Chi sarà il prossimo? Dopo la chiusura del rubinetto del gas per Polonia e Bulgaria e le minacce del presidente della Duma, Viktorovich Volodin, su «altri paesi ostili» da colpire, i ministri dell’Energia dei 27 si sono riuniti ieri «in emergenza» a Bruxelles per decidere le prossime mosse. Ma le carte sono in mano a Mosca, almeno fino a quando la Ue non deciderà un embargo totale sugli idrocarburi russi. Una decisione non sarà presa prima del Consiglio europeo di fine maggio. Per il momento, l’obiettivo, già non facile, è non rompere l’unità europea.

IERI È STATA RIBADITA la «solidarietà» tra i 27. La tabella di marcia è sostituire la Russia con altri fornitori «sicuri», mettere in comune gli stock di gas e organizzare una «piattaforma» europea di acquisti, accelerare sui terminal per il Gnl (la Ue ora ne ha 20), arrivare entro fine anno a un embargo sul petrolio, che dovrebbe essere nel sesto pacchetto di sanzioni, che la Commissione sta preparando e che avrebbe già dovuto essere varato, ma le tensioni tra paesi stanno rimandando la stesura finale. Le nuove sanzioni dovrebbero essere estese ad altri oligarchi e colpire anche il gigante Sberbank. Il commissario al mercato unico, Thierry Breton, sostiene il principio della gradualità delle sanzioni, che vanno in un «crescendo», per far cedere la Russia.

C’è stata tensione, ieri, tra i 27 sulla questione del pagamento in rubli, preteso dalla Russia, anche perché questo mese arrivano delle scadenze di pagamento per molti stati, che potrebbero tradursi nello stop alle forniture. Per la ministra francese della Transizione ecologica, Barbara Pompili, che ha convocato la riunione di emergenza nell’ambito della presidenza di Parigi della Ue, i pagamenti, come stabilito dai contratti, devono continuare in euro e dollari. Secondo il commissario all’Energia, Kadri Simson, «nessuna impresa e nessuno stato ha l’intenzione di aprire un conto in rubli». Per evitare posizioni unilaterali e per non rompere l’unità, Bruxelles è disposta a prendere in considerazione delle «eccezioni» per Ungheria e Slovacchia, da valutare caso per caso.

La Commissione ha suggerito alle imprese europee di aggregare al pagamento una dichiarazione che con il versamento di dollari o euro a GazpromBank (che non è sotto sanzioni) per gli europei la transazione è conclusa. L’eventuale successivo cambio in rubli non riguarda più gli europei, la Commissione rifiuta di accettare l’apertura di un secondo conto in rubli. Ma alcuni paesi, tra cui Bulgaria, Grecia, Danimarca, Polonia, Slovacchia, hanno chiesto dei chiarimenti su come comportarsi, come comprare per evitare di essere accusati di non rispettare le sanzioni e di rischiare conseguenze «pesanti».

L’ITALIA È IN STATO di «pre-allerta» sul gas. Il ministro Roberto Cingolani cerca una via d’uscita, ma ieri il commissario Kadri Simson ha smentito l’informazione che l’Italia avrebbe proposto pagamenti in rubli, «per qualche mese». Per la Germania, il processo di autonomia dalla Russia «richiede tempo». Il ministro dell’Economia e del Clima, Robert Habeck, ha però affermato che «la Germania non è contro la proibizione del petrolio russo, certo, è pesante, ma siamo pronti». Habeck ha ricordato che la Germania ha diminuito in poco tempo la dipendenza dal petrolio russo dal 35% al 12% attuale, per il carbone Berlino è passata dal 50% all’8%, sul gas c’è stata una diminuzione dal 55% al 35%. La Germania non dipenderà più dal carbone e dal petrolio russo a fine anno, per il gas bisognerà attendere il 2024.

LA UE CERCA DI LIBERARSI dalla dipendenza dalla Russia: per il gas, per esempio, l’Europa (più la Turchia) ha diminuito le importazioni del 26,9% da gennaio ad aprile (contemporaneamente, la Russia ha aumentato del 60% l’export verso la Cina). All’inizio della guerra, la dipendenza della Ue dalla Russia era del 40% per il gas e del 26% per il petrolio. La Ue ha versato a Mosca dal 24 febbraio più di 45 miliardi di euro. La Commissione non prevede un’indipendenza completa dagli idrocarburi russi prima del 2027. Ma entro fine anno, l’obiettivo è di ridurla di due terzi, liberandosi dal petrolio russo. Gazprom ha già ridotto la produzione del 2% dall’inizio della guerra.