Per controllare gli ultimi dettagli del suo discorso, tutto scritto a mano, Gustavo Petro ha persino saltato la foto ufficiale dei capi di stato alla Cop 27. Aveva annunciato un decalogo di raccomandazioni contro la crisi climatica e ci teneva che il suo messaggio arrivasse forte e chiaro. Un obiettivo, non ci sono dubbi, che il presidente colombiano ha centrato in pieno.

DURANTE I SETTE MINUTI del suo intervento, Petro ha sollecitato il contributo della comunità internazionale per salvare l’Amazzonia – definita come uno dei fondamentali «pilastri climatici» – assicurando che anche il suo paese farà la sua parte, stanziando 200 milioni di dollari all’anno per 20 anni. Ma non si è fermato qui. Se, ha detto, «dalla Cop numero uno a oggi, la leadership politica ha fallito», lo ha fatto perché per «superare la crisi climatica» non ha intrapreso l’unica via possibile : «Smettere di consumare idrocarburi».

Per questo, ha detto, serve un immediato piano globale di decarbonizzazione: «La soluzione è un mondo senza carbone e senza petrolio». Ma non può essere il mercato «il meccanismo principale» per combattere l’emergenza climatica, considerando che «è proprio l’accumulazione di capitale ad averla prodotta»: essendo la causa, non può essere anche il rimedio. Sarà, necessariamente, la mobilitazione dell’umanità a portare a un cambiamento di direzione, «non l’accordo tra tecnocrati condizionati dagli interessi delle imprese degli idrocarburi»: è, insomma, «l’ora dell’umanità e non quella dei mercati».

Gustavo Petro (Ap)

Ma Petro ne ha avuto un po’ per tutti: sono l’Organizzazione mondiale del commercio e il Fondo monetario internazionale a dover rispettare le decisioni della Cop, non viceversa; il Fmi deve avviare un programma per sostituire il debito con investimenti nell’adattamento e nella mitigazione; le banche devono smettere di finanziare l’economia degli idrocarburi. E, infine, occorre iniziare subito i negoziati di pace: «La guerra – ha concluso – toglie tempo vitale all’umanità per evitare l’estinzione».

SE LA SUA POSIZIONE convintamente anti-estrattivista è un’eccezione nella stessa America Latina, sul fronte della difesa dell’Amazzonia Petro può contare, tuttavia, su importanti alleati. Prima di tutto Lula, il quale arriverà a Sharm El Sheikh il 14 novembre accompagnato, tra gli altri, da Marina Silva, che in molti vorrebbero vedere nuovamente come ministra dell’Ambiente, e preceduto da enormi aspettative a livello mondiale. Non per niente, su 34 messaggi di felicitazioni giunti il giorno della sua vittoria, ben dieci si riferivano alla questione ambientale.

Benché, a differenza di Petro, continui a puntare sull’estrattivismo, Lula si è impegnato a combattere in maniera decisa la deforestazione – a cui si deve quasi il 50% di tutte le emissioni climalteranti del Brasile – recuperando quelle strategie che in passato avevano condotto a una riduzione quasi dell’80% del tasso di deforestazione. E ha pure promesso la creazione di un Ministero dei popoli originari, che sarà probabilmente presieduto – l’annuncio potrebbe avvenire proprio alla Cop 27 – da una delle più grandi leader indigene del paese, Sônia Guajajara, appena eletta deputata federale.

E con Petro e Lula si è schierato anche Maduro, sebbene anche lui molto distante dalle posizioni anti-estrattiviste del presidente colombiano: molto aspre, non a caso, le critiche che gli sono state rivolte in materia ambientale, a partire dal lancio, già nel 2016, del megaprogetto dell’Arco Minero dell’Orinoco, lo sfruttamento di una superficie di 120mila kmq nell’Amazzonia venezuelana – corrispondente a circa un terzo dell’Italia – in cui, oltre al petrolio, sono state scoperte ingenti quantità di oro, coltan, diamanti, ferro, bauxite e altri minerali.

ALLA COP 27, TUTTAVIA, MADURO è arrivato con proposte di nuovo tipo, a cominciare da quella, discussa proprio con Petro e Lula, di «riprendere la difesa dell’Amazzonia», rilanciando l’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica (Otca), creata nel 1995 da Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela, e realizzando al più presto un vertice latinoamericano in difesa della foresta.