Il fantasma della riforma delle pensioni agita la Francia
La protesta Secondo giovedì di sciopero, ma la partecipazione è in calo. Macron contestato. Oggi il primo ministro illustra la bozza: sistema unico, a punti, modello svedese
La protesta Secondo giovedì di sciopero, ma la partecipazione è in calo. Macron contestato. Oggi il primo ministro illustra la bozza: sistema unico, a punti, modello svedese
Nuova giornata di mobilitazione – manifestazioni in tutta la Francia, scioperi in varie categorie, soprattutto nel settore pubblico, trasporti pubblici e scuola in testa, blocchi di raffinerie e di centri commerciali – contro la riforma delle pensioni, ma una minore partecipazione rispetto a giovedì scorso (890mila per i sindacati, 340mila per la polizia), senza incidenti gravi.
OGGI, LA LEGGE “FANTASMA” sarà svelata, con qualche dettaglio in più, dal primo ministro, Edouard Philippe. Ma già avverte: «Non ci sarà rivelazione magica», «non è perché faccio un discorso che le manifestazioni si fermano». I trasporti pubblici saranno in agitazione per tutta la settimana. Non saranno i dettagli a convincere chi protesta e chi l’appoggia (53%), perché è il principio stesso a venire contestato: anche se una maggioranza dei cittadini afferma che una riforma del sistema pensionistico è necessaria, una ancora più grande non ha fiducia nel governo e in Emmanuel Macron per farla. Nei cortei gli slogan sono contro la riforma delle pensioni, ma anche se non soprattutto contro Macron.
LA SITUAZIONE È CONFUSA, perché dietro i due grandi schieramenti – il governo da un lato, i sindacati dall’altro – sono in corso battaglie all’interno di entrambi i fronti. L’idea di una riforma delle pensioni era nel programma elettorale di Emmanuel Macron. Una riforma “equa”, riferendosi a proposte nate nella “seconda sinistra” e alla Cfdt (ma anche la Cgt anni fa parlava di «casa comune delle pensioni»). L’idea è di trasformare un sistema che oggi è diviso in 42 sistemi diversi (con una dozzina di “regimi speciali” molto particolari) in un sistema unico, a punti (sul modello svedese), dove un euro versato in contributi valga la stessa cosa per tutti, che conservi il sistema per ripartizione e tenga conto dei cambiamenti di lavoro che esistono oggi, dei passaggi tra pubblico e privato, dei periodi di precariato. Ma subito nascono le domande: come si calcola il punto e chi lo fa? Chi garantisce che non diminuisca il valore? Come tener conto delle differenze, uomini e donne, lavori usuranti, diversa speranza di vita tra operai e quadri? Quando entrerà in vigore? Cosa fare dei diritti acquisiti?
Ieri, Philippe Aghion, Jean Pisani-Ferry, Antoine Bozio e Philippe Martin, quattro economisti che avevano ispirato il programma elettorale di Macron, sono intervenuti su Le Monde: «Gli obiettivi centrali della riforma – leggibilità, sicurezza, fiducia equità – sono stati oscurati da considerazioni di bilancio che sviano dall’essenziale». Nello schieramento governativo la destra che occupa tutti i posti-chiave a Bercy (economia), ha cercato di inserire nella riforma di “sistema”, la pensione a punti, la questione della tenuta delle pensioni stesse, introducendo il problema del livello delle pensioni future e dell’età pensionabile.
Edouard Philippe avverte: «Se non si fa una riforma seria, profonda, programmata oggi, qualcun altro la farà domani brutale, davvero brutale». Si è così diffusa l’idea che la riforma sia pensata per risparmiare sulle pensioni e le dichiarazioni del governo – «il valore del punto non diminuirà» – non vengono credute («chi ci dice che un prossimo governo manterrà la parola?»).
Nel 1960, c’erano 4 attivi per un pensionato, oggi 1,7 e in certe categorie, come tra i ferrovieri o nel trasporto pubblico urbano, per un attivo ci sono due-tre pensionati. Adesso i ministri di Economia e Bilancio, Bruno Le Maire e Gérard Darmanin, dicono «non siamo dogmatici», «saremo decisi sui principi ed elastici sulle modalità», ma non cambia il tetto del pil dedicato alle pensioni, il 14%. Il dubbio ormai è instillato, tanto più che l’alto commissario, Jean-Paul Delevoye, ha nascosto di essere consulente delle compagnie di assicurazione, fomentando il timore di una deriva verso i fondi privati.
UNA RIFORMA NATA nei think tank social-democratici è diventata uno spauracchio ultra-liberista. Una riforma che avrebbe dovuto garantire la continuità del sistema pensionistico nel tempo è ormai vista come uno schiaccianoci che fa solo dei “perdenti” (a cominciare dagli insegnanti, il loro sindacato afferma che potranno perdere fino a 900 euro di pensione al mese, una “falsa simulazione” per il governo, in piazza anche i ballerini dell’Opéra). Ma anche nel fronte degli oppositori non c’è uno schieramento unanime. La Cfdt, primo sindacato francese, è d’accordo sul principio della pensione a punti, ma non vuole sentir parlare di alzare l’età pensionabile. La Cgt chiede il “ritiro” della riforma: «non voglio che i nostri nipoti ci dicano: tu sei andato in pensione a una certa età ma in contropartita hai sacrificato la nostra pensione», spiega il segretario Philippe Martinez. La protesta contro la pensione a punti ha fatto tornare in primo piano tutti i malesseri più generali e di categoria (anche i poliziotti, che manifestano oggi a Parigi) già emersi negli ultimi anni di fronte a una società sempre più ineguale. La Cgt e gli altri sindacati più combattivi devono fare i conti con una base che segue i gilet gialli.
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