Il do ut des Cdu-Spd: nasce la coalizione social-democristiana
La crisi in Germania Merkel e Schulz trovano l’intesa: «pacchetto sociale» in cambio di 15mila poliziotti e blocco dell’aliquota massima di imposta
La crisi in Germania Merkel e Schulz trovano l’intesa: «pacchetto sociale» in cambio di 15mila poliziotti e blocco dell’aliquota massima di imposta
Angela Merkel e Martin Schulz accendono la terza Grande coalizione tra democristiani e socialisti. E promettono il nuovo governo prima di Pasqua. Tre mesi e tre settimane dopo il voto federale, la Germania avvia formalmente la formula «gradita» al presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier e bocciata dai tedeschi il 24 settembre.
UNA «SVOLTA» ATTESA in tutta Europa, annunciata giovedì notte dopo 23 ore e 46 minuti di trattativa tra la cancelliera, il segretario Spd e il leader Csu Horst Seehofer. In 28 pagine di «contratto di coalizione» spicca la convergenza su fisco, sicurezza, pensioni e sanità e soprattutto la stretta sui migranti che verranno limitati a 220mila l’anno. «Un risultato eccezionale» per Schulz che celebra il primo patto politico con Merkel. Appena e solo la «carta di dare e avere» secondo la cancelliera che ha «lavorato in uno spirito di fiducia per dare al Paese un governo stabile»
Comunque, un compromesso politico social-democristiano definito dopo sei giorni di duro negoziato; un accordo vincolante per i prossimi quattro anni che alla luce della maggioranza risicata al Bundestag (52%) ammette pochi se e ancora meno ma. Anche se a Berlino nessuno si azzarda ancora a pronunciare la parola fine: domenica i delegati al congresso del partito socialdemocratico dovranno ratificare l’intesa, mentre tra un mese scatteranno i referendum di conferma tra gli iscritti di Cdu-Csu e Spd.
NEL FRATTEMPO si diffonde l’ottimismo. Tanto che alla Willy Brandt Haus, quartier generale della Spd, aleggia esattamente la stessa atmosfera della Konrad Adenauer Haus, sede dell’Union. Si brinda al risultato raggiunto «nell’interesse dei tedeschi» anche se l’accordo serve a fermare anzitutto l’emorragia degli elettori. Per i due partiti si profilava l’orizzonte fotografato cinque giorni fa dall’istituto Insa, che ha restituito il gradimento dell’opinione pubblica stressata dagli eterni negoziati.
LA CDU È SCESA al 31,5% (dal 32,9% delle elezioni federali), la Spd al 19,5 (era 20,5 a settembre) mentre l’opposizione si rafforza ogni giorno di più. La Linke vale l’11%, i Verdi – nonostante il flop-Giamaica – sfiorano il 10% e l’ultra-destra di Alternative für Deutschland è esondata oltre l’argine del 13,5%.
UN INCUBO per la cancelliera cui il 56% dei tedeschi ha già voltato le spalle. Se non fosse che Merkel rimane concentrata sulle leve che le permetteranno di governare la Bundesrepublik fino all’inizio del prossimo decennio: dalle tasse alla finanza, fino al controllo della valvola che gestisce il flusso dei migranti.
La Spd di Schulz riesce a imbullonare il «pacchetto sociale» da cui poter ripartire anche politicamente e festeggia la vittoria della linea della capogruppo Andrea Nahles, vera artefice nella trattativa sui punti «di sinistra». Il prossimo governo dovrà estendere la pensione di base (misura che Merkel ha rimandato per 4 anni), abbassare il costo degli asili, avviare la scuola pomeridiana, introdurre agevolazioni per le madri, mille ricongiungimenti familiari al mese. In più, i disoccupati cronici dovranno poter accedere a un programma adeguatamente finanziato.
IN CAMBIO MERKEL ottiene le due promesse nevralgiche per la Cdu: non ci sarà alcun aumento dell’aliquota massima d’imposta e 15mila dei nuovi impieghi pubblici saranno riservati alle forze dell’ordine.
IN PARALLELO Seehofer incassa il «tetto» massimo di 220mila richiedenti asilo all’anno, che non verrà mai ufficialmente classificato come tale ma entrerà in vigore quasi certamente prima delle elezioni in Baviera previste per ottobre.
Pieno accordo anche sul rafforzamento dell’eurozona con capitoli di bilancio appositi e soprattutto di pronto impiego, e anche sul supporto alla moneta unica con il «fondo monetario europeo» controllabile dai singoli Parlamenti.
In ogni caso, il «contratto di coalizione» Merkel-Schulz si dimostra l’unica quadra in grado di chiudere il cerchio della nuova alleanza tra Cdu-Csu e Spd, la sola chiave capace di accendere la “Groko-Tre” suggerita dal presidente Steinmeier per evitare il ritorno alle urne già il prossimo 22 aprile.
CERTO L’ACCORDO non rallegra gli Jusos (l’organizzazione giovanile Spd) contrari fin da novembre alla coalizione con Mutti-Merkel e pronti a dare battaglia a Schulz al congresso del 21 gennaio, ma il patto sul nuovo esecutivo sblocca l’impasse istituzionale che stava impantanando la governance della Germania al di là dei numeri di economia e finanza.
DA BRUXELLES A PARIGI, da Washington a Mosca, la rapida e «felice» chiusura del negoziato tra Union e Spd è il segnale forte che Berlino intendeva mostrare all’estero prima delle principali scadenze europee: dalla Brexit alle elezioni italiane. In attesa, che al di là dell’embargo alle parti in guerra in Yemen, si definisca la nuova politica estera.
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