Punto e a capo. Il video di Iolanda Apostolico alla manifestazione catanese per il caso Diciotti del 25 agosto 2018, grazie al quel Salvini ha riportato in auge la sua Bestia social, non è stato girato dalle forze dell’ordine. Di più: il carabiniere che si era autodenunciato ha ritrattato quanto aveva detto in precedenza, rilanciato persino dall’Arma stessa. Parole e musica del sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni.

«GLI APPROFONDIMENTI effettuati hanno escluso che detto materiale sia stato estrapolato dalla documentazione relativa ai servizi di ordine pubblico disposti in occasione della manifestazione», ha detto rispondendo a un’interrogazione di Riccardo Magi. E poi ancora, sul carabiniere che aveva detto di aver girato il video, pur senza allegarlo agli atti: «Il militare ha ritrattato le proprie affermazioni e nei suoi confronti sono in corso accertamenti finalizzati alla valutazione della rilevanza disciplinare della sua condotta. Dell’accaduto è stata informata la procura di Catania anche al fine di valutare ogni ulteriore aspetto della vicenda».

Torniamo dunque al punto di partenza: chi ha fornito a Matteo Salvini il video di Apostolico alla manifestazione del 2018? Dopo l’agguato social del vicepremier di filmati in cui si vede la giudice ne sono usciti altri, realizzati da agenzie e testate giornalistiche, ma quello diffuso dal leader della Lega è stato evidentemente girato da dietro il cordone di polizia che fronteggiava i manifestanti e, da altre immagini, sembrerebbe che a tenere in mano la telecamera fosse un uomo calvo, vestito con una polo blu e con uno zainetto sulle spalle. Lo stesso uomo che, in momenti diversi di quella giornata di proteste al porto di Catania e nei dintorni, si vede riprendere la folla salendo addirittura su un mezzo delle forze dell’ordine.

IL MISTERO RESTA FITTO, quasi insondabile, e va molto al di là delle polemiche che hanno coinvolto Apostolico e la sua partecipazione a una manifestazione pubblica che, è bene ricordarlo, fu imponente e, a distanza di tempo, si ricorda come la risposta di civiltà che l’intera città di Catania diede al governo Conte e al ministro degli Interni Salvini che tenevano da oltre una settimana 150 persone bloccate su una nave. «Quel video è orfano, è figlio di nessuno. Non è un video fatto dalle forze dell’ordine, secondo quanto ci ha risposto il ministro, e nemmeno dal carabiniere che in un primo momento, dopo 5 anni, il 6 ottobre, avrebbe detto a un superiore di essersi ricordato di aver fatto le riprese, salvo poi ritrattare dopo 2 giorni.

E ora stanno pensando, guardate un po’, se dargli o meno un provvedimento disciplinare», conclude Magi, che ricorda anche come l’altra sua domanda – sull’uso e la destinazione dei filmati realizzati dalle forze di polizia durante le manifestazioni – sia rimasta sostanzialmente inevasa. Vedremo cosa accadrà oggi pomeriggio, quando a rispondere sul caso sarà il ministro dell’Interno Piantedosi, sollecitato da un’interrogazione firmata da Verini e Rossomando del Pd.

INTANTO insorgono i sindacati di polizia. «Non è vero quanto sostenuto oggi dal sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni – attacca il Sim, il sindacato dei carabinieri che sta sostenendo anche le spese legali del collega finito nell’occhio del ciclone -. Il carabiniere non ha mai confessato ai suoi di aver girato e diffuso il video che mostrava la giudice Iolanda Apostolico ad una manifestazione a Catania. Né, dunque, avrebbe potuto ritrattare».

Anche altre sigle (Uil polizia, Adp, Snap, Anip e Spd) si associano poi alla lamentale per il comportamento del governo: «Quando in questo paese accade qualcosa che in qualche modo possa scalfire l’immagine del potente di turno, a farne le spese, come al solito, sono le donne e gli uomini delle forze dell’ordine, prediletti capri espiatori sulle cui spalle è comodo far cadere ogni colpa, ogni situazione imbarazzante che potrebbe danneggiare l’immagine di qualche dignitario».

È COSÌ che il tentato linciaggio di Salvini si risolve nel più incredibile degli autogol: i sindacati di polizia adesso ce l’hanno col governo.