Il presidente Zelensky perde uno dei suoi fedelissimi. In realtà, la mossa di Oleksiy Arestovych, consigliere presidenziale e figura apicale della comunicazione istituzionale di Kiev, assomiglia più a un suicidio. Uno strano e inaspettato suicidio, dopo anni di lealtà assoluta al capo del governo e alla sua linea politica.
Il motivo che ha portato Arestovych a rassegnare le dimissioni ieri con una sorta lettera aperta è semplice. Dopo l’ennesimo bombardamento massiccio alle città ucraine da parte dei russi, il consigliere aveva preso parola su uno di questi attacchi, il più sanguinoso. Quello che a Dnipro ha sventrato un palazzo residenziale di 9 piani ed è costato la vita ad almeno 45 persone tra cui 6 bambini.

SONO TRE GIORNI che i soccorritori scavano tra le macerie e aggiornano il bollettino dei caduti, dei dispersi e dei feriti. Le immagini dei volontari che spostano i massi passandoseli di mano in mano come una grande catena umana hanno fatto il giro del mondo e hanno commosso e indignato in maniera unanime politici e opinione pubblica internazionale. Zelensky e i ministri ucraini hanno ribadito che è proprio «per difendersi da attacchi vili come quello di Dnipro» che hanno bisogno di armi e sistemi missilistici antiaerei. Mosca, dal canto suo, taceva.

SUBITO DOPO L’ATTACCO, tuttavia, Arestovych si era lasciato sfuggire un commento a caldo durante una trasmissione televisiva nel quale ipotizzava che il palazzo di Dnipro in realtà fosse stato colpito da un frammento di missile della contraerea ucraina precipitato dopo l’esplosione. Perché uno degli uomini più vicini a Zelensky si sia lanciato in una ricostruzione così palesemente contraria al modus operandi della comunicazione istituzionale ucraina resta un mistero. Kiev, si sa, ha sempre negato le sue responsabilità e i cosiddetti «danni collaterali» causati dalla difesa aerea. L’aveva fatto persino quando alcuni frammenti dei suoi missili sono caduti in Polonia e hanno ucciso due cittadini polacchi.

SU ALCUNI ASPETTI la comunicazione di guerra è intransigente e finisce per identificarsi con la propaganda. Ma ciò è normale, qualsiasi stato in guerra lo fa e l’ha sempre fatto. Risulta meno scontato che il resto del mondo assecondi tale tendenza, ma non è questa la sede per avventurarsi in un approfondimento sulla retorica bellica. Torniamo al punto: un membro della cerchia più ristretta di collaboratori di Zelensky, poco dopo un attacco devastante non ha avuto alcuna remora a dire che, forse, erano stati i suoi. Le motivazioni che hanno generato tali dichiarazioni sono sconosciute, ma proviamo a riassumerne alcune.
Arestovych un personaggio pubblico famosissimo in Ucraina, da anni si è costruito una solida reputazione sui social network che gli è valsa la corte di molti politici. Personaggi del genere spesso si convincono di essere al di sopra delle regole e arrivano, prima o poi, a peccare di tracotanza. È successo a molti, anche a politici famosi e anche in Italia. Le dichiarazioni di sabato potrebbero essere frutto di una semplice leggerezza.

MA, L’OBIEZIONE a questa prima teoria è che un uomo così vicino ai vertici ucraini non avrebbe rilasciato dichiarazioni tanto incendiarie senza prevedere le conseguenze. Arestovych sapeva e pensava di poterlo dire e per questo le alte sfere l’avrebbero costretto a dimettersi. Tra l’altro, la comunicazione governativa russa (Cremlino in testa) ha subito ripreso le parole di Arestovych accusando l’Ucraina di mentire e ribadendo che «Mosca non prende di mira i civili». Quest’ultima affermazione, alla luce degli ultimi 11 mesi di guerra, appare in tutta la sua falsità.

CIÒ NON TOGLIE che potrebbe (se parliamo del campo delle possibilità empiriche) essere stato un incidente causato dalla contraerea. Ma le obiezioni a questa teoria sono molteplici: in primis il fatto che Mosca stavolta ha attaccato con missili da crociera e Kiev, per sua stessa ammissione, non ha strumenti sufficientemente avanzati per far fronte a tali attacchi. Nella capitale ucraina, ad esempio, i missili erano riusciti a schiantarsi prima che le sirene suonassero. L’esercito aveva ammesso che la velocità dei missili da crociera non permetteva il loro tracciamento con i radar a disposizione delle forze di difesa e, infatti, sabato scorso il numero di testate andate a segno rispetto alle volte precedenti è molto più alto. Ma il dubbio resta: perché Arestovych l’ha fatto? In attesa di un chiarimento che non verrà chiudiamo con le parole del consigliere stesso «vorrei mostrare un esempio di comportamento civile: un errore di principio, quindi, dimissioni».