Unhcr (l’Organismo dei diritti umani dell’Onu) trascura la circostanza che, sia in Libia che in Tunisia, non vi sono tutele effettive per chi cerca protezione. Al centro del dibattito politico si è imposta la questione della cancellazione della protezione speciale, per un ritorno al decreto sicurezza Salvini del 2018, mentre è rimasto sullo sfondo il fallimento della politica estera del governo Meloni che, dopo il suo insediamento, con diverse quanto propagandate missioni diplomatiche, aveva incontrato le principali autorità degli Stati della sponda sud del Mediterraneo, per chiedere una collaborazione ancora più intensa nelle attività di blocco delle partenze, che invece sono proseguite e si sono intensificate in modo esponenziale rispetto agli anni passati.

REGIMI SPECIALI di protezione sono peraltro previsti dalla Direttiva rimpatri n. 2008/115/CE, art 6.4) nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea, anche in base alla c.d., dall’art. 6, co. 5, lett. c, del Codice frontiere Schengen – Regolamento 2016/399 -, dall’articolo 17(2) del Regolamento Dublino 2013/604, come si può verificare, in almeno 20 dei 27 Stati membri (Austria, Cipro, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria).

Da questo punto di vista, la legislazione europea non è certo «preistorica» ma viene da un tempo, anche recente, in cui i diritti umani costituivano ancora un limite per le politiche statali di contrasto dell’immigrazione e dell’asilo. In particolare, secondo l’art. 6 comma 4 della Direttiva europea 2008/115/CE, «In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare».

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La presidente del Consiglio Meloni ed i suoi ministri non possono continuare a ignorare queste previsioni. L’abrogazione quasi totale della protezione speciale riporta indietro le lancette dell’orologio, e ripropone gli stessi dubbi di costituzionalità, sollevati nel 2018 anche dalla Presidenza della Repubblica, che si era opposta alla cancellazione della protezione umanitaria, che poi veniva in parte ripristinata, sotto la diversa denominazione di «protezione speciale», dal Decreto legge n.130 (Lamorgese) del 2020.

SECONDO LA COSTANTE giurisprudenza della Cassazione (in particolare a Sezioni Unite, 24 settembre 2019, n.29459) peraltro, la protezione umanitaria aveva natura di diritto soggettivo, e lo stesso potrebbe dirsi per la protezione speciale, «da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali garantiti dagli artt. 2 Cost. e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo», affermando la Corte che «tutti i tipi di protezione son ascrivibili all’area dei diritti fondamentali: non solo lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, ma anche la protezione umanitaria, avente carattere temporaneo e residuale» .

IN DIVERSE SENTENZE, con riferimento alla protezione umanitaria, ed alla sua copertura costituzionale, la Cassazione concludeva che in base all’art. 10 della Costituzione «Ciò che può essere definito per legge – e quindi l’ambito di discrezionalità che la Costituzione riconosce al legislatore – riguarda l’accertamento del diritto e l’individuazione delle modalità per il suo esercizio».

Principi che ora il Parlamento sta violando andando ben oltre le prerogative che sono da riconoscere al legislatore, nei limiti del rigoroso richiamo dell’art. 117 della Costituzione alla supremazia gerarchica delle norme internazionali.