Internazionale

Il governo del Donbass ordina l’evacuazione di tutti i civili

Il governo del Donbass ordina l’evacuazione di tutti i civiliEsercitazioni dell'esercito ucraino a Donetsk – Vadim Ghirda/Ap

Ucraina, sul filo del rasoio Autobomba in centro a Donetsk. L’Osce: tregua violata da ribelli ed esercito ucraino

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 19 febbraio 2022

Visto lo scambio di proiettili e di accuse degli ultimi giorni, le autorità della città ribelle di Donetsk hanno deciso di evacuare gran parte dei civili poche decine di chilometri a est, oltre il confine con la Russia, e hanno anche chiesto agli uomini in grado di farlo di prendere le armi e di restare per difendere quel che le donne e i bambini devono lasciarsi alle spalle. Punti di raccolta si trovano da ieri in ogni quartiere. I primi profughi sono partiti in serata, diretti a Rostov: spettano loro una razione di cibo per il viaggio, un kit per l’igiene, un alloggio temporaneo e diecimila rubli a testa, poco più di cento euro.

NELLE STESSE ORE un’auto è saltata in aria di fronte al palazzo del governo. A quanto sembra apparteneva al capo della milizia locale, un tale di nome Denis Sinenkov. Forse è stato un incidente. Forse qualcuno ha usato il caos per regolare conti in sospeso, com’è accaduto più volte in passato. O forse ancora, e questa è l’ipotesi più preoccupante, è stata una di quelle «provocazioni» che tutti oramai si aspettano, e di cui tutti si accusano in anticipo a vicenda.

IL LEADER POLITICO di Donetsk, Denis Pushilin, ha parlato dell’evacuazione in un messaggio trasmesso sui social network. «Quando il nemico bombarda – ha dichiarato – dobbiamo pensare alla vita e alla salute dei nostri cittadini». Pushilin ha quarantuno anni e guida la città dal 2018. Il suo predecessore è stato ucciso da una esplosione mentre era seduto in un ristorante da pochi rubli. L’anno scorso Pushilin ha ricevuto la tessera di Russia Unita, il partito che sostiene il capo del Cremlino, Vladimir Putin. Alle sue spalle, nel video, le bandiere di Donetsk e della Russia.
Con il termine «nemico» il presidente della repubblica autonoma intendeva l’esercito ucraino, che ha forze ingenti lungo il fronte visti gli aiuti militari ricevuti dalla Nato, ma ha respinto ieri qualsiasi responsabilità. «Le nostre azioni sono puramente difensive», ha detto il comandante in capo delle forze armate regolari, Valery Zaluzhny: «Rispetteremo rigorosamente gli accordi di Minsk e le norme del diritto umanitario internazionale». Sta di fatto che per tutto il giorno i due eserciti hanno dato fondo alle munizioni. Gli ucraini hanno denunciato attacchi dei ribelli sin dalla mattina. Secondo quelli di Donetsk i bombardamenti sul loro territorio sono stati almeno trenta. L’Osce registra da giorni centinaia di violazioni del cessate il fuoco. Non è la guerra, ma la tensione militari non era così alta dal conflitto del 2014.

IL PERICOLO DI UNO SCONTRO su larga scala esiste davvero? Da Mosca Putin in persona è intervenuto per dire che «la situazione sta peggiorando». Nei giorni scorsi ha usato nella stessa frase le parole «Donbass» e «genocidio»: sarebbe un riferimento al lessico degli Stati uniti prima di riconoscere l’indipendenza autoproclamata dalla Serbia contro il diritto internazionale del Kosovo.
Una richiesta della Duma per fare lo stesso con Donetsk e Lugansk si trova da martedì sulla sua scrivania. Il via libera farebbe salire le possibilità di un intervento militare. Per adesso Putin ha detto di preferire la soluzione diplomatica, che passa attraverso gli accordi di Minsk che l’Ucraina ha firmato e ratificato nel 2015, ma che sinora ha rifiutato di applicare.

L’INCERTEZZA GENERATA dal rifiuto è uno degli elementi su cui i russi hanno basato l’aumento delle truppe al confine. Secondo gli Stati uniti gli uomini sarebbero adesso 190.000, trentamila in più rispetto a un mese fa. Putin quest’oggi osserverà esercitazioni militari che comprendono il lancio di missili balistici intercontinentali. Dalla crisi la Russia vuole un nuovo accordo sulla sicurezza con gli Stati uniti, e per ottenerlo intende tenere alti i toni. «Siamo pronti a negoziare, se le nostre richieste saranno ascoltate» ha ribadito ieri Putin.

A UN INCONTRO CON il capo della Casa Bianca, Joe Biden, lavora anche il premier italiano, Mario Draghi, chiamato ieri da Putin e atteso a Mosca la settimana prossima. Intanto ieri la Russia ha annunciato che oggi effettuerà, «sotto supervisione del presidente Vladimir Putin», manovre delle sue «forze strategiche», con il lancio di missili balistici e da crociera, che si terranno in aree della Russia occidentale e meridionale, lontano dalla linea del fronte.
Inteso quel che vuole Putin, resta adesso da capire che cosa voglia Biden. Ormai è del tutto evidente che gli allarmi su una «guerra imminente» lanciati negli ultimi mesi non rispondono tanto a prove concrete, quanto a piani politici. Il dipartimento di Stato ha definito ieri «cinica e crudele» l’evacuazione dei civili da Donetsk. Eppure è stato proprio il capo della diplomazia, Antony Blinken, a parlare soltanto ventiquattro ore prima del rischio che in un eventuale conflitto siano usate anche armi chimiche.

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