Il Csm si divide sulle nomine e la riforma resta sospesa
Toga party Parametri fissi o discrezionalità? Le correnti presentano due documenti. Decisivi i laici. Sullo sfondo le elezioni del parlamentino dell'Anm
Toga party Parametri fissi o discrezionalità? Le correnti presentano due documenti. Decisivi i laici. Sullo sfondo le elezioni del parlamentino dell'Anm
Come si diventa procuratore capo? È intorno a questa domanda che, da qualche settimana, ruota il dibattito interno al Csm. Una questione sindacale, si direbbe, o più precisamente ordinamentale, ma tutt’altro che un tecnicismo. Dal caso Palamara in poi, la questione delle nomine direttive all’interno degli uffici giudiziari è diventato particolarmente acuminato: ombre, sospetti, veleni, cordate che si muovono e che si scontrano.
Ieri, alla riunione della V commissione dell’organo di governo autonomo dei giudici, sono state votate due poste quasi completamente opposte che adesso finiranno davanti al plenum. La prima, sostenuta dal centrosinistra di Area democratica per la giustizia e dai conservatori di Magistratura indipendente prevede una valutazione basata su parametri di merito, attitudine e anzianità. La seconda, di Magistratura democratica e dei centristi di Unicost, imporrebbe invece a monte dei pesi diversi ai vari parametri di valutazione. Chiaramente, in questo caso, la discrezionalità del consiglio risulterebbe ridotta. O meglio si esprimerebbe a monte, principalmente nella definizione del valore dei parametri.
L’ATTENZIONE AL DETTAGLIO è d’obbligo in questo tipo di discussioni, ma in fondo l’opinione pubblica sembra prestare attenzione a quanto accade all’interno del Csm quasi solo quando si parla di nomine, cioè di chi andrà a fare il procuratore e dove andrà a farlo. Chiaro dunque che su una questione del genere la magistratura si gioca quantomeno la faccia. La revisione del testo unico sulla dirigenza giudiziaria, peraltro, è imposto anche dalla riforma Cartabia e il termine di legge per portarlo a termine è stato superato ormai da mesi (era fissato al 21 giugno): per questo gli ultimi giorni sono stati molto concitati. Se la proposta di Md e Unicost è nota da tempo, infatti, fino a lunedì sera l’alternativa era rappresentata dalla sola Magistratura indipendente, che aveva proposto un testo che in buona sostanza lasciava tutto invariato. Poi è arrivato il documento di Area, che tra angoli smussati e ricerca di un compromesso quanto più largo possibile, alla fine ha comunque raccolto il parere favorevole delle toghe conservatrici, mentre gli indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana sembrerebbero più orientati a sostenere l’altra proposta.
«IL TEMA delle nomine non mi appassiona più di tanto – dice al manifesto Giovanni Zaccaro, segretario di Area -, vorrei che, soprattutto in questo periodo, il Csm si dedicasse soprattutto alla tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della giurisdizione dei singoli magistrati. Addirittura auspico uffici con una direzione collegiale e non affidata ad un capo. Se così fosse si sdrammatizzerebbe pure il tema delle scelte dei dirigenti. Penso che sia comunque importante dare prevedibilità e leggibilità alle nomine, valorizzare l’esperienza sul campo e stabilire a priori regole chiare e rigide. Non mi convince molto, però, l’idea dei punteggi che da soli non risolvono i problemi: se esiste un punteggio minimo ed uno massimo,è sempre possibile l’arbitrio».
IL DIBATTITO, tra chat, mailing list e incontri pubblici è stato sin qui molto intenso: decidere come si fa carriera nei palazzi di giustizia non è solo un problema per addetti ai lavori, ma in fin dei conti rappresenta la forma che si vuole dare ai tribunali. Certo, soprattutto tra le toghe progressiste, le questioni sindacali e le discussioni sulle promozioni vengono guardate con freddezza, tanto più in un momento come questo, in cui gli assalti del governo alla magistratura sono sempre più duri e sempre più frequenti. Per quello che riguarda la revisione del testo sulle nomine, comunque, ad essere decisivi saranno i laici del Csm: ieri, in V commissione, Ernesto Carbone ha votato per il documento di Mi e Area, mentre Claudia Eccher si è astenuta. Difficile prevedere adesso come si muoveranno nel complesso i non togati, ma tutti sanno che saranno loro a decidere come andrà a finire la partita.
SULLO SFONDO, ad ogni modo, com’è naturale che sia, si vede la strada che porta al rinnovo del comitato direttivo centrale dell’Anm, a gennaio. I magistrati italiani saranno chiamati a rieleggere il loro parlamentino e le correnti si muovono già nell’ottica delle future alleanze: un’altra questione per nulla secondaria, dal momento che poi è l’Anm (soprattutto il suo segretario) a dover parlare a nome di tutti. Il successore di Giuseppe Santalucia, per farla breve, sarà colui che guiderà le toghe tra le onde della riforma della separazione delle carriere. Dal governo giurano che per dicembre tutto sarà pronto, e in parlamento i numeri sono indubitabilmente dalla sua parte. Dopo però ci sarà lo scontro in campo aperto, cioè il referendum costituzionale.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento