Il giurista albanese Erjon Hitaj: «L’intesa Roma-Tirana ha problemi procedurali»
Erjon Hitaj
Europa

Il giurista albanese Erjon Hitaj: «L’intesa Roma-Tirana ha problemi procedurali»

Intervista Il docente si è laureato in scienze politiche e legge all’università La Sapienza di Roma, dove ha anche conseguito un dottorato in diritto internazionale. Oggi dirige il dipartimento di giurisprudenza dell’università di Valona
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 15 dicembre 2023

Erjon Hitaj si è laureato in scienze politiche e legge all’università La Sapienza di Roma, dove ha anche conseguito un dottorato in diritto internazionale. Oggi dirige il dipartimento di giurisprudenza dell’università Ismail Qemali di Valona. «L’intesa tra Giorgia Meloni ed Edi Rama sui centri per migranti in territorio albanese ha dei problemi procedurali – afferma – ma bisogna attendere la decisione della Corte costituzionale di Tirana». Tiene a specificare che esprime opinioni personali non dell’ateneo dove lavora.

Il governo italiano dice di non essere preoccupato per la sospensione dell’intesa disposta dalla Corte costituzionale albanese fino alla sentenza di merito. Ha ragione o c’è un pericolo effettivo che i giudici la dichiarino incostituzionale?

Dal punto di vista materiale non ci sono motivi per cui la Corte possa bocciare l’accordo, visto che non tocca i cittadini albanesi e quelli stranieri saranno sotto responsabilità diretta della legge italiana. Secondo diversi giuristi, però, l’aspetto procedurale è più problematico. Perché il governo Rama non ha rispettato tutti passaggi che la Costituzione impone. La legge albanese prevede che gli accordi internazionali siano sottoscritti in nome della Repubblica dal Presidente in persona o da suoi rappresentanti a cui può attribuire pieni poteri attraverso un atto controfirmato dal capo dello Stato. Nel caos dell’intesa con l’Italia non è avvenuto. Questo è necessario prima del passaggio in aula, inizialmente previsto per ieri e poi congelato dalla decisione dei giudici.

Ci sono precedenti in cui la Corte ha bloccato intese con altri Stati per motivi analoghi?

Sì, la sentenza della Corte costituzionale numero 15 del 2010. Riguarda un accordo sulla delimitazione della piattaforma continentale tra Albania e Grecia. I giudici hanno stabilito che negoziatori e firmatari non erano stati dotati dei pieni poteri da parte del presidente della Repubblica, come prevede la Costituzione, ma dal Presidente del Consiglio. Così l’intesa è stata dichiarata incostituzionale e non ratificata dal parlamento. Anche la sentenza 26 del 2021, redatta dalla stessa composizione dell’attuale Corte costituzionale, ha ribadito per la seconda volta che negli accordi politici con altri Stati i poteri spettano soltanto al Presidente della Repubblica, che rappresenta l’unità della nazione. Quindi questo fatto potrebbe causare l’invalidità costituzionale dal punto di vista procedurale anche dell’accordo con l’Italia perché il governo albanese non ha ancora fornito la prova che i pieni poteri siano stati rilasciati dal Presidente della Repubblica.

La Corte costituzionale è un organo completamente indipendente o ci sono anche nomine di natura politica?

È composta da nove membri con un mandato di nove anni. Un terzo sono giudici togati e nominati dalla Corte suprema e due terzi eletti dal presidente e dal parlamento (3+3). Comunque sono tutti completamente indipendenti. Quella attuale è di nuova formazione, dopo la riforma giudiziaria di due anni fa che l’ha resa pienamente esecutiva.

Secondo lei cosa decideranno i giudici?

Non possiamo fare valutazioni di ordine politico o giuridico. Dobbiamo attendere la decisione nel merito. Per adesso possiamo sottolineare i casi analoghi in cui, come detto, è stata riconosciuta la necessità dell’intervento del Presidente della Repubblica e non del primo ministro o del governo. Resta poi la mancanza di trasparenza del governo che voleva considerare l’intesa come un protocollo attuativo del precedente trattato con l’Italia ed evitare così il passaggio parlamentare.

Come in Italia.

Sì, ma alla fine anche qui il potere esecutivo ha dovuto cedere alla pressione dell’opinione pubblica e dell’opposizione, visto che si trattava di un accordo politico sull’assegnazione di giurisdizione a un governo straniero su una porzione di territorio nazionale. Così ha dovuto presentare un vero disegno di legge.

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