È stato eletto solo al terzo scrutinio e con tre voti di margine, ma Fabio Pinelli, l’avvocato padovano indicato da Salvini nel Consiglio superiore della magistratura che ieri mattina ne è diventato il vicepresidente, ha detto subito che «l’unità del Consiglio» sarà il suo «fine superiore». Emozionato accanto a Sergio Mattarella, si è messo nella scia del presidente che concludendo il suo lavoro di guida del plenum ha di nuovo ricordato che «il Csm è il presidio dell’autonomia e indipendenza della magistratura». Raccomandando a Pinelli di «rappresentare, ascoltare e garantire tutti i consiglieri», anche perché «le delibere condivise sono più efficaci e autorevoli». «Garantisco il massimo ascolto – l’impegno di Pinelli – e possibilmente la condivisione di ogni scelta».

Lo si vedrà, ma che Pinelli sia uomo capace di mediazioni è certo. Ha estimatori anche a sinistra, molte relazioni a cominciare dall’appartenenza alla fondazione dell’azienda dell’aerospazio Leonardo presieduta da Luciano Violante, che però ha dovuto precipitosamente lasciare vista l’incompatibilità con il ruolo di consigliere. Soprattutto ha espresso di recente posizioni sulla giustizia più vicine a quelle della minoranza (del resto le ha espresse sulla rivista della corrente di sinistra, Magistratura democratica) che a quelle del governo, avendo sostenuto che non c’è alcuna fretta di cambiare le regole su intercettazioni, obbligatorietà dell’azione penale e separazione delle carriere. In poche parole di ringraziamento, Pinelli è riuscito anche a infilare il nome di Rosario Livatino, al quale è dedicata la fondazione che riunisce l’altra candidata del centrodestra alla vicepresidenza, Daniela Bianchini, e il di lei sponsor numero uno, il sottosegretario meloniano Mantovano. Un modo per stemperare la vittoria di Salvini – «ringrazio la parte politica che ha investito su di me, sono una figura indipendente», ha detto subito – e addolcire la sconfitta di Fratelli d’Italia.

Sconfitta annunciata, mentre quella del candidato sulla carta più autorevole, il costituzionalista Roberto Romboli, indicato al Csm dal Pd, è maturata nel primo scrutinio, quando ha mancato la soglia della maggioranza assoluta per via di alcune astensioni. Tra le quali quelle dei due consiglieri di diritto, primo presidente e pg della Cassazione, e verosimilmente del laico indicato dai 5 Stelle, il professore Michele Papa, che solo per qualche minuto, ieri mattina era stato proposto come possibile soluzione unitaria. Alla fine nei 17 voti di Pinelli sono confluiti, oltre a quelli dei 7 togati della corrente di destra, Magistratura indipendente, e dei 7 laici di centrodestra, che non sono mai mancati, anche quelli del laico renziano Carbone (Renzi ha subito rivendicato con giubilo l’elezione, segnando la terza tacca di fila nel computo dei vicepresidenti del Csm da lui promossi), del pg Salvato e del togato fuori dalle correnti Mirenda. Un giudice questo, veneto anche lui, con una lunga storia in Md che ha poi abbracciato la causa anti correntizia, convinto che l’elezione di Pinelli aiuterà a non allargare la faglia tra politica e magistratura. Per Romboli 14 voti, rintracciabili (voto segreto) nei 6 togati di Area (sinistra), 4 di Unicost (centro), la togata di Md (sinistra), l’indipendente di sinistra Fontana e uno tra il laico M5S e il primo presidente Curzio (l’altro è l’unico astenuto).

Se l’asse Mi-destra-Renzi reggerà, si rischia una consiliatura blindata. Viceversa questo Csm potrebbe essere più fluido, anche considerando che il vicepresidente non vota. Con le nuove regole e le incompatibilità, la formazione delle commissioni è oltretutto più complessa. D’altra parte, se il ministro Nordio – veneto anche lui – dovesse decidere di seguire sul serio la linea che ogni tanto annuncia è probabile che la componente dei 22 togati torni a fare blocco difensivo, in tal caso i laici di centrodestra finirebbero marginalizzati. Ma intanto c’è da registrare un primo segnale importante. Malgrado l’elezione di Pinelli sia avvenuta con uno schieramento essenzialmente tutto di destra, omogeneo quindi alla maggioranza che tanto sta preoccupando l’Associazione magistrati, fino a ieri sera né Unicost, né Area, né Md avevano fatto una nota di critica. Anche questo è un benvenuto.