Il documentario militante e i primi «cine-volantini»
Le esperienze internazionali Dagli Usa e al Messico fino alla Francia di Godard e non solo. E, da noi, il «Movimento studentesco» suona la carica rivoluzionaria filmandola in proprio. La necessità della controinformazione crea nuovi linguaggi visivi, slogan su pellicola e accostamenti fulminei
Le esperienze internazionali Dagli Usa e al Messico fino alla Francia di Godard e non solo. E, da noi, il «Movimento studentesco» suona la carica rivoluzionaria filmandola in proprio. La necessità della controinformazione crea nuovi linguaggi visivi, slogan su pellicola e accostamenti fulminei
Le incandescenti mobilitazioni del Sessantotto spinsero cineasti (e non) a impegnarsi anzitutto nella cine-contro-informazione: dai collettivi dei Newsreels statunitensi (nati prima e al fianco delle lotte per i diritti civili degli afro-americani e delle donne) ai Cinegiornali del Movimento studentesco a Roma, dai Comunicados messicani ai Ciné-tracts (cine volantini) francesi, a esperienze analoghe in Germania, Giappone e Gran Bretagna.
Molto materiale fu girato anche spontaneamente, grazie alle diffusione delle cineprese a passo ridotto, e oggi rappresenta (benché ancora non sistematicamente censito) uno straordinario patrimonio di memoria e di studio.
Queste esperienze acuirono la questione di che tipo di militanza cinematografica fosse più utile alla rivoluzione: Godard aveva già dichiarato, in Lontano dal Vietnam (di Godard, Ivens, Klein, Lelouch, Marker, Resnais, 1967), le proprie personali incertezze di autore che ambisce a essere «rivoluzionario», indeciso se fosse più giusto filmare gli scioperi alla Rhodiaceta o lottare contro «l’imperialismo economico ed estetico del cinema americano».
Se ne discute anche in Cinegiornale libero di Roma n. 1 – Il cinema è finito? (1968), in cui alcuni registi presenti a casa di Zavattini (tra cui Agosti, Angeli, Bellocchio, Cavani, Ferrara, Samperi, Scavolini, Toti) si dividono tra chi sostiene la ricerca di linguaggi nuovi, che corrispondano alle istanze politiche di cambiamento, e chi vuole attenersi alla documentazione tempestiva di fatti che, per la loro carica rivoluzionaria, non verrebbero raccontati dall’informazione ufficiale.
È quest’ultima la linea su cui si attestano i quattro numeri dei Cinegiornali del Movimento Studentesco, coordinati e montati da Silvano Agosti (ma il cui ruolo non appare nei titoli).
Realizzati tra febbraio e maggio del 1968, fissano sulla pellicola assemblee e discussioni, interviste, cortei, scontri con la polizia o i fascisti, comizi dei leader, mobilitazioni su eventi internazionali, contatti tra operai e studenti, utilizzando anche immagini di repertorio, fisse e in movimento.
«È una iniziativa – si legge nelle didascalie del primo numero – aperta all’immediata collaborazione di tutti coloro che fanno parte del Movimento studentesco» e si pone come «espressione della maturità politica e organizzativa» del Movimento stesso «nelle sue varie fasi di lotta».
Nei primi due Cinegiornali prevale la «fattografia» della travolgente forza degli studenti, con una originale orchestrazione dei materiali visivi e sonori; negli altri due, vi è una maggiore analiticità, oltre alla presenza di un commento politico, che si alterna ai comizi dei leader.
Fa capolino, insomma, la «parola» che orienta, spiega, fornisce la linea politica: un elemento che caratterizzerà molte produzione dei collettivi di cinema militante nati sull’onda delle mobilitazioni sessantottine.
Un analogo svolgimento dei rapporti tra cinema della realtà e spinte rivoluzionarie andò in scena a Parigi, nel maggio del 1968, quando le mobilitazioni di studenti e operai paralizzarono la Francia.
I cineasti si riunirono negli Stati Generali del Cinema per produrre e distribuire decine di brevi film militanti sulle lotte, i Ciné-tracts (cine volantini), nati da un’idea di Marker, con la collaborazione di Godard e Resnais.
Tutti rigorosamente anonimi, realizzati da registi esperti o amatoriali, i Ciné-tracts erano brevi film muti di immagini fisse, che si proponevano come interventi di utilità immediata, in termini di informazione e battaglia politica.
Negli esempi più riusciti, è innegabile l’efficacia degli accostamenti fulminei di queste visioni cristallizzate, che ritraggono corpi, volti e gesti nel vivo degli scontri, cui si somma l’estrosità degli slogan fotografati e delle scritte impresse sulla stessa pellicola: si tratta di un’esperienza che presenta in realtà un altissimo livello di elaborazione formale, nonostante l’intenzione programmatica di fare a meno di estetiche d’autore.
Con il rifluire del Maggio, nacquero una serie di collettivi, tra cui il gruppo «Dziga Vertov», fondato da Godard con Jean Pierre Gorin, il gruppo «Medvedkine», animato da Marker, il gruppo «Dynadia», legato al Partito comunista francese.
Dalla loro esperienza scaturirono spuri film di finzione come Vento dell’est (Le Vent d’est, 1969) e Lotte in Italia (1970) del Gruppo Vertov, documentari come Classe de lutte (1968) o docu-clip come Rhodia 4/8 (1969) del Medvedkine, dove l’elaborazione e l’innovazione linguistica riconquistano più o meno felicemente le proprie prerogative.
Si approda così all’altro versante del documentario militante di quegli anni, che aveva precedenti esperienze alle spalle ma riceve un potente impulso dalle mobilitazioni sociali e politiche.
Si tratta di pratiche che si ponevano l’obiettivo di sovvertire o criticare i linguaggi dominanti, oltre che le idee e gli assetti di potere, alcuni più noti, come ad esempio L’ora dei forni (1967-68) di Fernando Solanas e Octavio Getino, tra l’altro proiettato al Festival di Pesaro nel 1968, In The Year of The Pig (1968) di Emile de Antonio, LBJ (1968) di Santiago Alvarez, altri meno noti, come l’italiano Della conoscenza (1968) di Alessandra Bocchetti, che nell’analizzare motivazioni ideologiche e contesto storico delle lotte studentesche focalizza l’attenzione sulla necessità di un uso rivoluzionario della cultura.
«Terzo canale», il circuito alternativo del Pci
In occasione della rassegna cinematografica «Il progetto e le forme di un cinema politico/ 2, Il sessantotto», saranno proiettati anche i film del Fondo Terzo Canale, conservato presso l’Aamod.
L’esperienza di Terzo Canale era nata dalla necessità del Pci di dotarsi, alla fine degli anni Sessanta, di un proprio circuito cinematografico con una rete organizzata di distribuzione, per far decollare un cinema militante, diverso da quello delle sale.
Il Pci, in vista delle elezioni del 1968, lanciava il progetto di Terzo Canale per contrastare il predominio governativo dei due canali Rai. La produzione di Terzo Canale prevedeva la realizzazione di almeno un numero al mese, di circa trenta minuti: poteva essere un film monografico o composto da più servizi, poi distribuito in 1000 copie.
Presso la Unitelefilm si era costituita una piccola redazione in cui, oltre a Riccardo Napolitano, che aveva il compito di coordinamento, c’erano Antonio Bertini, Paolo Bragaglia, Grazia Volpi, Gianni Toti, Paola Scarnati e altri. In tutto furono prodotti 21 numeri. I primi 13 furono prodotti nel 1968. Proprio questi ultimi saranno proiettati nella rassegna.
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