Il fronte sul Mar Nero, dove gli eserciti si rincorrono
Reportage A Mykolayiv una brigata russa è fuggita, colta alla sprovvista dai Grad ucraini
Reportage A Mykolayiv una brigata russa è fuggita, colta alla sprovvista dai Grad ucraini
Denis esce in ciabatte da una porta che non si chiude bene con i vetri tenuti insieme dal nastro di tela. Si guarda intorno e poi ci vede, si avvicina con gli occhi bassi e ci stringe la mano mostrando un tatuaggio diverso su ogni nocca. Poco dopo arriva la moglie, Viktoria, con tre dei cinque figli intorno e anche loro sono tutti in ciabatte.
Alla Croce Rossa ci avevano detto che non voleva parlare, che era troppo scossa e, infatti, all’inizio si tiene in disparte.
«ERANO GIÀ DIVERSI GIORNI che bombardavano» spiega Denis, «poi una sera un missile ha colpito a pochi metri dal nostro cortile e allora abbiamo deciso di scappare». Non in macchina, perché non ne hanno una, si sono sparsi nelle auto dei vicini e sono arrivati nel centro della Croce Rossa dove li hanno ospitati per una notte prima di spostarli nell’alloggio temporaneo dove siamo andati a trovarli. «Com’è la casa?» chiediamo. «Non si può salire» interviene Viktoria, si vergogna; «va bene, dice Denis, c’è una camera da letto, la cucina, il bagno, tutto; è ciò che avevamo al momento» chiosa Yulia, la volontaria della Croce Rossa che ci ha accompagnato.
I due sposi e i loro bambini vivevano a Kyselivka, a nord di Kherson e a metà strada con Mykolayiv, da diversi giorni nel loro villaggio non c’era elettricità, «il generatore veniva acceso solo due volte al giorno e non si riusciva più a fare niente». I soldati russi avevano già occupato la zona ma ogni tanto c’erano dei contrattacchi e allora si sparavano colpi d’artiglieria pesante. Gli chiediamo se sono riusciti a portare un po’ delle loro cose. «No» dice Viktoria, «noi non abbiamo un rifugio e così la notte ci mettevamo tutti in salone ed aspettavamo che passasse oppure…» e inizia a piangere. «Poi una sera abbiamo sentito un boato talmente forte che i vetri sono esplosi (si ferma di nuovo), non ho mai avuto così tanta paura in vita mia; abbiamo preso i bambini, ciò che riuscivamo a tenere in mano e siamo scappati, i bambini avevano ancora il pigiama. Quando sono uscita ho visto che il missile aveva colpito nel cortile a fianco, poteva toccare a noi». I bambini si stringono intorno alla signora e Denis ci spiega che non sono riusciti neanche a portare via il loro amato cane.
«COME SI SONO COMPORTATI i soldati russi con voi?». Viktoria è più sicura: «Non ci hanno fatto del male e non ci hanno rubato niente, una volta hanno arrestato Denis perché andava in giro senza documenti ma poi l’hanno accompagnato a casa per verificare di persona e non lo hanno picchiato». «Sì, ma nel villaggio di mio nonno hanno arrestato due vecchi e li hanno uccisi il giorno stesso» interviene Yulia fermando la spiegazione della signora, forse giudicata troppo poco patriottica. Confabulano tra loro e poi Viktoria conclude che «dipende, è questione di fortuna».
Ora che faranno? Non lo sanno, per ora sono in una casa che non è la loro con i vestiti e il cibo che gli fornisce la Croce Rossa. «Vorrei almeno tornare a prendere il cane» dice Denis prima di salutarci. Mentre riaccompagniamo Yulia alla sede della Croce Rossa gli chiediamo perché sia rimasta.
«IO SONO NATA E CRESCIUTA a Mykolayiv, tutti i miei amici sono qui, molti sono impegnati nei combattimenti; la mia famiglia è di qui, anche se ora è a Leopoli, mi sentivo in colpa ad abbandonare tutto, mi sembrava di tradirli. Volevo fare anch’io la mia parte. Mia madre mi dice sempre: ‘ma perché non vieni a Leopoli, anche qui puoi fare la volontaria e aiutare gli altri’, ma io voglio stare qui. Non so, sono nervosissima, lo vedete, questo l’ho comprato stamattina (indica un pacchetto di sigarette in cui ne sono rimaste due), in genere sono più simpatica, giuro».
Quando le rispondiamo che comunque è molto simpatica lei aggiunge «probabilmente me ne andrò anch’io, perché ho paura, quando bombardano mi viene da tremare, all’inizio di più in realtà, ma comunque adesso non lo so». «Russi fottuti» conclude, dal cuore.
Mentre salutiamo Yulia arriva la notizia che gli ucraini hanno riconquistato il villaggio di Novovorontsovka, sulle rive del Dnipro a nord di Kherson. Il villaggio di per sé non ha una particolare importanza strategica ma ciò che è significativo notare in questo frangente è che sul fronte meridionale si sta replicando lo stesso schema dell’est e di Kiev. Guardando una mappa si ha l’impressione che l’avanzata russa abbia una struttura «tentacolare», ovvero si estenda per porzioni più o meno lunghe e strette nell’entroterra ucraino. Ciò determina una difficoltà estrema nell’individuazione di una linea del fronte e un grande pericolo per gli spostamenti in quanto nello stesso quadrante si potrebbero incontrare le truppe di Mosca stanziate in un punto e quelle di Kiev a protezione di un villaggio più indietro, quindi tecnicamente un esercito nelle retrovie di quello nemico. Ed è proprio ciò che sta accadendo lungo la costa del Mar Nero tra Kherson e Mykolayiv.
PER PROVARE A METTERE un po’ d’ordine potremmo dire che al momento il confine delle zone controllate dai due eserciti nemici si è attestato più o meno sulla linea che divideva i due oblast ucraini prima della guerra. Tuttavia, nella parte meridionale, quella sul mare, in teoria gli ucraini hanno ancora il controllo delle strade principali.
Poco più su, a Tomyna Balka, Bilozerka e Dniprovs’ke ci sono i russi. Tra l’altro, soprattutto nei villaggi, è capitato più volte che i due eserciti si alternassero (anche più di una volta) in seguito a battaglie combattute altrove. Ad esempio, a nord di Mykolayiv, una brigata russa di 2-3000 uomini che si erano stanziati in un’aerea piuttosto estesa costruendo trincee e postazioni di tiro, si è data alla fuga senza quasi sparare un colpo perché colta alla sprovvista da 10 batterie di missili Grad ucraini. Lungo tutta la statale H14 verso Kryivyj Rih ora gli ucraini hanno ripreso il controllo della zona e ciò è molto significativo se si pensa che siamo tra la centrale di Zaporizhzha, Dnipro e Cherson, ovvero a uno snodo vitale per l’Ucraina.
PIÙ A OVEST, nella bella Odessa, i civili non ne possono più e negli ultimi giorni si è notata una crescita significativa delle persone in strada. Da oltre un mese non si fa che parlare dell’attacco alla città ma, ad oggi, non si hanno novità significative. Nel pomeriggio si era diffusa la notizia che la marina russa avesse tentato uno sbarco. In realtà si trattava di un’operazione di sabotaggio, una piccola lancia dotata di motori potenziati ha provato a portare a terra un manipolo di guastatori che avrebbero dovuto operare dietro le linee ma l’effetto sorpresa non è riuscito e l’operazione è fallita. Non è chiaro se i militari russi siano stati catturati o siano rimasti uccisi nell’attacco.
Dove invece l’attesa è cessata è, inaspettatamente, a Leopoli. Dopo l’attacco alla base di Yavoriv che aveva spezzato il principio di inviolabilità della «capitale dell’ovest», nel pomeriggio un missile ha colpito una raffineria di petrolio causando una forte esplosione riecheggiata in tutta la città e una nuvola biancastra di fumo denso che mentre chiudiamo questo articolo ancora occupa l’orizzonte. Poco dopo, altri due attacchi hanno fatto tremare di nuovo i vetri dei palazzi. Fonti ucraini hanno parlato di generiche «infrastrutture militari» ma secondo alcuni contatti sul campo si tratterebbe di una fabbrica di carrarmati.
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