Quando commenta la decisione presa dal Parlamento europeo il 14 febraio di mettere fuori gioco nel 2035 i motori endotermici, quelli che bruciano combustibili fossili, Matteo Salvini parla di «integralismo ideologico» (lo ha fatto la settimana scorsa in Senato). Dice addirittura che si tratta di «un suicidio dell’Italia e dell’Europa» che sarebbe anche «un regalo al gigante cinese». Il voto del Parlamento europeo, arrivato il 14 febbraio, in realtà è solo il punto finale di un percorso che tiene insieme l’esigenza di limitare i cambiamenti climatici e quelli legati alla salubrità dell’aria che respiriamo.

DA UNA PARTE, INFATTI, I TRASPORTI sono l’unico settore in cui le emissioni di gas serra sono aumentate negli ultimi tre decenni, con un incremento del 33,5% tra il 1990 e il 2019 in Europa; oggi il trasporto su strada rappresenta circa un quinto delle emissioni dell’UE e le autovetture sono uno dei principali inquinatori e rappresentano complessivamente il 61% delle emissioni totali di CO2 del trasporto stradale dell’Ue. Allo stesso tempo, secondo l’Agenzia ambientale europea, nel 2019 sono state ben 307.000 le morti premature dovute all’esposizione al particolato PM2.5, 40.400 all’esposizione cronica di NO2 (ossidi di azoto) e 16.800 all’ozono. I dati relativi a PM2.5 e NO2 sono direttamente collegati ai gas di scarico dei motori che bruciano benzina e diesel.

ECCO PERCHÉ, PUR TENTENNANDO, anche l’associazione europea dell’industria dell’auto, Acea, ha dato il lasciapassare alla proposta che spinge verso l’auto elettrica tutta l’Europa, dopo che già nel novembre del 2021 – dopo l’avvio dell’iter legislativo – aveva ricordato che «i costruttori di veicoli dell’Ue si sono impegnati a ridurre le emissioni di CO2 a zero sostenendo l’obiettivo dell’Europa di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050».

NON È FANTASCIENZA, del resto, quello che chiede l’Europa. Nel 2022 il mercato dei veicoli elettrici a batteria ha raggiunto il 12,1% del totale dei veicoli immatricolati, tre punti percentuali in più rispetto al 2021. Se a queste si aggiungono anche le vetture ibride plug-in, cioè ricaricabili, che coprono il 9,4% del mercato, il dato complessivo delle auto con la presa supera quello delle auto diesel immatricolate, che sono il 16,4% del totale. Tra gennaio e settembre 2022 in Europa sono state immatricolate oltre un milione di auto elettriche. È vero che in Cina il mercato corre di più (+89,4% nello stesso periodo, contro il 25,7% in Europa), ma è anche vero che ci sono Paesi, come il nostro, che stanno remando contro, con un mercato sostanzialmente fermo o addirittura in discesa.

DI FRONTE ALLA DECISIONE DEL PARLAMENTO europeo, Acea lamenta semmai che i governi non riescono a stare al passo con gli eventi: «Gli investimenti dell’industria automobilistica in veicoli a ricarica elettrica stanno superando di gran lunga gli investimenti in infrastrutture. Ad esempio, sebbene il numero di punti di ricarica sia punti di ricarica sia raddoppiato tra il 2017 e il 2020, le vendite di auto a ricarica elettrica sono cresciute di oltre sei volte nello stesso periodo».

Il problema, quindi, è che ad oggi quasi il 50% di tutti i punti di ricarica per auto elettriche sono concentrati in soli due Paesi dell’Ue – Paesi Bassi (90.000 caricatori) e Germania (60.000) – che però rappresentano meno del 10% dellintera superficie dell’Ue, e che per raggiungere la riduzione di CO2 del 55% proposta per le autovetture come obiettivo intermedio al 2030 sarebbero necessari 6,8 milioni di punti di ricarica pubblici in tutta l’Ue, il che significa che la crescita dovrebbe essere di oltre 22 volte in meno di 10 anni.
HA RAGIONE JAN HUITEMA, relatore del provvedimento al Parlamento europeo, olandese, a specificare che la decisione presa in plenaria (il testo non è ancora disponibile sul sito dell’Europarlamento), «incoraggia la produzione di veicoli a zero e basse emissioni. Contiene una revisione ambiziosa degli obiettivi per il 2030 e un obiettivo a zero emissioni per il 2035, fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Questi obiettivi creano chiarezza per l’industria automobilistica e stimolano l’innovazione e gli investimenti delle case automobilistiche. L’acquisto e la guida di auto a emissioni zero diventeranno più economici per i consumatori e il mercato dell’usato emergerà rapidamente. Questo rende la guida accessibile a tutti».

LE CASE AUTOMOBILISTICHE LO SANNO. Stellantis (ex Fiat), non avendo perso la sua storica vocazione a farsi rimpinguare le casse dallo Stato, sta impostando il percorso affinché il 100% delle vendite in Europa e il 50% delle vendite negli Stati Uniti siano veicoli elettrici a batteria (BEV) entro la fine di questo decennio. Non è la sola ad intraprendere questa strada. Il 50% del volume di vendite di Volvo Cars sarà completamente elettrico entro il 2025; Nissan entro il 2026 intende arrivare a vendere il 75% di veicoli elettrici in Europa, il 55% in Giappone, il 40% ne nella temibile Cina. Anche Ford e Bmw hanno un target elettrico fissato al 50% nel 2030.

PRODURRE VEICOLI ELETTRICI, tra l’altro, diventa ogni anno più conveniente: «I costi delle batterie per veicoli elettrici dovrebbero ridursi di oltre il 40% dal 2020 al 2024 e di un ulteriore 20% entro il 2030» promette un documento di Stellantis. Nel frattempo, aumenta anche la capacità delle batterie, in termini di autonomia e durata. La decisione presa a Bruxelles non obbliga tutti noi a guidare solo auto elettriche dal 2035. In un approfondimento dedicato a domande frequenti e risposte, il Parlamento spiega che potremmo continuare a guidare le nostre auto.

«Le nuove regole non significano che tutte le auto in circolazione dovranno produrre zero emissioni di CO2 entro il 2035. Queste regole non riguardano le auto esistenti. Se si acquista un’auto nuova adesso, la si può guidare fino alla fine del suo ciclo di vita. Ma poiché la vita media di un’auto è di 15 anni, dobbiamo iniziare nel 2035 per puntare ad avere tutte le auto a zero emissioni di CO2 entro il 2050».
GLI IRRIDUCIBILI, QUELLI CHE COME MATTEO Salvini amano fermarsi alle pompe di benzina per pagare in contanti, potranno addirittura acquistare auto usate alimentate da combustibili fossili, anche dopo il 2035. «Tuttavia, il costo totale di proprietà – carburante, manutenzione, acquisto e assicurazione – potrebbe aumentare» avverte il Parlamento europeo. A Salvini non resta che leggere lo studio lasciato in eredità dal suo predecessore, Enrico Giovannini, che però guidava un ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile. A febbraio 2022 presentò il rapporto Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità, coordinato da Carlo Carraro, professorr di Economia ambientale alla Ca’ Foscari di Venezia. Punto chiave c’è la «conversione verso l’elettrico del parco dei veicoli per il trasporto su gomma passeggeri (privato e pubblico) e merci».