La Russia continua ad accusare l’Ucraina di avere in serbo un attacco con una bomba radioattiva, ribattezzata dai media internazionali «bomba sporca», e riprende i colloqui con l’Occidente. Domenica il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha sentito nuovamente al telefono il suo omologo statunitense Lloyd Austin a distanza di 48 ore dalla conversazione precedente.

In seguito, Shoigu ha chiamato anche i ministri degli esteri di Parigi, Sebastien Lecornu, di Londra, Ben Wallace, e di Ankara Hulusi Akar. A tutti e quattro il funzionario russo ha ribadito le «preoccupazioni» di Mosca per il possibile ricorso a un ordigno che utilizza diverse detonazioni di esplosivo per spargere scorie radioattive.

Non si tratterebbe di un attacco equiparabile a quello atomico ma potrebbe, secondo la tesi russa, «esporre vaste aree alla contaminazione radioattiva». Nessuna prova a corredo di tali accuse è stata fornita dal Cremlino, tuttavia la strategia comunicativa russa negli ultimi giorni ha insistito molto sul pericolo imminente.

A RIPROVA di questo impegno mediatico e diplomatico, ieri il generale Valery Gerasimov, capo dello Stato maggiore di Mosca ha discusso al telefono «la situazione relativa al possibile uso di una bomba sporca da parte dell’Ucraina» con il capo dello stato maggiore della Difesa britannico, l’ammiraglio Tony Radakin.

Una prima risposta ufficiale è arrivata mediante una nota congiunta di Usa, Francia e Gran Bretagna: «I nostri Paesi hanno chiarito che tutti noi respingiamo le affermazioni della Russia, palesemente false, secondo cui l’Ucraina si starebbe preparando a usare una bomba sporca sul proprio territorio». Secondo i tre Paesi, inoltre, la Russia potrebbe utilizzare queste accuse come pretesto per un’escalation militare e, di conseguenza, «non si lasceranno ingannare» da quella che definiscono una «macchinazione» orchestrata ad hoc.

Tuttavia, il capo delle forze militari russe per la protezione dalle radiazioni, dalle sostanze chimiche e biologiche, il tenente generale Igor Kirillov, ha dichiarato lunedì che i mezzi militari del suo esercito sono già stati preparati per operare in condizioni di contaminazione radioattiva.

IN UN BRIEFING sulla «minaccia» imminente, Kirillov ha affermato che l’esplosione di una «bomba sporca» potrebbe emettere radiazioni mortali fino a 1.500 chilometri di distanza e che «l’Ucraina dispone di abbondanti scorte di scorie radioattive accumulate nelle sue centrali nucleari e negli impianti di stoccaggio delle scorie, nonché delle competenze necessarie per costruire una bomba sporca».

Di conseguenza, secondo il militare russo, «non si tratta di un sospetto infondato, «abbiamo serie ragioni per credere che queste cose possano essere pianificate». Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha appoggiato le accuse dei suoi militari: «Le informazioni sono state verificate attraverso i canali corrispondenti».

A conclusione di una giornata pregna di dichiarazioni da parte russa, come non si verificava da tempo, anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha preso la parola, criticando le reazioni occidentali: «La loro sfiducia nelle informazioni fornite dalla Russia non significa che la minaccia di usare una bomba sporca non esista; tale minaccia esiste, sta a loro decidere se fidarsi o meno».

Secondo il ministro degli esteri Dmytro Kuleba, «la campagna di disinformazione della Russia sulla “bomba sporca” potrebbe essere finalizzata a creare un pretesto per un’operazione false-flag». In seguito alla fervente attività telefonica della diplomazia russa, anche Kuleba ha deciso di alzare la cornetta per parlare con il segretario di stato americano Antony Blinken – In primo luogo l’Ucraina è un membro impegnato del TNP (Trattato di non proliferazione nucleare, ndr): non abbiamo alcuna “bomba sporca”, né abbiamo intenzione di acquisirne. In secondo luogo, i russi spesso accusano gli altri di ciò che loro stessi progettano».

TRA I PAESI dell’Unione europea, la solita voce dissidente dell’Ungheria non si è fatta attendere. Péter Szijjártó, ministro degli esteri, ha accusato i suoi omologhi continentali di essere colti da una «retorica di guerra» che allontana la prospettiva di pace in Ucraina.

In una capovolta mediatica che assomiglia a quelle di Mosca, Szijjártó ha ribadito la posizione del suo presidente, Viktor Orbàn, secondo cui le sanzioni Ue alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina hanno «fallito», facendo salire l’inflazione e portando «costi energetici estremamente elevati» in Ungheria a causa della riduzione delle forniture di gas. L’Ungheria avrebbe chiesto un cessate il fuoco immediato e colloqui di pace tra funzionari ucraini e russi il prima possibile.