Si fa presto a parlare di transizione energetica. A fronte di dosi industriali di retorica e greenwashing, la guerra in Ucraina ha smascherato quanto era in realtà già sotto gli occhi di tutti. Il mondo continuerà ad andare tanto a gas, pazienza se da paesi dove si violano i diritti umani o prosperino i conflitti, come Egitto, Israele, Qatar e Nigeria, o dove gli impatti socio-economici e ambientali dell’estrazione e del trasporto del combustibile fossile sono molto severi, come accade negli Stati Uniti.

LA PANACEA DI TUTTI I MALI, almeno per i nostri governanti, si chiama gas naturale liquefatto, in breve GNL o LNG, se preferite l’acronimo in inglese. Per poter essere così trasportato via immense navi in altrettanto immense quantità, il gas è portato dalla forma gassosa a quella liquida, a una temperatura di -162°C. E di mega-navi gasiere ormai sono pieni gli oceani. Quello del GNL è un business che piace tanti anche a super-potenze italiche come Snam e Intesa Sanpaolo e che ReCommon ha esaminato nel dettaglio nella sua nuova pubblicazione Sicurezza energetica per chi?, disponibile sul sito dell’associazione.

VA SUBITO DETTO CHE TRA LA SOCIETA’ energetica di San Donato Milanese e la prima banca italiana esiste un importante legame finanziario. Negli ultimi anni, Intesa Sanpaolo ha concesso 500 milioni di dollari di finanziamenti alla Snam, tra cui la sottoscrizione di bond presentati come green, a cui si si aggiungono 160 milioni di dollari di investimenti. Come accennato, tra i paesi posti sotto la lente d’ingrandimento di ReCommon in materia di import di GNL ci sono gli Stati Uniti. Nel 2022, l’Italia è risultata il 6° importatore globale di GNL a stelle e strisce, 14esimo nel periodo 2016-2022. Si può stimare che l’80% di questo gas sia di scisto, prodotto attraverso l’utilizzo di pratiche molto invasive come il fracking o la trivellazione orizzontale.

NEGLI ULTIMI SEI ANNI, LE NAVI GASIERE arrivate in Italia dagli Usa sono 99, di cui 38 nel solo 2022. Il gas di Washington viene estratto prevalentemente dal Permian Basin, raggiungendo poi gli stati del Texas e della Louisiana, che ospitano gran parte dei terminal in cui avviene la liquefazione necessaria all’export. Fra il 2016 e il 2022, Intesa Sanpaolo ha concesso finanziamenti per 3 miliardi di dollari alle prime 20 società coinvolte nell’espansione del settore del GNL, nonché 890 milioni di investimenti al primo gennaio 2023.

MA E’ LA PASSIONE PER IL GNL A STELLE e strisce a essere ancora più radicata: dal 2016 a oggi, Intesa ha erogato 2,1 miliardi di dollari a quelle società che gestiscono e continuano a espandere l’industria del gas liquefatto nel Golfo del Messico, regione già martoriata da eventi climatici estremi, dalla concentrazione di impianti industriali e ora sacrificata sull’altare del GNL per i mercati asiatici ed europei. In realtà il GNL continua ad arrivare anche dalla Russia. Alcune zone grigie nelle sanzioni imposte a Mosca dall’Unione europea hanno permesso al gas russo di inondare il mercato europeo. Nel 2022, le esportazioni di GNL di Mosca sono cresciute del 10%, e circa il 43% del totale ha avuto l’Ue come destinatario finale. Un aumento guidato dalla società russa Novatek, il cui gas arriva per lo più da Yamal LNG. Un mega-impianto realizzato anche grazie ai prestiti di Intesa Sanpaolo. Buona parte di questo gas liquefatto non arriva direttamente ai terminal di GNL dei paesi destinatari, ma passa prima da alcuni impianti chiave europei e da lì differenziato, tra cui quello di Barcellona.

I PAESI EUROPEI CHE HANNO IMPORTATO volumi di GNL russo nel 2022 sono stati Spagna, Belgio, Francia, Paesi Bassi e, infine, Italia. In Italia il GNL arriva presso gli impianti di rigassificazione controllati o partecipati da Snam, società di trasporto del gas partecipata dallo Stato attraverso CDP Reti, e corporation tra le più grandi in Europa. Il nuovo piano strategico della società parla chiaro: dei 10 miliardi di euro complessivi, 9 saranno investiti in nuove infrastrutture per il gas, tra cui quelle per l’import di gas liquefatto. Snam punta, infatti, a coprire il 40% del consumo italiano di gas con il GNL entro il 2026.

SUL FRONTE ENERGETICO, LA RISPOSTA italiana alla crisi passa anche per Barcellona. È stato l’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani a sancire il nuovo collegamento tra il terminal per l’import di Panigaglia, controllato da Snam, e i terminali spagnoli, in particolare quello di Barcellona. Nel 2022, la Russia è divenuto il terzo fornitore di gas della Spagna, che adotta la misura del tanker unico, cioè gli stoccaggi di gas sono gestiti come un unico deposito aggregato. Questo significa che, per esempio, un terminal in Galizia può ricevere GNL proveniente da Yamal e rivenderlo a qualsiasi Paese nel Mediterraneo dal terminal di Barcellona.

IL GOVERNO MELONI NON SEMBRA aver messo in discussione la strategia dei suoi predecessori. Al contrario, la narrativa della sicurezza energetica giustifica l’espansione dei due terminali di Snam che dovrebbero ricevere il gas «spagnolo»: Panigaglia e Livorno. Ci si domanda quali siano le garanzie che alla fine quello acquistato non sia sempre gas russo. Come Intesa Sanpaolo, anche Snam contribuisce alla partita del maggior afflusso di GNL statunitense nel bacino mediterraneo, grazie agli accordi con Cheniere Energy e il crescente utilizzo del suo terminal greco di Revithoussa.

IL GNL, CHE SIA RUSSO, AMERICANO o qatariota, dovrebbe poi approdare in Sardegna. Il piano strategico di Snam prevede infatti due unità galleggianti per l’import di GNL a Portovesme e Porto Torres, che riceveranno gas unicamente da quelli di Panigaglia e Livorno: si tratta di una «pipeline virtuale», un collegamento di navi bettoline per il trasporto di gas liquefatto che dovrebbero fare spola tra i terminal in Liguria e Toscana e la Sardegna. Fa nulla che così si sconquasserà tutto il percorso di giusta transizione energetica per l’isola. È il business del gas, bellezza.