L’assalto assassino avvenuto a Parigi il 23 dicembre contro il centro culturale curdo, con la morte di tre attivisti del Kurdish Democratic Council e il ferimento di altri – non è la prima volta che i curdi vengono ammazzati nelle strade di Parigi! – ha riportato all’attenzione la tragica sorte di questo popolo da sempre perseguitato. Due giorni dopo, a Lille, un fascista turco ha accoltellato un curdo in una barberia perché, aspettando che gli tagliassero i cappelli, ascoltava musica del suo paese. Al terrorismo omicida contro i curdi e alla loro persecuzione in diversi paesi, si è aggiunta in questi giorni una nuova violenza istituzionale da parte dello Stato turco, con la decisione della Corte costituzionale di bloccare i conti bancari dell’Hdp, il Partito Democratico dei Popoli che riunisce le forze filo-curde e di sinistra della Turchia, già perseguitato dal regime di Erdogan con migliaia di arresti di attivisti, amministratori locali, parlamentari.

IL CONFLITTO UCRAINO, come c’era da aspettarsi, ha ulteriormente rilanciato la spirale guerra-terrorismo-guerra che caratterizza il nostro tempo. Per tutti i popoli urge, più che mai per quelli sacrificati agli interessi occidentali, battersi per il rispetto dei loro diritti, a cominciare dai curdi, abbandonati dopo essere stati usati come prima linea nella lotta contro lo Stato Islamico; o barattati come merce di scambio nelle trattative per l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia.

Di processi di pace si è parlato recentemente a Venezia, il 12 dicembre, in un incontro promosso dall’Associazione “Società Informazione/Rapporto sui diritti globali”, in collaborazione con altre importanti organizzazioni, fra cui il Tribunale Permanente dei Popoli, fondato da Lelio Basso, che rilevò ai tempi del Vietnam l’impegno di chi lo aveva creato, Bertrand Russel.

PRESENTI I RAPPRESENTANTI di molti popoli, a cominciare dai curdi, con gli interventi di Asya Abdullah (co-presidenta Pyd (Federazione Nord-Est della Siria), Tara Huseyni (co-presidenta Movimento del Popolo kurdo dell’Iraq), Adem Uzun (Congresso Nazionale del Kurdistan), Ebru Gunay (capogruppo parlamentare Hdp al parlamento turco).
Tutti hanno ricordato le tappe del loro unilaterale processo di pace, cominciato nel 2005 con i colloqui di Oslo con la Turchia, poi rilanciato nel 2009 con la Road Map di Ocalan, per essere infine progressivamente sabotato dal regime di Erdogan, una strategia genocida non molto dissimile da quella per altro adottata da Siria, Iraq e Iran.

Fatima Mahfud, rappresentante in Italia del Fronte Polisario, è intervenuta sulle violazioni dei diritti nel popolo Saharawi, ultima colonia spagnola oggi sotto controllo marocchino, isolata da un muro di oltre 2.500 km in cui vive un milione di persone nel disinteresse dell’Ue e dell’Onu, che hanno lasciato inattuati un piano di pace che data 1991 e la richiesta di un referendum per l’autodeterminazione.

PARTICOLARMENTE importante l’informazione sul processo di pace in Colombia, giunto oggi a una storica svolta positiva grazie alla elezione del nuovo presidente Gustavo Petro. Si tratta per ora di un bilaterale cessate il fuoco di sei mesi stabilito con l’Eln e con il gruppo dissidente delle Farc che non aveva voluto accettare la cessazione della lotta armata, concordata nel 2016 col governo Santos che, come del resto il successore Duque, l’aveva poi pesantemente sabotata. Petro spera di poter, entro il 2023, arrivare a una pace definitiva. Di questo al convegno di Venezia hanno parlato German Gomez, tra i firmatari dell’Accordo del 2016, Carlos Beristain,che ha riferito sui 4 anni dei lavori della Commissione per la verità, che nel 2022 ha prodotto un monumentale rapporto finale – ben 11 tomi e 24 volumi (una documentazione alla cui raccolta ha largamente contribuito la sessione del Tribunale dei Popoli tenuta un anno fa a Bogotà). La feroce repressione posta in atto da tutti i governi colombiani ha prodotto, nel solo 2022, l’ assassinio di 43 ex combattenti firmatari dell’Accordo di pace, e di 189 difensori dei diritti umani.

AL CONVEGNO NON SONO mancati importanti interventi anche di rappresentati baschi, fautori di un processo di pace ma che vedono ancora 174 propri militanti incarcerati e di rappresentanti catalani. Né si è ovviamente mancato di parlare della Palestina.
Al resoconto dei percorsi sin qui avviati, è seguita una seria analisi di come occorra rileggere questi processi nel nuovo quadro mondiale prodotto dalla guerra in Ucraina e dalle fibrillazioni del vecchio ordine globale e degli schieramenti geopolitici che lo caratterizzano.

L’INIZIATIVA DI VENEZIA è stata purtroppo depotenziata dallo scandalo “Qatargate” scoppiato proprio alla vigilia, con il rischio di esserne “sporcata”, dato che in quell’occasione era stata prevista anche la preseenza di «Fight Impunity», ora sotto accusa dei magistrati di Bruxelles, sino a quel momento da tutti conosciuta come Ong accreditata a livello europeo. Una vicenda che indigna e che – in attesa che la giustizia faccia il suo corso – fa riflettere sulle ipocrisie di organizzazioni internazionali pur preposte alla tutela dei diritti dei popoli, volutamente nascosti da governi occidentali che pur si dichiarano democratici e da rappresentanti politici troppo spesso corrotti.
Questo orribile scandalo che ha coinvolto il parlamento europeo può solo spronarci a intensificare l’impegno per la pace, la giustizia e i diritti dei popoli.

* Tribunale Permanente dei Popoli
** Associazione Società INformazione