Politica

Corte costituzionale, anche il nono scrutinio va a vuoto

Seduta Comune del Parlamento per l’ elezione di un giudice della Corte Costituzionale alla Camera dei Deputati a Roma foto LaPresseVoto al Parlamento in seduta comune – La Presse

La premier Meloni aspetta dicembre per la scelta di tre giudici della Consulta su quattro

Pubblicato circa 10 ore faEdizione del 31 ottobre 2024

Come da previsioni della vigilia, c’è stata ancora una volta una fumata nera per l’elezione del giudice della Corte Costituzionale. Del resto l’esito era evidente anche dai volti dei parlamentari che ieri pomeriggio si avvicendavano in Transatlantico: non traspariva nessuna tensione, a differenza della votazione precedente, l’8 ottobre scorso, quando la premier Meloni aveva intimato ai suoi, tramite chat, di presentarsi a ranghi serrati in Parlamento. Il Pd aveva risposto non partecipando al voto per stoppare il tentativo del centrodestra di far eleggere Francesco Saverio Marini, estensore della riforma del premierato.

La campagna elettorale permanente per le regionali non ha consentito altri tentativi di accordi e né che si avesse un sussulto di responsabilità istituzionale. Di conseguenza, ieri pomeriggio, anche il nono scrutinio è andato a vuoto: gli scrutatori delle schede del parlamento riunito in seduta comune hanno contato 339 bianche, 14 nulle e 9 voti dispersi. Nessun astenuto. Il quorum richiesto era quello dei tre quinti dell’Assemblea, pari a 363 voti. La Costituzione ha previsto un quorum così alto proprio per evitare nomine di parte. Si rende necessario un decimo scrutinio che avrà luogo in data da stabilirsi. La maggioranza ha votato scheda bianca, così come il centro sinistra. Eccetto i parlamentari del M5S che hanno ricevuto l’indicazione di non partecipare al voto.

Nonostante i richiami del Presidente della Repubblica a colmare il «vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento» (lo scorso 24 luglio Mattarella ha lanciato l’ultimo «monito, esortazione, invito», come lo ha definito lui stesso), è evidente che ormai Meloni ha scelto di tirarla alle lunghe, anche perché le mancano i numeri per raggiungere il quorum.

È ormai anno che la Consulta lavora a ranghi ridotti, con 14 componenti. Ed è un anno che il parlamento in seduta comune deve indicare il nuovo giudice della Corte costituzionale a per sostituire l’ex presidente Silvana Sciarra, il cui mandato è scaduto a novembre 2023. A fine anno concluderanno il mandato anche altri tre giudici costituzionali: il presidente Augusto Barbera e i vice Giulio Prosperetti e Franco Modugno.

A meno che non si voglia lasciare pericolosamente la Corte con 11 giudici, un numero sotto cui non può operare con il rischio di bloccare le istituzioni, a dicembre si renderebbe necessaria una nomina «a pacchetto». L’intenzione di Meloni sarebbe quella di prenderne tre, di cui uno indicato da FdI e gli altri due indicati dai principali alleati di governo, Forza Italia e Lega. Di certo insisterà sul nome del consigliere giuridico di Palazzo Chigi, Francesco Saverio Marini, a lei molto vicino. Altro nome nella lista è quello di Carlo Diodato, segretario generale della presidenza del Consiglio, anch’egli considerato vicino alla premier. Con questa strategia, il centro sinistra è costretto a trovare l’accordo su un nome solo e non è detto che ci riesca. Schlein, Fratoianni e Bonelli potrebbero indicare un profilo comune (su cui stanno già lavorando) ma il partito di Conte potrebbe sfilarsi. Anche se l’esito del voto in Liguria e della faida con Grillo potrebbe indurre il M5S ad altre riflessioni.

Peraltro in questi mesi la Corte Costituzionale è chiamata a valutare le riforme distintive delle destra: Autonomia Differenziata e premierato. A partire dalla prossima settimana. Il 12 novembre la Consulta discuterà i ricorsi di 4 Regioni contro la legge sull’autonomia a firma di Calderoli e poi la proposta di referendum popolare.

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