Il messaggio su whatsapp arriva all’improvviso. Talmente inaspettato che devo rileggerlo più volte per essere sicuro di aver capito bene. “Figata la partita”, butta lì una mia figlia adolescente, costringendomi a fare più volte mente locale per accertarmi che la partita di cui si parla è la stessa che avevo previsto di vedere, da solo in tribuna stampa, un paio d’ore dopo.

Roma-Barcellona, quarti di finale di Champions League femminile. Stadio Olimpico.

Sì, la partita è la stessa. E in un tiepido martedì lavorativo di marzo sarà la partita di calcio femminile più vista della storia italiana: 39.454 spettatori e spettatrici in un’arena iconica come l’Olimpico di Roma.

Chiedo, prudentissimo, se le figlie vogliono venire allo stadio con me. Il 99% delle volte infatti un padre di adolescenti equivoca e rimbalza su un fermo rifiuto a fare qualsiasi cosa insieme. La risposta è serena: “Sì dai, andiamo”.

Quarti di finale di Champions League femminile, Roma-Barcellona, la partita di calcio femminile con più spettatori della storia italiana, foto Uefa via Getty Images

E così, all’improvviso, tra questi 39.454 spettatori ci saranno anche le mie figlie, che mai e poi mai hanno pensato di andare a una partita con me e anzi, al contrario, mi guardano con un sornione sguardo di commiserazione ai limiti della pena ogni maledetta domenica.

Butto l’accredito (grazie lo stesso, Roma) e mi precipito sul sito a comprare i biglietti, la partita inizia tra un’ora e mezza appena. 5 euro ciascuno e la prima volta allo stadio è fatta. In curva Sud, la culla del tifo romanista.

Le capitane del Barcellona (Paos) e della Roma (Bartoli) al fischio d’inizio, foto Uefa via Getty Images

Racconto questa piccola vicenda familiare, rompendo il tabù del giornalismo in prima persona, perché mi pare possa aiutare a spiegare il crescente interesse che il calcio femminile inizia a riscuotere anche in Italia. La semplicità con cui ormai guardare calciatrici non è più una cosa ai confini della realtà. Anzi, per le ragazze, cito, “è una figata”.  Le giocatrici iniziano a essere conosciute e rispettate e lo sport incrina finalmente anche uno dei più “sacri” tetti di cristallo. Il calcio. In Italia.

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So che quello che è accaduto a me si è ripetuto identico nei giorni scorsi in tante case romane e italiane. Padri e madri allo stadio con figli e figlie è una cosa piuttosto rara.

Certo hanno contato i prezzi popolari o il breve concerto nell’intervallo di Noemi e Carl Brave. Ma ha contato di più la creazione dell’evento, la scommessa di portare quella partita allo stadio Olimpico e non nel minuscolo Tre Fontane dove la Roma femminile è solita giocare in campionato o addirittura a Latina, stadio omologato per l’Europa (Sì, la Roma gioca la Champions a… Latina).

E’ stato dato Urbi et orbi il sigillo della pari dignità tra giocatori e giocatrici, con la giunta capitolina e i papaveri del Coni in tribuna d’onore per questa prima assoluta.

Camelia Ceasar, As Roma Women
“Sappiamo che a Roma l’entusiasmo è grande, però per noi è qualcosa di nuovo. Si può provare ad immaginare, però una volta che ci sei dentro dici: “Cavolo, dove sono…”. Quando siamo scese in campo abbiamo sentito brividi ovunque. Grazie davvero a tutti per questa esperienza”.

In Italia il calcio femminile è entrato nel professionismo soltanto da pochi mesi. E la strada è ancora lunghissima.

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Ma il Barcellona è la squadra femminile più forte del mondo e nel campionato spagnolo finora le ha vinte tutte. Non ha mai perso e neanche pareggiato.

Paralluelo (Barcellona) e Bartoli (Roma) in campo all’Olimpico, foto Matteo Ciambelli/DeFodi Images via Getty Images

Sul campo, la Roma perde “soltanto” 1-0 e le grandi parate della portiera Ceasar e un salvataggio sulla linea di Linari impediscono un passivo maggiore. Però le giallorosse sfiorano più volte il pareggio nel secondo tempo, arrivando a un centimetro dal sogno.

La serata è stata lo stesso perfetta.

Sugli spalti, tifosi e tifose di Roma e Barcellona siedono in ordine sparso, uno accanto all’altro, perfino in curva Sud.

La Roma femminile si carica prima della partita, foto Uefa via Getty Images

Sul prato il gioco è meno spezzettato, pochi falli, più lento e soprattutto più comprensibile per i neofiti (e le neofite) di quello maschile. Più fluido, e chissenefrega degli errori tecnici. La palla e le giocatrici corrono senza risparmio.

L’atmosfera, emozionante e festosa, è esattamente opposta a quella isterica e allucinatoria del derby Lazio-Roma di pochi giorni prima, funestato da risse in campo e vergognosi cori antisemiti dalla curva laziale.

Sembra un altro sport ma è lo stesso sport. Un calcio dal volto umano, in cui è più facile riconoscersi. Le sportive in campo non sono (ancora) star ma atlete che ce la stanno mettendo tutta e in cui è facile identificarsi e a cui è bello affezionarsi. Non a caso alla fine, nonostante la sconfitta, lo stadio pretende il giro d’onore delle giallorosse. Se lo meritano. Loro e tutte le calciatrici.

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La gallery della partita, foto Getty Images

Errata Corrige

Per errore, in una versione precedente dell’articolo era scritto che la partita era l’andata degli ottavi di finale. Non è così: erano i quarti di finale. Ci scusiamo con lettori e lettrici.