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Il cuore anarchico di Poznań

Il cuore anarchico di PoznańManifestazione in sostegno del centro sociale Rozbrat a Poznań

Polonia Il centro sociale Rozbrat, nato dalla scena punk degli anni Novanta, rischia lo sgombero. Gli occupanti sono anche disposti a pagare l’affitto, ma la speculazione immobiliare non perdona

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 1 ottobre 2022

Uno dei pochi centri sociali dell’Europa centrale ancora in piedi dagli anni Novanta potrebbe presto scomparire. Gli inquilini del Rozbrat, termine che può essere tradotto dal polacco come «opposizione» o «rottura», rischiano da un momento all’altro lo sgombero su richiesta del presunto proprietario del terreno forte di una sentenza in appello che difficilmente verrà rovesciata nei prossimi mesi.

Siamo a Poznań, città industriale di oltre 500mila abitanti situata nel voivodato della Grande Polonia che un tempo apparteneva alla Prussia. Il Rozbrat nasce da uno squat nel quartiere di Sołacz, zona residenziale borghese dove sorgono i locali di un ex mobilificio costruito dai tedeschi e poi abbandonato dopo la seconda guerra mondiale. Il battesimo dello storico centro sociale polacco risale alla notte tra il 15 e il 16 ottobre del 1994 quando due persone trascorsero la notte nell’edificio della vecchia fabbrica, che era stata acquistata tre anni prima dalla Darex, società nata con i debiti e finita ben presto in bancarotta. «Ho cominciato a frequentare il Rozbrat un anno dopo aver finito la scuola media», racconta il quarantunenne Krzysztof Król, uno dei veterani della struttura autogestita di Poznań, dove adesso vivono tra le venti e le trenta persone.

Il Rozbrat ospita una biblioteca anarchica, organizza lezioni di boxe thailandese, yoga, e offre gratuitamente un servizio di riparazione biciclette alla cittadinanza. È tra queste mura che si è costituita la sezione locale della Federazione Anarchica Polacca. Rozbrat nasce con un’anima punk ma ha saputo con il tempo aprirsi a diverse esperienze avvicinandosi al movimento operaio senza mai rinnegare le proprie radici antirazziste e antifasciste.

Il Rozbrat è anche uno dei promotori del sindacato Inicjatywa Pracownicza (Iniziativa operaia) che collabora con i Cobas e altre rappresentanze di base europee. «In Polonia è molto più difficile organizzare uno sciopero rispetto a paesi come l’Italia o la Francia. La destra populista da noi sta facendo di tutto per rendere le cose ancora più complicate con un disegno di legge che nasce dalla paura che sempre più persone possano scendere in piazza nei prossimi mesi a causa del caro energia e dell’inflazione», aggiunge Król.

L’ALTRO CENTRO SOCIALE superstite in questa zona d’Europa è il Metelkowa sorto un anno prima del Rozbrat a Lubiana, in Slovenia, sulle ceneri di alcune caserme austro-ungariche utilizzate dall’esercito jugoslavo e poi abbandonate dopo la dissoluzione del paese. Rozbrat e Metelkowa poggiano su premesse molte differenti. Lo storico centro sociale polacco nasce dall’appropriazione di uno spazio conteso tra pubblico e privato mentre quello sloveno sorge su un bene del demanio militare. Nonostante i rapporti non sempre facili con l’amministrazione cittadina della capitale slovena, il Metelkowa è stato inserito da tempo nel registro dei patrimoni nazionali.

Invece il Rozbrat, anche se è comparso sulle mappe di alcuni materiali di promozione turistica preparati dalle autorità cittadine, non ha mai beneficiato di una forma di riconoscimento o di sostegno da parte delle istituzioni polacche: «Come possiamo sentirci tutelati quando le autorità cittadine continuano a ignorarci? Altro che valore aggiunto, per loro è come se non esistessimo».

Dal 2014 Poznań è guidata da Jacek Jaśkowiak, sindaco liberale, eletto tra le file del partito di centro-destra Piattaforma civica (Po) dell’ex premier polacco e presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Proprio come il compianto primo cittadino di Danzica, Paweł Adamowicz, assassinato da un fanatico il 13 gennaio 2019 durante un evento di beneficenza, Jaśkowiak ha sostenuto la comunità Lgbt concedendo il patrocinio delle istituzioni cittadine ai principali eventi arcobaleno organizzati a livello locale. «Se andiamo a guardare oltre la facciata, le politiche sociali promosse dall’amministrazione locale lasciano molto a desiderare. E come potrebbe essere altrimenti finché Jaśkowiak e i suoi continuano ad andare a braccetto con imprenditori edili e speculatori immobiliari?», argomenta Król senza nascondere la propria amarezza.

In Polonia gli squat sono indissolubilmente legati alla scena punk. La transizione, drammatica per molti, dal comunismo al capitalismo ha generato confusione e abbandono. Le occupazioni di quegli anni sono state anche una risposta all’improvvisa carenza di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Gli squatters del Rozbrat, come molti altri attivisti in Polonia, hanno approfittato delle lentezze burocratiche e delle incertezze legate alla riassegnazione di quei beni espropriati dopo il 1945 e nazionalizzati ai tempi del socialismo di stato.

Negli anni Novanta il processo di reprywatyzacja degli immobili era appena cominciato. Con il passare degli anni la riprivatizzazione sarebbe diventata un vero e proprio malcostume nazionale. Ancora oggi gli immobili restituiti ai legittimi eredi o presunti tali continuano a essere acquistati per poco e niente da speculatori che li rivendono a prezzi triplicati. E per questo che la Darex è improvvisamente “rinata” qualche anno fa per tornare all’assalto dei terreni su cui sorge il Rozbrat che fanno sempre più gola ai costruttori della zona.

Dietro alla fondazione dell’Associazione degli inquilini della Grande Polonia ancora una volta c’è lo zampino di Rozbrat che organizza da anni picchetti antisfratto per evitare o almeno ritardare, gli sgomberi degli appartamenti di Poznań affittati alle categorie più deboli.

Recentemente gli inquilini del Rozbrat si sono rivolti in vano a una corte per ottenere un potere di fatto sull’edificio sfruttando una legge in Polonia che garantisce il diritto a possedere dopo 20 anni un immobile occupato “in buona fede”. Król è consapevole della gravita della situazione: «Le forze dell’ordine potrebbero intervenire da un giorno all’altro. Non ci restano che due opzioni. Uscire a testa bassa o lottare».

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